50. Epilogo.

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L'ennesima scampanellata alla porta mi grida di sbrigarmi ad aprire. Do un'ultima occhiata allo specchio, sebbene mi ci sia già vista per un quarto d'ora, e decido che è il momento di andare.

Ci siamo. E' il grande giorno.

Mia madre. Mio padre. Sono dietro quella porta. E tra poco li abbraccerò, bacerò, stringerò e farò tutto quello che fanno di solito le figlie di famosi astronauti che non vedono da una vita quando finalmente li rincontrano.

Vedo Luke sul divano, intento a leggere una rivista di motori. Faccio una smorfia. Quel ragazzo proprio non sa cosa significhi vestirsi elegantemente. Eppure riesce ad essere uno schianto anche con un polo color menta di H&M e dei jeans strappati.

"Aria, credo che si siano invecchiati li dietro ad aspettarti" dice, e fa un sorriso. Nonostante lo mascheri abbastanza bene, posso avvertire il suo nervosismo dal modo in cui i suoi occhi schizzano da una parte all'altra della stanza. Io invece nemmeno provo a mascherare la tensione. Sono tesa come un elastico e continuo a lisciarmi le pieghe inesistenti del mio vestito scuro. Dannazione, Aria, apri quella porta o impazzisco!, penso, così mi dirigo verso la porta e, dopo un respiro profondo, la spalanco di scatto.

Luke ci scherzava. Eppure davanti a me compaiono due figure minute di un uomo e una donna incredibilmente più vecchi da come li ricordavo. Mia madre indossa un cardigan color carta da zucchero e ha un intricata acconciatura per tenere fermi i ribelli capelli rossi. Mio padre è curvo sotto il peso dell' enorme zaino che porta sulla spalla, e indossa un paio di RayBan neri che prima non aveva.

Ma la cosa che più mi sconvolge è il fatto che sono due persone normalissime. Improvvisamente mi viene da ridere. Come ho mai potuto avere il terrore di incontrare due esseri così piccoli e familiari? Devo avere qualche deficit psicologico.

"Ehy" dice Luke alle mie spalle, che nel frattempo mi ha raggiunto. Arrossisco: ti pareva che il primo a salutare i miei genitori non fossi io, ma lui. Eppure lo apprezzo, perché io sono totalmente nel pallone, e anche i miei genitori sembrano sollevati.

"Ehm, ciao" dice timidamente mia madre. Poi non ce la fa a trattenere le lacrime e scoppia a piangere, mentre mi si getta nelle braccia. Affondo la testa nella sua spalla e mi lascio cullare dal suo inebriante profumo alle viole. "Mamma..." dico in un filo di voce e dopo un po' mi stacco dal suo abbraccio per fiondarmi da papà. Noi nemmeno ci parliamo, e lui non piange. Mio padre è cosi. Capisce sempre quando è il momento, e questo non lo è davvero!

Li scorto in cucina, un po', ma che dico?, estremamente imbarazzata e con un cenno indico loro di accomodarsi. Anche Luke si torce le mani, imbarazzato. Ma almeno lui ha stampato in viso un sorriso rassicurante, mentre io nemmeno so di avere una faccia in questo momento. Ricordo il momento in cui ho dovuto convincerlo a venire a conoscerli. Lui non voleva, diceva che si sarebbe sentito a disagio e che quello era un momento che io dovevo passare da sola con i miei genitori. Poi però gli ho detto che ci tenevo immensamente e che mi avrebbe aiutato a stare meno nervosa. E inoltre mi aveva aiutato a cucinare un superpranzo a base di pollo e patate arrosto!

"Salve, ehm, io sono Luke" dice lui ai miei genitori. Mia padre, diretta come sempre: "Oh, tu sei il suo ragazzo?". Annuiamo insieme, e sorridiamo.

Questo è l'incipit della nostra conversazione, che si sviluppa sempre di più e, al contrario di come avrei immaginato, ero tranquilla.

Stavo appoggiata alla spalla di Luke e nel frattempo conversavo con le due persone, che conoscevo pochissimo, sedute davanti a me.

E' primavera,il sole splende e io stavo con le persone che amavo più al mondo. Guardo Luke dalla mia posizione e mi rendo conto in un attimo che era tutto bellissimo, come in una fiction.

E poi mi ritorna in mente quel giorno in cui tutto è iniziato, quello in cui sono andata a casa loro per la prima volta e ho avuto l'incontro che ha cambiato la mia vita.

Non so se il nostro amore durerà per sempre, ma per il momento noi non potremmo stare meglio. In fondo, io ero la sua Elena e lui il mio Damon.

Cosa voglio di più?


THE END.

shadows. 》l. h.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora