37. È un'emergenza!

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Passo con Ian l'intera giornata. Giuro di non essermi mai divertita così tanto in vita mia con una persona dell'altro sesso. Il mio ragazzo (mio Dio, che strano effetto dirlo!), infatti, fa di tutto per farmi divertire e farmi sentire a mio agio. Ci baciamo spesso, se non sempre, ci abbracciamo, tocchiamo e diventiamo insomma sdolcinati da far venire quasi la nausea.

Verso sera mi riaccompagna a casa con le dita intrecciate alle mie. Ha le mani calde e un po' sudate, ma questo non fa che aumentare i sentimenti che provo per lui. Che giornata strepitosa!, penso. "Hai ragione, oggi è stato magnifico" dice Ian, guardandomi teneramente. A quanto pare invece di limitarmi a pensarlo, l'ho anche detto. Sorrido e mi prolungo sulle punte per stampargli un bacio sulle labbra. Lui apre la bocca e lascia che la mia lingua esplori quel territorio e mi stringe i fianchi. Poi, con la bocca ancora attaccata alla sua, prendo le chiavi dalla tasca del cappotto e, seppur un po' goffamente, tasto ripetutamente la porta alla ricerca della serratura e, dopo alcuni tentativi vani, riesco ad aprire la porta e tutti e due cadiamo sul pavimento, uno sopra l'altra, incuranti perfino di Midnight che soffia impavido cercando di difendere la sua preziosa dimora. Con un calcio chiudo la porta e ci ritroviamo al buio. Nemmeno parliamo, avendo le bocche troppo occupate. Ian mette le mani sotto la maglietta e le lascia scivolare ovunque, mugugnando. Non penso nemmeno che forse ci stiamo spingendo un po' troppo in là, ma anzi ci metto del mio e, lentamente, gli sfilo la maglietta, tastando il suo petto e passando la bocca appena aperta sui suoi muscoli. Ian geme sottovoce e si appresta a slacciarmi il reggiseno, ma proprio in quel momento mi squilla il cellulare.

Silenzio.

Poi, dopo qualche istante di gelo, Ian cerca di continuare il lavoro interrotto, ma io lo blocco. Anche se non vedo il suo volto, posso immaginare l'espressione di assoluto disappunto apparirgli in viso. Ignorando i suoi mormorii di protesta, mi alzo con difficoltá e accendo la luce. Trovo il ragazzo in piedi e, con aria imbarazzata, rimettersi la maglietta. Io mi passo la mano sulle labbra e prendo la borsa che ho imprudentemente lanciato sul divano. Il cellulare continua a squillare imperterrito. Dopo alcuni secondi in cui cerco di trovare l'oggetto a me tanto caro, lo trovo e vedo comparire sullo schermo il nome Michael.

Aggrotto la fronte. Perchè mai dovrebbe chiamarmi? Premo il pulsante verde e accosto il telefono all'orecchio. "Sì?"

"Aria! Finalmente!" La sua voce è affannata, come se avesse deciso di chiamarmi dopo una lunga maratona.

"Dimmi" dico semplicente.

"Devi venire immediatamente all'ospedale di St. Louis! È un'emergenza" dice agitato.

Spalanco la bocca. "Cos'è successo?" chiedo, cercando di soffocare senza risultati il tono preoccupato.

"Riguarda Luke..." dice Michael, la voce sempre più acuta. Sbianco. Mio Dio, e ora cosa sarà successo? Sto per chiederglielo, ma proprio in quel momento sento il mio vicino dire affannato: "Forza, vieni e ti spiegherò tutto. Muoviti!" e chiude la telefonata.

"Ma...?" borbotto, pallida, e mi fermo un attimo a guardare il telefono nelle mie mani. Cosa sará capitato a Luke? C'è un solo modo per scoprirlo. Andare all'ospedale. È perchè dovrei farlo? Non mi ha fatto  che male da quando si è trasferito qui. Non gli devo nulla!

Eppure non potevo starmene semplicemente lì con le mani in mano sapendolo all'ospedale. Dovevo farlo, non importa se si era comportato male con me. Non si meritava così male da me.

Guardo Ian. Si è rivestito e mi guarda interrogativo. Allora io mi lancio sulla mia maglietta a terra e me la infilo, mentre il ragazzo mi chiede cosa è successo. "Devo andare al St. Louis. Ora." dico, più severamente di quanto volessi in realtà. Ian aggrotta la fronte. "All'ospedale St. Louis?"

Annuisco.

"E perchè? Che succede?"

Rimango un attimo in silenzio. È ovvio che è contrariato e seccato per aver interrotto così bruscamente il nostro 'divertimento'. Ma non posso lasciare Luke solo all'ospedale. E se non lo faccio per lui, lo faccio almeno per Michael che mi ha chiamato e sembrava davvero scosso. E lui è mio amico.

"Non lo so nemmeno io. Senti, è urgente. Devo andare. Riguarda... Riguarda Luke" dico, sottovoce. Come previsto, al suono di quel nome, lui si acciglia. Non gli è mai piaciuto il mio vicino di casa. "Perchè lo devi fare? È sempre stato cattivo con te. Non ti merita affatto." dice, descrivendo a pieno le parole che una parte del mio cervello diffondeva. Lo guardo un secondo. Sembra sconcertato, preoccupato e incazzato allo stesso momento. Il suo sguardo mi sta chiaramente dicendo: fregatene, rimani qui con me, divertiamoci insieme. Ma avevo giá deciso.

"Mi dispiace. Io vado." E prendo il giacchetto, infilandomelo velocemente. Faccio per uscire di casa ma sento la mano di Ian stringermi il braccio. "Aspetta. Vengo con te." e insieme ci dirigiamo verso la macchina del mio fidanzato, parcheggiata lì davanti. Lui è silenzioso perchè ce l'ha con me, ma io non parlo perchè sono troppo preoccupata per Luke da non sapere cosa dire.

Cosa gli sarà capitato?

shadows. 》l. h.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora