Come due fidanzatini scemi

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Come due fidanzatini scemi: Bellatrix

Dopo quella notte sciagurata, di tempo ne è passato molto, non è stato semplice tornare vicina al mio Signore e non penso nemmeno di esserci riuscita del tutto.

Mi fa soffrire molto la sua lontananza, ma non posso farci nulla, mi sono dovuta rassegnare. Non siamo distanti solo emotivamente, lo siamo anche fisicamente.

Lui è spesso lontano, impegnato nella ricerca maledetta della bacchetta di Sambuco, quell'arma che lui ritiene un punto di svolta, ma che non riesce a convincermi davvero, non la ritengo adatta, ma non sono riuscita a ribadirglielo nuovamente: rischierei di farlo adirare ulteriormente.

Questa lontananza col mio Signore ha fatto sì che riuscissi a ricucine, almeno in piccola parte, i rapporti con Rod. Anche se non torneranno mai quelli di un tempo.

Però ogni tanto parliamo, talvolta viene a salutarmi al termine delle sue interminabili missioni nella mia stanza da letto e discutiamo. Altrimenti vado io a salutarlo, poco prima di dormire. C'è intimità tra noi, questo è ovvio. Non ho ancora veramente idea di cosa rappresenti lui per me, non ho nemmeno voglia di pensarci.

Ha ragione Rod quando dice che tanto i miei pensieri sono tutti per un altro.

Questa sera si è fatto tardi, rimango a lungo sdraiata sul suo letto a guardare l'oscurità senza pensare a nulla.

Il vento entra prepotentemente dalle finestre lasciate aperte, mi scompiglia i capelli davanti agli occhi, facendomi leggermente rabbrividire.

Inizia a sentirsi il tepore della primavera, ma il vento è ancora freddo, come freddo è anche il mio Signore.

Sospiro nel silenzio, mi scosto i capelli da davanti agli occhi e mi volto verso Rod.

"Dormi?"

Attendo, ma non ricevo risposta.

Gli sfioro i capelli delicatamente, sono ancora umidi dopo il bagno.

"Dormi?"

Non mi risponde. Fa sempre così quando vuole che lo lasci in pace, fa finta di non sentire, anche di dormire. Allontano la mano e lo guardo.

Sembrava distaccato dal solito mondo, se ne stava lontano per settimane, quando tornava parlava poco, anche dopo la seconda fuga dalla galera si era comportato come se nulla fosse successo. Non mi aveva parlato di nulla. Come se per lui fosse ormai un'abitudine entrare ed uscire da quella galera.

Si comportava come se non gl'importasse più né di me né delle questioni dei Mangiamorte.

La sera dell'evasione ha voluto fare l'amore con me. Subito, senza quasi parlare, era solo pieno di pretese e voglia arretrata da un anno.

Ricordo bene che anche quella sera aveva i capelli umidi, anzi non umidi, proprio bagnati, di come inondassero di gocce d'acqua i cuscini, le lenzuola e schizzassero leggermente il mio viso.

Non mi era piaciuto molto quella volta, era chiaro che ormai pensavo solo al mio Signore, i miei desideri erano tutti solo per lui, era inutile fingere, gli avevo dato un contentino solo perché era appena tornato dalla prigione, sapevo bene cosa volesse dire stare là dentro. Sapevo come si ha bisogno di colmare un vuoto enorme, una volta usciti.

Ormai però ero convinta: quella sarebbe stata l'ultima volta.

Non aveva senso continuare a fare l'amore insieme. Ho parlato schiettamente con Rod, chiarendo che non volevo più stare con lui.

Non aveva fatto un piega.

Era stato in silenzio annuendo, pretendendo di dormire. Proprio come fa ora.

Sgath, che significa oscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora