Henry entrò nella camera battendo le mani "Mettiti in tiro, stasera è una grande sera"
"Lo hai detto anche ieri" gli risposi mentre mi allacciavo dietro la schiena il ferretto del reggiseno, mi ero appena fatta una doccia.
"E quindi? Ieri mi sono trattenuto per farti da guida turistica, ma oggi voglio giocare sul serio"
Andai verso l'armadio e lo aprii (Henry aveva insistito nel sistemare le nostre cose negli armadi, anche se la nostra permanenza sarebbe stata breve), prendendo un vestito rosso scuro che arrivava fino alle caviglie e appoggiandolo sul mio corpo "Questo va bene?"
"Sarò costretto a tenere gli uomini lontano da te con quello addosso, ma è perfetto!" il suo entusiasmo era quasi febbrile, non sembrava in sè "Ti lascio preparare"
Le spalline larghe del vestito ricadevano morbide sulle spalle, non mi cadeva solo perchè era estremamete aderente, con uno spacco laterale che mi dava un po' più libertà di movimento. Mi pettinai i capelli che superavano le spalle di circa tre centimetri su un lato, fissandoli con delle forcine. Dopo aver finito con i capelli passai al trucco, tingendomi le labbra con un rossetto dello stesso colore del vestito e disegnando una sottile linea di eyeliner che terminava con una piccola e delicata aletta, che dava l'impressione di allungarmi lo sguardo. Tra i trucchi che avevo trovato nella valigia mancava il fard, così mi diedi dei pizzicotti alle guance per colorarle un po'.
Tornai da Henry dopo aver infilato delle decoltè nere con il tacco a spillo, e lui mi sorrise malizioso "Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Evelyn?"
"Mi sento il seno schiacciato"
"Sei uno schianto"
Anche lui lo era, con quell'elegante completo nero come i suoi capelli e con la cravatta blu come i suoi occhi. Era terribilmente bello, così perfetto che sembrava uscito da un romanzo.
Essendosi tagliato i capelli da poco, quel loro andamento ondulato come le onde del mare non era così evidente come prima, ma era comunque percettibile.
"Dal modo in cui mi guardi, deduco di essere anch'io uno schianto" mi disse soffocando una risata e aiutandomi ad infilare il lungo cappotto nero.
"Lo sei" dissi con una scrollata di spalle "Ma mai quanto me"
"Con un po' di trucco, però..."
"Potrei metterti dell'ombretto"
"Basta che mi risalti gli occhi"
Soffocammo entrambi una risata, poi anche Henry si infilò il suo cappotto ed uscimmo dalla suite. Quella sarebbe stata una lunga notte.Proprio come la sera precedente, quando entrai nel Casinò di Monte Carlo fui investita da tutta quella maestosità e da quello sfarzo, in perfetto stile barocco. Solo entrando nell'atrio d'oro e di marmo ci si sentiva insignificanti.
Lasciammo i nostri cappotti e andammo verso le sale di gioco, anch'esse sfarzose, illuminati da degli elegantissimi e impotenti lampadari di cristallo che pendevano dall'alto soffitto.
Per primo giocammo alla roulette inglese ed Henry vinse circa cento euro in fish, lamentandosi degli altri giocatori e delle loro basse puntate.
"Quando io e i miei amici giochiamo a Mercante in Fiera, è già tanto se paghiamo un euro un mazzo di carte" feci vagare lo sguardo lungo tutta la sala "Giochiamo ai dadi! Oggi mi sento fortunata"
C'erano tante sale nel Casinò, mi aveva spiegato Henry, e in quella giocavo le persone economicamente più ricche, per questo le vincite a volte arrivavano persino a un milione di euro.
"D'accordo" Henry mi condusse al tavolo da gioco "Vediamo cosa riesci a fare"
Il gioco procedette con un ritmo rapido ed incalzante, tutti rimasero in piedi ad eccezione del Boxman, che supervisionava il gioco. Non eccelsi nel gioco, ma feci qualche piccola vincita, il che mi salvò da dei commenti beffardi di Henry.
Sentivo l'adrenalina che si irradiava nel mio corpo e dissi ad Henry di voler fare un'altra partita, alla quale vinsi molte più fish.
Henry mi guardava adorante, entusiasta anche lui che mi stessi godendo la serata.
Dato che i dadi (o Craps, che era il nome esatto) erano l'unico gioco di cui avevo capito bene le regole, il resto del tempo lo passai a vedere Henry che giocava.
Mentre Henry giocava a Black Jack, quando vidi sul piatto circa cinquecento mila euro in fish sbiancai: era possibile che una persona mettesse a rischio tutti quei soldi? Poi però, vedendo con che leggerezza Henry e gli altri giocatori consideravano quella vincinta, ricordai che per loro tutti quei soldi non erano poi una gran cosa, essendo abituati a cifre molto più alte.
Persa nei miei pensieri riguardo all'etica dei casinò, non mi accorsi di Henry che vinceva quell'enorme cifra sul piatto, e non mi accorsi nemmeno che si era fatto davvero tardi. Se avevo ancora la forza per non addormentarmi, era dovuta ai vari drink alcolici che avevo bevuto.
Henry non sembrava affatto stanco, ma io invece dovevo aver un'espressione un po' stordita, perchè mi fece un sorriso storto e mi sfiorò la guancia con il dorso della mano, dicendomi "Torniamo in hotel?"
Annuii, lasciando che mi aiutasse ad alzarmi.
