Era la mia donna

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Era la mia donna: Lord Voldemort

Entro nella stanza che hanno fatto preparare per me chiudendomi la porta alle spalle.
Ho bisogno di pensare e stare solo.
Questa casa è un ottimo nascondiglio e un buon quartier generale, con l'unico difetto di essere particolarmente frequentata.
Mi lascio cadere sulla poltrona accanto al camino acceso.
Appoggio la testa e chiudo gli occhi cercando un attimo di rilassamento.
Il calore del fuoco inizia a scaldarmi la pelle del viso e delle mani.
È un tepore che mi piace.
Mi godo il silenzio e la solitudine.
Soprattutto quella solitudine che lei non mi ha permesso di godere in queste ultime ore.
Bella...
Era da tanto che la aspettavo ed era da tanto che la volevo di nuovo vicina.
Ora è tornata come un terremoto improvviso. Investendomi con tutta la sua fedeltà, il suo entusiasmo e, soprattutto, con quella sua forte passione che quasi non ricordavo.
Lei era la mia donna.
Non semplicemente una femmina da cui trarre piacere, se e quando mi andava. Era la mia donna, ed era sempre al mio fianco.
Adesso è passato così tanto tempo da quei giorni, che quasi mi devo riabituare all'idea.
Non che non l'abbia mai pensata, anzi.
Come non pensarla?
Anche lei non ha sicuramente dimenticato, il ricordo e il desiderio che ha per me è più vivo che mai, glielo leggo negli occhi, lo vedo in quello sguardo che tante volte ho incrociato durante la riunione di poco fa.
Per me, che sono il suo Signore e padrone, lei è un libro aperto.
Mi vuole amare, vuole la mia fiducia e il mio amore.
Ripenso a questa sua sciocca idea e mi viene da ridere.
Amare e fidarmi io? Non ci penso neanche.
Chi c' è mai stato per me? Nessuno.
Ho sempre fatto tutto da solo.
E fatto ottimamente.
Apro di nuovo gli occhi, osservo le mie mani, respiro lentamente.
Anche questo mio corpo nuovo l'ho ottenuto da solo, con fatica ed enormi difficoltà.
Nessuno è mai riuscito a fare tanto.
Per tornare alla vita non ho avuto bisogno nemmeno di una madre, ho potuto eliminare anche questa necessità di cui, per altro, non ho mai giovato.
Nemmeno da bambino, durante la mia prima vita. Mi ha fatto un regalo a mettermi al mondo, ma poi mai più nulla.
E Bella? Dov'era quando ho dovuto affrontare una morte e in seguito un surrogato di vita da fantasma? Non è stata lì per aiutarmi.
Dunque perché mi dovrei fidare?
Solo perché è stata ad Azkaban molti anni per restare fedele a me?
Torno a poggiare la testa sullo schienale e mi accomodo meglio sulla poltrona, sento il calore del fuoco più intensamente.
Certo, non è poco.
Quello che ha fatto non è poco, ne sono consapevole, ma non credo sia un buon motivo per fidarmi di lei.
Rifletto ancora su certe cose che già so ma tempo, di cui ho grande e lunga esperienza: le persone non ci sono nel momento del bisogno, non ci sono quando si sta male, non ci sono mai.
Le persone abbandonano, odiamo, trascurano, rinnegano, dunque la fiducia non può esistere.
Figuriamoci poi l'amore, quello non lo prendo nemmeno in considerazione.
Mi alzo e vado alla finestra, sistemo le tende per poter riposare alcune ore.
Nel mentre guardo velocemente al di là del vetro, osservo l'oscurità della notte più profonda.
Niente da fare, il pensiero di lei torna ancora. Sembra peggio di un'ossessione.
Mi soffermo ad osservare ancora fuori e torno per un attimo con la mente ad alcuni momenti del passato.
Bella ha delle capacità straordinarie, l'ho sempre saputo, tanto che ho voluto diventare il suo maestro, le ho insegnato le arti oscure e ha poteri altrettanto straordinari, che ha sempre messo totalmente a mia disposizione.
Lei si è sempre comportata in modo speciale, tanto da farmi avvicinare, tanto da farmi legare ancora più di quanto volessi, la situazione mi era sfuggita completamente dal controllo.
Mi ero avvicinato in tanti di quei modi che a ripensarci ora mi fa quasi paura.
Era troppo piacevole, troppo perfetta per rinunciarvi.
Ora però le cose sono diverse, tutto è cambiato. Non so cosa farò con lei, non mi so decidere.
Scuoto la testa: non ho alcuna voglia di pensarci.
Non è il momento di avere distrazioni e lei è sicuramente una grande, enorme e per questo pericolosa distrazione.
Socchiudo le imposte ed esco per un attimo sulla terrazza in modo da respirare aria fresca, il vento buio della notte.
Avanzo ancora, mi guardo attorno.
La terrazza fa il giro di parte della casa ed è accessibile da diverse stanze, deve essere per questo che noto la presenza di lei, col marito, anch'essi fuori nella notte.
Speravo di essere l'unico a godermi il momento.
Li osservo per un momento da lontano: non si sfiorano mai. Lui la guarda spesso, voltato a lato verso di lei, ha lo sguardo ancora interessanto, forse desideroso.
Forse innamorato.
Parlano.
Non vedo invece il viso di Bella che mi dà le spalle, poggiata coi gomiti sul marmo e intenta a guardare oltre il giardino.
Mi domando se sono poi tanto sicuro da non volere più nessuna distrazione. Soprattutto se sono sicuro di non volere più le distrazioni provenienti da lei.
Avanzo ancora lentamente nella loro direzione.
La osservo, rifletto ancora sulla sua totale dedizione e convinzione. Gli altri Mangiamorte stanno agendo soprattutto per paura di me, ormai non c'è più quel senso di appartenenza che c'era un tempo, la paura regna sovrana tra noi, nient'altro.
Lei invece no, come sempre è quella diversa, quella che sa esattamente cosa fare, cosa dire, cosa mi fa piacere, quella che sa farmi stare bene.
Vedo che si stringe lo scialle di lana che ha messo sulle spalle: ha freddo, ma resta imperterrita fuori nella notte.
Mi fermo un attimo prima di mostrarmi a loro, la guardo ancora piegando la testa di lato. La studio.
Le persone non donano mai niente, ma feriscono e uccidono. Feriscono dentro e poi fuori. Uccidono dentro e poi fuori.
Lei invece non mi ferisce, non mi abbandona.
Non mi lascia mai solo.
È quasi irritante, tende a starmi sempre attaccata, lo ricordo bene.
Uno strazio.
Però non si è allontanata neanche quando si pensava fossi morto.
Alla fine, mentre la mia mente pensa tutte queste cose, inspiegabilmente mi ritrovo lì, poco distante da dove sta lei.
Avanzo ancora finché Rodolphus, voltato a parlare, non mi vede per primo e quasi subito, interrompendo ogni discorso, fa un cenno di inchino davanti a me.
Bella probabilmente capisce e si volta velocemente, quasi di scatto, accenna anche lei ad un inchino, senza distogliere il suo sguardo dal mio.
Restiamo in silenzio.
Eccoli qui i due Lestrange davanti a me, la coppia d'oro, la coppia invincibile.
Entrambi tanto simili di carattere, sanno essere dediti e spietati allo stesso tempo.
Belli e indisponenti, così li ricordo molti anni fa, erano la dannazione di molta parte conservatrice della società purosangue.
Erano invece sempre ubbidienti davanti a me.
Mi sono sempre dimostrato dalla parte dei Purosangue, ma la mia è sempre stata una scusa, mi interessa e mi è sempre interessato solo di me stesso e del mio potere, di imporre la mia personalità e i miei desideri di vendetta.
Loro l'avevano capito fin da subito e mi hanno sempre favorito ugualmente.
Non mi è dispiaciuto separarli un tempo, è bastato un mio cenno per avere la strega più potente del mondo magico completamente e totalmente mia.
Certo, sarebbe una vera crudeltà farlo di nuovo.
Sorrido e guardo Bella.
Sarebbe sicuramente una sublime crudeltà.
Per la prima volta da quando l'ho rivista la guardo con calma, la osservo bene, mi domando anche se sia sempre stata così eccitante.
Se ben ricordo, in passato, aveva qualcosa di diverso.
Era molto bella, prima che portasse i segni del tedio, della tortura, del dolore, del terrore e della sofferenza che ha patito per me. Adesso non è più così perfetta, anzi è di molto più sciupata, ma è anche molto più eccitante ai miei occhi.
È cambiata in questi anni, si è tormentata, degradata, guastata, ed è ancora migliore adesso.
Più desiderabile di prima. È come se si fosse marchiata di me due volte.
Insomma, non riesco a trovare un buon motivo per non prenderla di nuovo e farla mia, è tutta la sera che questo pensiero mi tormenta.
Un tempo ero io a tormentare lei, adesso è diventato l'opposto.
È proprio lei a rompere il silenzio tra noi tre, silenzio che iniziativa ad essere forse eccessivo.
"Mio Signore, volevate qualcosa? Cercavate me?"
Con la coda dell' occhio vedo che Rodolphus fa un impercettibile sbuffo sentendo le sue parole.
Mi fa sorridere: ancora oggi è disturbato da questa situazione.
Resto in silenzio e lo lascio parlare, sento cosa ha da dire.
"Forse, mio Signore, eravate venuto solamente a prendere un pochino d'aria questa notte."
Poi si rivolge solo alla moglie
"E noi, Bella, gli stiamo facendo prendere tempo..."
Bella lo guarda male.
È divertente vedere come battibeccano l'un con l'altra.
Provo ad attendere una risposta di lei, ma non arriva.
Lei ha interesse solo per me, mi guarda e attende.
"No infatti, non cercavo nessuno e sono uscito solo per qualche momento, non ho alcun bisogno di te, Bella."
La guardo dritta negli occhi, ma ancora non sono soddisfatto.
"Inoltre vi ho visti tutti pocanzi, sarei stato sciocco a non interpellarti prima, se ne avessi avuto desiderio, non credi?"
Adesso li osservo entrambi: mentre Rodolphus trattiene a stento un sorriso compiaciuto, Bella diventa palesemente molto triste.
Forse non ricorda che, proprio di proposito sono solito contraddirla, provocarla per ogni cosa e che mi piace cercare di umiliarla. Però il bello del gioco sta nel fatto che lei dovrebbe prendersela, rispondere, invece stavolta niente, non lo fa.
Vedo che si stringe lo scialle ancora più attorno alle spalle e abbassa lo sguardo, è triste.
Noto che anche suo marito la guarda.
"Allora, se non avete bisogno di me, io rientrerei, padrone, inizio a sentire freddo."
Improvvisamente quelle parole mi danno fastidio, non controbatte, non si arrabbia, vuole semplicemente andare via.
Istintivamente non le rispondo.
Per un istante rimane in attesa di quel permesso di andarsene che da me non arriva.
La voglia che resti ancora lì è forte dentro di me e mi innervosisce molto.
Ha questa capacità di innervosirmi quando resta troppo e, allo stesso tempo, di innervosirmi quando non resta troppo.
La guardo con rabbia e la sorprendo che mi guarda anche lei negli occhi, come se avesse capito i miei penseri.
Anche questo lo avevo dimenticato, ma lei lo ha sempre fatto: mi capiva ancora prima che io capissi me stesso ed evidentemente le riesce ancora molto bene farlo.
Continua a guardarmi come se fossimo completamente soli, lei ed io, in quella notte fredda.
Non voglio che intuisca nulla di quel mio particolare fastidio, non sono affatto pronto a rimettere insieme quel legame che aveva con me, per cui le indico di andare, le dico di ritirarsi perché non ho alcun desiderio né bisogno di lei.
La rifiuto con un impeto tanto eccessivo da essere rivelatore del mio stato d'animo.
Un lampo di luce in quegli occhi scuri mi fa però capire che non le sono sfuggiti i miei pensieri.
Tace, poi sorridendo mi augura la buonanotte, piegando leggermente la testa con dolcezza.
È proprio contenta.
Non le rispondo.
Sono solo più infastidito che mai.
Mi ricordo che c' è anche Rodolphus lì e osserva la scena con sguardo duro, ma senza parlare.
Mi annuncia che si ritira anche lui, dato che, appunto, non ha motivo di rimanere per servirmi.
Gli faccio subito un cenno di assenso e lo osservo allontanarsi.
Non raggiunge sua moglie, resta di proposito indietro e, mettendo le mani in tasca, si dirige solitario verso la casa.
Un uomo imperscrutabile per certi versi Rodolphus. Talvolta mi domando quanto impiegherà per far esplodere un pó di rabbia nei miei confronti, gli ho portato via l'unica cosa a cui davvero teneva.
Resto solo finalmente, come avevo desiderato.
Avevo più rapporti e maggiore dialogo, un tempo, coi miei Mangiamorte. Ero capace anche di scherzare con loro, condividere esperienze. Erano una famiglia, tutti loro, chi più chi meno.
Adesso però non ne sento il minimo bisogno. Sento solo il desiderio di restare solo, esattamente come ora.
L'aria invernale è davvero fredda questa notte e si è alzato un leggero vento.
Mi avvicino al marmo bianco dove lei prima era appoggiata
Forse solo con Bella potrei pensare, talvolta, di condividere qualcosa.
Riguardo verso l'oscurità, non sopporto più questi pensieri molesti e ossessivi di lei, sono innumerevoli, infinite distrazioni.
Quel poco di vento che si è levato ha portato via la nebbia.
Alzo lo sguardo verso cielo oscuro cercando un po' di pace, ma mi si para davanti la grande costellazione di Orione.
E Bellatrix, la stella questa volta, è di nuovo lì che mi ricorda Bella e mi entra nella testa ancora.
Niente, non riesco a togliermela di mente.
È appena tornata da me ed è già una splendida ossessione.

Sgath, che significa oscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora