Capricci: Bellatrix
I primi giorni di solitudine dopo tanto tempo passato fianco a fianco del mio Signore erano stati davvero duri, mi mancava più che mai, sentivo un bisogno fisico, quasi soffocante di lui.
Solo col passare dei giorni sono riuscita a stare meglio, per lo meno a sopportare la sua mancanza.
Il piccolo, invece, sembrava reagire in maniera completamente opposta alla mia. Non capivo come facesse, ma aveva percepito la mancanza di qualcuno nella sua vita e la reazione era stata tanto improvvisa quanto violenta e drammatica.
All'inizio non c'era avvenimento o momento della giornata che non condividessi con Sgath: i suoi occhi e il suo sguardo così particolare, per un bambino tanto piccolo, mi facevano sentire felice, mi ricordavano il mio Signore.
Se ancora era l'elisir di Nagini a nutrirlo più e più volte al giorno ed era Uroboro a cullarlo e a tenerlo costantemente d'occhio, io non perdevo occasione per passare il mio tempo con lui.
Non certo perché mi piacesse eccessivamente, non ho mai amato i bambini, ma non avevo nessun altro.
Non c'era rito, lungo o breve, che non condividessi con lui e che non compissi in sua presenza.
Non c'era incantesimo straordinario o ordinario che non creassi davanti ai suoi occhi.
Lo facevo giocare con la bacchetta magica ogni volta che agitava le manine.Non c'era ingrediente raro o meno raro che non gli facessi guardare e toccare prima di usarlo per una qualsiasi pozione, e non c'era formula che non gli canticchiassi a memoria, tante volte, come se dovesse impararla anche lui: mi rendeva soddisfatta vederlo curioso per quelle strane cantilene.
Non esisteva evocazione che non gli raccontassi per filo e per segno mentre mi guardava e rideva, sembrava quasi fosse attento a ciò che facevo durante quelle lunghe notti rischiarate solo dalla luce della luna.
Alla fine di ogni incantesimo complicato sorrideva.
Quando strillava disperato, invece, non lo sopportavo proprio e gridavo più forte di lui, chiamando Rhettler, l'elfo domestico, che lo cambiasse e che lo facesse smettere.
Strillava però sempre più spesso col passare dei giorni e delle settimane e sempre meno spesso era per essere cambiato, o per fame.
Diventava nervoso, profondamente agitato.
Forse si sentiva solo, proprio come me, mentre il tempo passava inesorabile.
Proprio durante la notte di esbat di quello stesso mese, il momento in cui avrei dovuto fare la prova per richiedere il legno all'albero di tasso, presi l'erede con me, per la prima volta, all'interno del cerchio magico.
Prima di prelevare il legno dall'albero, perché questo concedesse i suoi massimi poteri, il rito prevedeva la creazione di alcuni incantesimi all'interno del cerchio magico.
Eravamo dunque insieme, Sgath ed io, fra le candele e le rune antiche, alla luce della luna piena.
Era la luna di nebbia e l'atmosfera diventava sempre particolare durante quelle notti: il buio si tingeva di luce biancastra, dando un aspetto vago ed inconsistente a tutti gli oggetti e i paesaggi attorno. Era un effetto stranamente magico dovuto alla comparsa di una nebbiolina che saliva fitta dalla fredda terra, senza però arrivare a coprire la luna.
La lasciava invece limpida e potente in tutto il suo argenteo splendore.
I raggi pieni di quella magia si posavano sui capelli di Sgath in maniera curiosa e rischiaravano i ciuffi folti di capelli rosso scuro.
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Sgath, che significa oscurità
Fanfic**Completa** I segreti che racchiude il piccolo frammento di anima rimasto nel corpo del Signore Oscuro.. L'amore infuocato, dirompente e disperato di Bellatrix.. I cambiamenti nel cuore e nella mente di Narcissa.. La dolce e ambigua presenza di Pit...