"Donerò i soldi che abbiamo vinto in beneficienza" mi disse mentre uscivamo dal grande edificio, la nostra auto con autista ci aspettava all'ingresso "Io e Dylan lo facciamo sempre"
"È una cosa bella" dissi sbadigliando "È proprio vero che nei casinò si perde la percezione del tempo"
"Conosco un modo per ridarti le energie" si chinò su di me e mi baciò, afferrandomi con la mano la mascella e parte del collo.
In effetti, non appena tornati nella nostra suite, mi si ricaricarono le batterie mentre Henry mi baciava man mano che ci avvicinavamo alla camera da letto. Raggiunte le scale per il piano superiore, inciampammo e io caddi su di lui, con le nostre labbra ancora unite.
La sua cravatta era sparita nei pressi dell'ingresso, mentre la sua giacca ci aveva abbandonati nel grande soggiorno. Ci rimettemmo in piedi e raggiungemmo la camera da letto, dove entrambi ci spogliammo completamente. Nei momenti in cui la passione raggiunse il suo culmine, Henry mormorò il mio nome come se fosse l'unica parola che conoscesse, l'unica che avesse senso e il mio cuore, già stracolmo, si riempì d'amore ancora di più.Quando allungai un braccio sulla parte del letto di Henry e colpii il materasso, alzai la testa strofinandomi gli occhi e scrutai la stanza buia. Vidi Henry in piedi sul balconcino della camera da letto attraverso la portafinestra in vetro, con addosso solo i pantaloni, che osservava la città avvolta dalla notte. Aveva le mani sui pannelli in vetro alti fino ai fianchi, ma non potevo vedergli l'espressione perchè mi dava le spalle. Avendo già le mutande addosso, mi infilai svelta la sua camicia bianca che mi calzava come un vestitino.
Aprii la porta finestra e lo raggiunsi cauta, rimanendo sorpresa dall'umidità dell'aria che rendeva la temperatura esterna piacevole nonostante fosse gennaio.
Gli misi le mani sulle spalle e mi alzai sulle punte per baciargli la base del collo, prima di affiancarlo "Ehi" incrociai le braccia e le appoggiai al pannello di vetro, osservando anch'io la città e ammirai il gioco che le sue luci facevano per colorarla nella notte.
Lui non mi rispose, ma strinse ancora di più le dita sui pannelli di vetro.
Sapevo a cosa stava pensando e che aveva esaurito le energie per fingere di star bene. Probabilmente sperava che io continuassi a dormire per evitare di parlarne, sperando di non essere visto in quel suo momento buio come la notte attorno a noi.
"Henry..."
"No" la sua voce era gelida come il ghiaccio "Avevo detto niente discorsi seri"
Feci spallucce "Dici sempre che alcune regole devono essere infrante"
"Devi proprio scegliere questo momento per darmi ascolto?"
"Henry" indurii la mia voce "Devi smetterla"
"Di fare cosa, esattamente?"
"Di ignorare il problema"
"Non lo sto ignorando, ho semplicemente deciso che non mi importa"
"Non è vero, perchè è evidente che stai soffrendo"
"Evelyn..." serrò la mascella prima di parlare "Quando mi hai visto in quello stato a Londra... Dimenticalo, ho avuto un momento di debolezza e non ricapiterà"
"Soffrire non è una debolezza, Henry!" aggrottai le sopracciglia "Sei umano, non un robot"
"Certo che sono umano, te l'ho dimostrato poco fa quando-"
Lo interruppi subito "Fai sempre delle battute quando vuoi cambiare discorso"
Le sue nocche erano sbianchate per la forza con cui stringeva i pannelli "Torna a letto, Evelyn"
"No"
"Voglio stare da solo"
"No" mi raddrizzai "Guardami"
Lui, in tutta risposta, guardò l'orizzonte con più ostinazione.
"Ho detto guardami"
Henry corruggò la fronte e si voltò verso di me, guardandomi freddamente.
Una maschera per non crollare.
"Stai soffrendo e sei arrabbiato" dissi come una sentenza "Perciò se vuoi gridare, fallo. Se vuoi rompere qualcosa, ti aiuterò" mentre parlavo l'espressione di Henry si corrugava sempre di più "E se vuoi piangere, piangi. Niente di tutto questo è una debolezza" gli misi una mano su una guancia "Devi accogliere questo tuo dolore, perchè se continui a respingerlo, ti distruggerà"
Aspettò prima di parlare, come se volesse prima assicurarsi di stabilizzare la voce "E se mi distrugge accogliendolo?"
"Ci sarò io con te" dissi decisa "E impedirò che accada"
Aveva gli occhi lucidi, ma non piangeva "Come puoi esserne così sicura?"
"Perchè io e te siamo una squadra" gli strinsi saldamente le mani "E affronteremo tutto questo insieme"
Henry espirò e il fiato che aveva trattenuto fino a quel momento mi solleticò il collo "Mi sento come se i miei genitori fossero morti una seconda volta"
"Allora dai a me parte della tua sofferenza, posso reggerla. Permettimi di aiutarti"
Con le sue braccia forti, mi attirò a sè e mi strinse mentre il suo corpo era scosso da dei singhiozzi silenziosi.
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Le sfumature della notte
RomanceSeguito de "Le sfumature del tramonto" Dopo una scioccante rivelazione, Henry, Evelyn e i loro amici dovranno affrontare altre difficoltà tra lacrime, angoscia e delusioni. Evelyn e le sue amiche credevano che il resto del loro primo anno a Cambridg...