20. Mi ha presa in giro.

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"Beh, Aria, perdona la mia franchezza, ma questo tizio o è allergico alla puntualità, o è un grande maleducato! Insomma, lasciarci un'ora intera qua fuori a gelarci!".

Faccio un sospiro, ma non rispondo, perchè so che Ian ha ragione.

Sono seduta sul marciapiede davanti al negozio, le mani impegnate a giocherellare con un bottone della mia giacca. I muscoli delle gambe sono talmente rigidi dal freddo che sembrano pietre. Il viso brucia, il naso pizzica e sono sicura che abbia un bel colore porpora. Nella mente, ho solo spazio per maledire Luke con tutte le mie forze. Vorrei aprire bocca e dirle ad alta voce, per sfogarmi, ma anche i muscoli facciali sono irrigiditi e non sento più nulla dal collo in sù.

Il primo quarto d'ora di attesa ero ancora un po' euforica. Ho parlato un po' con Ian e ho scoperto alcune cose su di lui. Tipo che di cognome fa Delaney, sua madre viene da Parigi e ha un delizioso accento francese, con tanto di erre moscia. Mi ha detto che ha ventidue anni e andava al college di New York fino all'anno scorso, prima di essere espulso per essere uscito di nascosto durante la notte insieme a quattro suoi amici. Dopo quella brutta faccenda, si è trasferito qui a Las Vegas e ha promesso a sua madre di trovare un lavoro. Detto fatto. Ha incontrato Hailie per puro caso, erano tutti e due dipendenti in un supermercato e avevano entrambi la passione per l'estetica. Così hanno deciso di aprire un negozio e lavorarci.

Dopo mezz'ora eravamo un po' scocciati da tutta quell'attesa, ma io mi sono offerta di raccontargli un po' di me, per evitare che se ne andasse e per non rimanere sola ad aspettare, al freddo. Ian si era rianimato ed ero felice. Così sono passati quindici minuti, io a raccontare e lui ad ascoltare con interesse.

Ma, dopo tre quarti d'ora, le cose sono cominciate a cambiare. Ian si era corrucciato, ed era diventato silenzioso. A me pareva di stare in un oceano di dubbi ed insicurezze, le cui onde erano formate da frasi del tipo Dove sei, Luke? Perchè non vieni qui da me? Ti sto aspettando. Per favore. Vieni. Galleggiavo per scommessa, muovendo la testa a destra e sinistra per cercare un SUV nero che mi avrebbe salvato dall'imminente annegamento.

Ma niente.

Cercavo di fare discussione con Ian, ma oramai le mie domande si erano dimezzate a causa del freddo, e lui rispondeva a mezza bocca. Così ho capito che non era aria, e ho lasciato stare.

Ma ora, dopo ben un'ora, la sua voce si era fatta sentire. Bella e forte. Arrabbiata. E aveva tutta la ragione del mondo per esserlo.

"Diavolo, Aria, andiamo. Ti porto io a casa. È una follia stare qui a gelare e aspettare qualcuno che non arriverà mai."

Quelle parole mi fanno riflettere. Aspettare qualcuno che non arriverà mai. Forse questo è il mio problema. Sto aspettando un qualcosa, non so con precisione cosa, ma voglio stare con Luke. È stato carino per tutta la mattina, ora non capisco questo improvviso cambio di piani. Mi stavo trovando perfino bene con lui, evidentemente non riuscivo proprio ad andargli a genio. Ma perchè?

E poi, improvvisamente, un singolo pensiero si fa strada nella mia mente, quasi sgomitando in mezzo alla folla di teorie e dubbi che popolano la mia testa.

Mi ha presa in giro.

Ma certo. Quella era una cosa che Luke sarebbe stato capacissimo di fare. Prendersi gioco di me, manipolarmi, e lasciarmi qui, come una scema, ad aspettarlo. Già me lo immagino, in questo momento, al calduccio nella sua casetta carina, a guardare fuori dalla finestra, un ghigno malvagio a storpiargli io meraviglioso volto.

Sento un dolore lancinante alle mani. Solo in quel momento mi accorgo di aver stretto così tanto le mani, soprappensiero, da star sanguinando. Le apro, non senza fatica e guardo Ian, davanti a me. Lui mi guarda gravemente e a un certo punto dice: "Okay. Tu vuoi rimanere qui. Ovviamente. Non ti costringerò a venire con me, ma io vado. Ho freddo e sono stanco. Tu fai come vuoi". Tace e mi guarda, aspettando una reazione. Ma ho il cervello intorpidito, e non riesco a dire ciò che nella mia mente esplode. No! Non andare!. Apro la bocca, ma le parole non escono.

Ian scrolla le spalle. "Ciao, ci vediamo domani" dice, prima di voltarsi e incamminarsi verso la sua macchina.

Rimango un po' stordita, e sulle prime non so cosa fare. Poi, come guidata da una forza superiore, le mie gambe cominciano a muoversi, prima lentamente, poi sempre più veloce, verso Ian.

Alla fine sto davvero correndo, e sento una voce roca gridare: "Ian! Aspetta, vengo anch'io!".

Passa qualche secondo, prima di rendermi conto che quella voce appartiene a me.

Ciao a tutti!

Spero il capitolo vi piaccia, ci ho messo tutta me stessa.

Scriverlo mentre ascoltavo When You're Gone è stato magico *^*

E... approposito di when you're gone... AUGURI A AVRIL LAVIGNE!

Bacioni♥

-M.

shadows. 》l. h.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora