Era geloso?

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Era geloso?: Bellatrix

Poco dopo la nascita di Sgath, la temperatura aveva iniziato a diventare più fresca, il tempo era più spesso piovoso e l'umidità era palpabile nell'aria.

Avevo iniziato ad avere voglia di andarmene da quel posto. Non reggevo più di stare sempre ferma, inattiva, come bloccata. Quella condizione mi iniziava a dare la nausea, mi sentivo soffocare.

Ero felice solo quando il Signore Oscuro si degnava di restare fermo anche lui in quella torre, senza allontanarsi dalla radura.

Effettivamente, notai che succedeva abbastanza spesso.

C'era una forza che non ci permetteva di allontanarci troppo tempo da quel piccolo essere ancora morente.

Anche se era debole e inutile, praticamente un vero e proprio peso, entrambi restavamo accanto a lui pur non ammettendolo a vicenda.

Se non fosse stato per lui, non saremmo stati fermi e impotenti, il mio Signore avrebbe fatto enormi progressi con la ricerca della fenice e io con la creazione della bacchetta.

Avremmo potuto vincere la battaglia e la guerra, smettendo di nasconderci qui come topi.

Solo a causa del piccolo non stava succedendo niente di tutto ciò: la vita, i momenti, il tempo, tutto mi scorreva davanti agli occhi e lo vedevo andare via, senza agire, senza uno scopo.

A tratti mi pentivo di avere desiderato che il mio Signore lo salvasse, per poi pentirmi di quello stesso pensiero.

Mi si scatenava una gran rabbia dentro e allora andavo a vedere che fosse ancora vivo.

E lo guardavo a lungo.
Era bello Sgath.

Dopo qualche settimana da che era venuto al mondo, sembrava essere leggermente cresciuto, anche se rimaneva magro e un po' sproporzionato, almeno a mio parere.

"Sono tutti così."
Erano le parole che invece mi diceva il mio Signore. Mi leggeva la mente e mi rispondeva ad alta voce, alle spalle.

Sentivo sempre un'emozione fortissima quando, inaspettatamente, compariva accanto a me.
Quando sondava nella mia mente i pensieri e io non avevo bisogno di esprimerli.
Adoravo che penetrasse in me in ogni modo, anche in quello.

Mi voltavo verso di lui e tacevo.
Restavamo a guardarci a poca distanza l'uno dall'altra, senza parlare.

La sentivo una condizione strana, come se pretendesse qualcosa da me, a volte mi chiedevo se non desiderasse che io tornassi a tentare di baciarlo, come facevo un tempo.

Forse mi sbagliavo.

Dal canto mio, avevo rinunciato, mi ero rassegnata al fatto che era inutile chiedere quel genere di gesti. Non appena arrivai a questa conclusione però, notai che lui per primo iniziò a guardarmi e ad accostarsi a me in maniera strana, enigmatica.

Non lo capivo.

"Quando sono nati da poco, sono tutti così. Sproporzionati, proprio come pensi tu."

Sorridevo vagamente a quelle parole.
Sempre tanto duro, freddo, distaccato, eppure capace di inaspettati gesti di avvicinamento.

Era cambiato dopo che mi aveva posseduta quella volta dopo tanti anni di lontananza, la notte del Ministero.

Era cambiato ancora prima di punirmi tanto brutalmente la notte in cui Potter era fuggito, ed era cambiato dopo aver notato che non stavo più sanguinando, che ero incinta dell'erede.

Sgath, che significa oscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora