41. Ho dormito qui fuori.

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Qualcuno mi tocca la spalla.

Mi volto. 

Davanti a me, nella sala d'attesa dell'ospedale appare il viso stravolto di Luke.

Lo guardo sbalordita. << Luke!>> dico e prendo fiato a fatica. << Ma non eri addormentato?>>. Lui mi guarda con quei suoi occhi da angelo. > si guarda intorno e, dopo aver visto che siamo soli, dice, beffardo: >. 

Lo guardo senza capire, ma un pensiero negativo striscia dentro di me come un serpente velenoso. >. Luke ridacchia. > fa una pausa e il suo tono cambia improvvisamente. Ora sembra posseduto, gli occhi hanno uno strano colorito rossiccio e la bocca si spalanca mostrando dei canini affilati e immacolati. 

> dice, la voce sempre più stridula. >. Mi lancia qualcosa che mi fa cadere in un sonno profondo.

Prima di chiudere definitivamente gli occhi, vedo Luke alzarsi in piedi e la sua risata acuta risuona in tutto il locale, e nella mia mente, mandandomi in tilt...

"Mmmh.. No.. Per favore.." gemo, prima di rigirarmi sulla sediolina di plastica dove mi ero addormentata e cadere con un tonfo sordo.

Il dolore al fianco manda nel mio corpo una scarica che si propaga ovunque e mi riporta nella realtà.

Davanti a me, nella penombra delle tende dell'ospedale, c'è il corpo privo di conoscienza di Luke.

Mi viene in mente il sogno che ho fatto, e caccio un urlo nel vedere il ragazzo che voleva uccidermi a qualche centimentro da me.

Luke rimane nella sua immobilità, ma sento dei passi affrettati fuori la porta avvicinarsi costantemente. "Aria!" urla Ian, catapultandosi dentro la stanza e rischiando di scivolare sul pavimento. "Stai bene?" dice affannato, recuperando l'equilibrio.

Lo guardo stralunata. "Che ci fai qui?" chiedo senza mezzi termini.

Ha il viso bianco e corrugato, gli occhi gonfi e le occhiaie di chi ha passato la notte sveglio. Ovviamente non ha dormito perchè era troppo preoccupato per me, mi viene da pensare. Perfetto, mi dico sarcastica. Un'altra persona a cui sto facendo del male senza accorgermene. Sono a quota due.

"Ho dormito qui fuori" dice Ian. "Per terra, dato che non c'erano posti liberi su cui sederti".

È talmente stanco che credo possa svenire da un momento all'altro.

"Oh" dico. "E perchè non sei entrato? Eravamo tutti qui".

Ian fa spallucce e una smorfia di dolore. Dormire sul duro pavimento freddo dell'ospedale, immerso nei malati e con la preoccupazione di dove diavolo sia la tua ragazza non dev'essere il massimo del confort.

"Ho visto come sei scappata da me ieri sera, e ho capito che volevi stare un po' da sola, perciò ti ho lasciato stare" dice il ragazzo, come fosse la cosa più facile del mondo.

Lo guardo con un'espressione affettuosa. "Grazie davvero, Ian" dico con la voce rotta dall'emozione. Sono circomdata da gente che mi vuole bene, e che farebbe di tutto per me, ma io non me ne accorgo. Anche Luke, alla fine, non si meritava tutto quello che gli è successo. In fondo sì, è vero che mi ha trattato come fossi invisibile e quelle poche volte che si accorgeva della mia presenza mi umiliava in tutti i modi possibili, ma ora, steso sul lettino dell'ospedale, preso a lottare tra la vita e la morte, indifeso, vorrei tornare indietro nel tempo ed evitare di dire tutte quelle cose orribili su di lui.

E se non si svegliasse? Impallidisco. Una simile idea non mi aveva nemmeno lontanamente sfiorato. Immagino il dottore venire da noi, corrucciato e con i fascicoli stretti nelle mani, e dirci: <<Sono mortificato. Luke non ce l'ha fatta, il coma se l'è portato via con sè.>>

Credo di non poter sopportare tale peso. Il fatto di non averlo visto per l'ultima volta. Quasi non mi ricordo più il colore dei suoi occhi, e il suo viso, e...

La musica di Candy Shop di 50 Cent, la mia suoneria, irrompe nella sala, portandomi bruscamente nella realtà.

Ian mi passa il cellulare, e sulla schermata appare un numero sconosciuto. "Chi è?" mi chiede il ragazzo. Scrollo le spalle e, decisa a saperlo, premo il pulsante verde e accosto l'oggetto al mio orecchio e dico, con voce stridula. "Pronto?"

Sento della confusione dall'altro capo del telefono. Per alcuni secondi nessuna risposta. Poi, la flebile, eppure familiarissima voce che dice: "Aria? Sei tu?"

"Mamma!" grido, sorpresa, e sul volto mi spunta un sorriso di quelli che non facevo da un paio di giorni.

Un sorriso vero.

shadows. 》l. h.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora