Voglio sentirvi dentro di me

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Rimango per un attimo seduta al tavolo dove si è appena conclusa l'ultima riunione.
Davvero non mi capacito del perché mi abbia esclusa anche questa volta dalla missione, non capisco cosa io faccia di male per meritarmi questo trattamento quantomeno strano.
Sbatto il pugno sul tavolo, poi però mi pento subito.
Quando alzo lo sguardo noto che comunque non c'è ormai più nessuno nella stanza, non mi ha notata nessuno, a quel punto lentamente mi alzo e mi dirigo verso l'uscita.
Chiudo con calma la porta, ormai rassegnata e pensierosa, alle mie spalle sento una voce, un tono sarcastico e freddo mi gela alle spalle.
"Dunque non ci sarai nemmeno questa volta in battaglia."
Mi volto di scatto e osservo senza sorpresa la sagoma oscura, magra accanto a me. I capelli lisci e unti sul viso, il naso leggermente adunco, che col passare degli anni diventa sempre più esplicito.
"Piton ..."
Cerco di rimanere calma anche se la sua presenza mi infastidisce: lui mancava anche lui a girare il dito nella piaga.
Sorride beffardo.
"Non riesco ad immaginare come mai l'Oscuro Signore non ti abbia scelto per la missione ad Hogwarts ed ora nemmeno per questa, non è che stai perdendo punti agli occhi del tuo adorato padrone?"
Scuoto la testa, cerco di non abboccare alla provocazione, ma non mi è semplice.
"Vuoi qualcosa di preciso, oppure desideri solo disturbarmi senza motivo?"
Mi si affianca, sembra voler continuare quella chiacchierata non proprio amichevole.
Non avevo minimamente voglia di una conversazione in quel momento: non sono di buon umore, soffro seriamente per questa situazione che si protrae, in cui il Signore Oscuro mi tiene lontana dalle missioni, mi sento gelosa e invidiosa di chiunque si avvicini a lui più di quanto non gli sia vicina io.
Avanzo, ma vedo che mi sta a fianco, non demorde, per cui rispondo senza mezzi termini.
"Senti, Piton, io non mi fido affatto di te, sai bene che sono certa che tu stia dalla parte di Silente, non so come sia stato possibile, ma sono certa sia così."
Lo osservo, sta per ribattere, ma lo anticipo.
"So molto bene che lo hai ucciso tu, non ripeterlo, ma ugualmente non mi incanti, non ti credo. Lo sento che non sei fedele all'Oscuro Signore e qualsiasi cosa tu faccia non mi convincerà del contrario. Detto ciò, non sopporto che tu faccia ironie sui fatti miei, hai capito? Devi solo starmi lontano, nient'altro."
Lui mi guarda, fa una lieve pausa e poi ribatte.
"Non ho insinuato assolutamente nulla, ho solo fatto una semplice battuta veritiera, ma deduco che devo proprio aver colpito sul vivo, se ti alteri così tanto."
Come volevasi dimostrare, insiste.
"Non voglio sentire la tua voce, non ti voglio accanto a me, non proprio tu. Ti è più chiaro così?"
Lui sorride pacatamente, non si scompone, anzi rincara la dose.
"Noto una certa punta di gelosia nella tua voce. Forse perché l'uomo dei tuoi desideri sembra rivolgere più attenzioni a me che a te? Attenzioni inerenti alla bravura in battaglia, si intende, non certo attenzioni di altro tipo, intendiamoci, quelle le rivolge a te soltanto."
Le sue parole scatenano in me una rabbia forte. Il mio Signore mi ha messo nella posizione di essere presa in giro da tutti, non lo sopporto, non capisco proprio perché si comporti così con me.
"Non osare dire assurdità sui miei sentimenti, di qualsiasi tipo essi siano, intesi? Non sono affari tuoi. Le attenzioni del mio Signore non sono cosa che ti riguardi in nessun modo."
Piton rimane assolutamente impassibile, senza scomporsi minimamente, scuote solo un po' la testa.
Sembra voler andarsene in silenzio e infatti sta per andarsene, ma poi ci ripensa, non può fare a meno di dare l'ultima stoccata.
"Cosa ci vuoi fare, al cuor non si comanda. Non te la prendere con altri, se il tuo amore è tormentato e sofferto."
L'avrei volentieri strozzato, preso e ridotto a pezzettini, ma il vigliacco si è ritirato smaterializzandosi con teatralità.
Ho una rabbia tale da sfogare che prendo il primo oggetto che ho a portata di mano e lo scaravento con forza dietro di lui.
Ovviamente non serve a nulla, prendo l'aria mossa dalla smaterializzazione. Non è neanche che mi importasse prenderlo, fargli davvero qualcosa.
La rabbia vera non c'è l'ho contro di lui, ma contro questa situazione assurda in cui io, la strega oscura più potente e più brava al servizio del Signore Oscuro, non posso fare azioni in battaglia.
Proprio per volere suo.
Cammino per la villa e senza rendermene completamente conto finisco sulla terrazza, quella che è stata protagonista del nostro incontro di alcuni giorni prima.
Ricordo ogni stante e ogni momento accanto a lui. I suoi occhi che mi entrano dentro ogni volta che mi guardano, rossi, cupi, talvolta agghiaccianti. Il suo corpo magro, freddo, eppure così potente, pieno di passione.
Ricordo il suo mantello, che ora conservo in camera da letto accanto ai miei vestiti. Ogni mattina, ogni sera, ogni momento in cui sono sola lo avvicino al mio viso e sprofondo in esso, per assaporare il suo odore.
Torno con la mente ad ogni suo gesto, mai pienamente dolce, mai totalmente violento.
Ma cosa avrà nella sua testa?
Cosa pensa davvero?
Non riesco mai a capirlo fino in fondo. Ogni volta che penso di averlo compreso, ecco che mi spiazza con un comportamento strano, inaspettato, totalmente inatteso.
Da un attimo all'altro può cambiare atteggiamento e umore, senza una ragione apparente.
Eppure il suo mistero mi affascina, i suoi segreti, le sue ostinazioni, tutto di lui mi piace.
Anche se mi fa soffrire e mi fa arrabbiare.
Avanzo nel fresco della sera. Lentamente la temperatura si sta abbassando e il caldo dei giorni scorsi sembra essersi attenuato.
Mi appoggio coi gomiti alla balaustra dove mi ha presa e posseduta con tutta quella passione. Chiudo gli occhi e assaporo il vento, sento il suo passaggio sulla pelle.
Sento gli elementi che mi parlano, cerco una calma che fatico a trovare. Eppure l'aria è insistente, strana, vorticosa, cambia sempre direzione. Mi sta comunicando qualcosa, è più frizzante del solito, più inquieta.
Non sono sorpresa infatti di sentirlo parlare alle mie spalle dopo alcuni istanti.
"Arrabbiata?"
Sorrido tra me.
Il vento porta sempre l'odore di lui. Il suo inconfondibile profumo. Lo sento a pochi centimetri dietro di me, infatti, il suo corpo si avvicina al mio, mi sfiora.
Senza voltarmi, rispondo di no. Sono scostante e non riesco a guardarlo, fatico a trattenere le lacrime di rabbia e disperazione.
Soffro per la mia impotenza soprattutto.
"Sai che non devi mentire proprio a me."
Allora mi volto a guardarlo, non posso fare a meno, forse si notano le lacrime che cominciano a bagnarmi gli occhi. Le ricaccio indietro con fatica.
"Non leggetemi la mente, mio Signore."
Sorride ironico, si appoggia a fianco a me su quel balcone e resta zitto qualche istante, quel modo di fare mi stupisce, mi attrae, riesce anche solo così a placare un pochino di quella rabbia dirompente che sento.
"Non ce n'è bisogno di leggerti la mente, basta guardare i tuoi occhi fiammeggianti e scontrosi, le tue labbra incurvate quasi tremanti."
Non pensavo di essere così espressiva ai suoi occhi, credevo di essere oscura e misteriosa.
Lo guardo attentamente per alcuni istanti.
"Farò quello che desiderate voi, mio Signore."
Lo osservo ancora, poi dice una delle sue cose inaspettate.
"Certo che lo farai, Bella, come sempre. Oppure..."
Fa una pausa e mi guarda.
"Oppure potresti provare a farmi cambiare idea. Saresti capace di riuscirci?"
Lo guardo attentamente, avrei molte cose da dirgli, valuto se posso azzardare o meno di andare contro alle sue ultime decisioni.
"Mio Signore, se posso essere sincera, non mi convince l'idea della bacchetta di Sambuco. Non mi piace l'idea di usarla perché non è la vostra. È la bacchetta che sceglie il mago, non il mago la bacchetta. È da sempre così, non è qualcosa che può essere cambiato."
Avevo tutta l'intenzione di parlargli della battaglia per catturare Potter durante il giorno dello spostamento, prima del momento in cui avesse perso la traccia, eppure il mio discorso è finito altrove, sul punto più spinoso, sulla bacchetta di Sambuco.
"Pensavo mi volessi parlare di altro."
Stavolta è lui a discutere senza guardarmi negli occhi, a posare il suo sguardo lontano, verso gli alberi in fondo al parco appena visibili nella notte.
"Sì, in effetti volevo, mio Signore, ma poi ho ritenuto più importante questo."
Resta immobile, freddo. Sono i momenti peggiori, il suo umore cambia repentinamente da un momento all'altro, è difficile contenerlo. Quei momenti si coprono di tensione tra noi.
"Pensavo mi avresti chiesto perché non ti facevo partecipare alla battaglia delle prossime settimane."
Mi rendo conto solo in quel momento che in realtà questa cosa non mi interessa più molto.
Resto zitta e lo guardo a lungo.
"Se lo desideri, puoi partecipare, non è mia intenzione impedirtelo, puoi scegliere."
Resto zitta, un po' sorpresa, lasciarmi la libertà di scegliere è un onore, un segno di fiducia.
Eppure non riesco a dare più importanza alla cosa.
"Vi ringrazio, so che significa molto ciò che mi dite, mio Signore."
Stringo le mani appoggiate al marmo freddo.
"Cosa pensate invece di ciò che vi ho detto sulla bacchetta?"
Lui a quel punto mi guarda fissamente.
"Penso che non ho chiesto assolutamente il tuo parere. Ti ho solo chiesto di raccogliere quante più informazioni puoi e ancora non ho ricevuto nulla da te. Io dunque dovrei essere adirato, non tu."
Sospiro. Non riuscirò mai a convincerlo, è troppo testardo. Quando si fissa su una cosa è impossibile smuoverlo.
"Eppure, sento che qualcosa non va bene, mio Signore, dovete credermi. Inoltre, se posso permettermi, anche Piton non è affidabile, non è fedele..."
Mi interrompe con un gesto, si avvicina a me. Mi mette le sue dita sulle labbra, mi fa tacere completamente.
"Farai quello che ti ho chiesto, aspetto maggiori informazioni e non voglio più sentire sciocche rimostranze da parte tua."
Annuisco anche se di malavoglia, non mi lascia la possibilità di fare altro.
Resta fermo vicino me, sulla terrazza, al buio, con le sue dita sulla mia bocca. Nonostante l'oscurità, lo vedo bene e lo sento, sento forte il suo volere.
Mi desidera. Al di là di tutto il resto. No vuole ascoltare ciò che voglio fargli capire, è troppo testardo nel suo volere sempre valutare tutto da solo, decidere e scegliere da solo, senza mai fidarsi di nessuno.
Il tempo scorre vedendoci uno di fronte all'altra, ci studiamo.
Mentre restiamo silenziosi e fermi, le nuvole che velavano il cielo tutto attorno, lasciano velocemente spazio ad una falce di luna bianchissima, che incanta l'atmosfera con la sua magia.
"Ti prendi tutte queste libertà con me, ti arroghi il diritto di dire ciò che credi e ribadirmi il tuo pensiero opposto al mio. Mi spieghi dove trovi il coraggio? Come ti permetti di fare ciò?"
Il suo tono è calmo, sembra quasi curioso, lo guardo indecisa su come rispondere.
"È forse per quello che succede tra di noi?"
Sorrido al pensiero di ciò che succede tra di noi. Lui mi scopre la bocca, con la mano mi alza il mento e punta il mio sguardo nel suo.
"No, mio Signore, non oserei farlo solo per questo. Se mi permetto di dirvi la mia opinione anche in questi casi, è perché desidero farvi valutare ogni cosa al meglio, vagliarla da ogni punto di vista. Tengo troppo alla vostra incolumità e alla vostra vittoria. Se vi sembra che io talvolta esageri, è solo per agire al meglio per voi, non per altre motivazioni."
Non dice nulla, non sembra adirato, nemmeno particolarmente contento della risposta.
Scivola lentamente con le dita sul collo, come se non gli importasse nulla in realtà di ciò che stiamo dicendo.
Poi arriva sul seno, sempre con estrema lentezza, si ferma sul vestito.
Io sospiro di piacere, non era il momento più adatto, ma mi piace sempre abbandonarmi a lui.
"Ora non sei più arrabbiata, sei eccitata. Necessito solo di un tocco per farti distrarre da tutto. Mi basterebbe dire un'altra battuta per farti arrabbiare di nuovo, mi basterebbe provocarti un po' per farti andare in crisi."
Lo guardo, non so cosa rispondere, non posso che annuire con gli occhi.
"Lo sai bene che lo faccio apposta, vero?"
Quel discorso mi piace, mi affascina, desidero non finisca di parlami così. Non capita praticamente mai che mi confidi certe cose.
"Sì, lo so, mio Signore."
Si mette a giocare col mio vestito, stuzzicandomi il seno.
"Lo sapevo, lo vedi da sola che ti provoco di proposito, mi piace vederti quando sei arrabbiata, quando sei triste, quando sei delusa. Mi piace sapere che dipendi così tanto da me. Tu, del resto, lo sai benissimo quanto mi eccita questa cosa, lo percepisci in ogni momento."
Gli sorrido, gli prendo delicatamente la mano e gliela spingo sul mio seno, sospiro con passione, il vestito si scosta leggermente. Lui si avvicina senza togliere la mano, non la respinge, mentre mi tocca così mi parla, mi sussurra altre cose.
"Ti piace quando ti dico che sei la mia puttana, non è vero? Ti piacerebbe sentirtelo dire sempre e anche di più."
Lo guardo e annuisco, non posso che stringermi a lui, perché tutto il mio corpo lo desidera.
"Dimmelo, fammelo sentire."
Rispondo a quel comando immediatamente.
"Mio Signore, mi piace, mi piace molto quando mi dite così."
Mi prende di nuovo il viso con la mano, mi fa alzare lo sguardo.
"Guardami mentre lo dici."
Osservo i suoi occhi e il suo viso, vorrei percepire ogni suo pensiero, ogni suo sentimento, ma lui resta sempre impenetrabile.
"Sì, mio Signore, mi piace quando mi dite così, mi piace esserlo."
Non è del tutto soddisfatto nemmeno così, dunque completo la frase.
"Mi piace essere la vostra puttana, come volete voi, sempre."
Terminata la frase si lascia sfuggire un sorriso soddisfatto.
"Vediamolo, allora."
Le sue parole si mischiano in maniera perfetta con il fruscio del vento che soffia leggero fra le foglie degli alberi del giardino.
Si muove davanti a me camminando lento. Mi stupisce il fatto che non abbia scelto la smaterializzazione, ma lo seguo altrettanto lenta e in silenzio.
Il giardino, il vento, il fresco della notte osservo e assaporo tutto prima di entrare nella villa, guardo la vetrata, le luci delle candele, percepisco subito il calore ancora soffocante della casa rispetto all'aria fresca della notte.
Entrando poi nella mia stanza da letto socchiude le finestre, così che l'oscurità entri dentro inondando la stanza, sfiorando le lenzuola, e mischiandosi ai nostri corpi.
Mi fermo davanti a lui, lo guardo curiosa, aspetto i suoi desideri che comunque non tarda a manifestarmi.
Mi strappa i vestiti lentamente, come ormai fa quasi tutte le volte, capisco che gli piace assaporare quel rumore, quel gusto di rompere, rovinare e distruggere. Non è un semplice gesto di violenza questo per lui, è la passione, il piacere di lacerare, di lasciare un segno.
Assaporo anche io questo momento, guardando i miei bei vestiti cadere a terra pezzo dopo pezzo. Mi piace che mi liberi di ogni legame con l'esterno, che mi liberi di tutto, lasciandomi solo sua.
Si prende innumerevoli momenti per compiere quel rituale, pezzo dopo pezzo, lentamente, come se assaporasse l'arrivo del momento finale, quando infatti vedo nascere sulle sue labbra un sorriso soddisfatto.
Gli piace la biancheria colore rosso sangue, coi pizzi neri.
"Mi fai venire in mente l'inferno, quando ti vedo così."
Sorrido, non gli rispondo.
Non faccio nulla, se non bearmi della sua soddisfazione, per poi accoglierlo, lasciarmi mordere e leccare la pelle, ovunque gli piacesse.
Mi sbatte improvvisamente sul letto, questa volta veloce, con violenza.
Lo accolgo sopra di me afferrandogli le spalle con le unghie, mi piace vedere i segni rossi sulla sua pelle pallida, pensare che anche lui avrà i miei marchi sulla pelle.
Scende però velocemente a baciarmi sul ventre, si sofferma lì per poco, andando poi a succhiarmi le labbra della vagina. Lo fa lungamente, senza sosta, in modo che il mio piacere cresca lento, ma irrefrenabile.
Mi porta quasi all'orgasmo, poi, a pochi attimi da quello, ecco che mi morde facendomi sentire un dolore intenso ed improvviso in mezzo a tutto quel piacere.
Sospiro prima e poi grido, perché inizio a sentire dolore: vuole farmi male e ci riesce benissimo.
Ci guardiamo.
"Non ancora, lo so che volevi godere, ma non è il momento."
Non posso evitare di tacere spazientita: mi ha fermato proprio sul più bello.
"Inutile che ti arrabbi, lo sai che comando io."
Il suo sguardo riesce ad ipnotizzarmi, taccio, limitandomi a strofinandomi le cosce l'una sull'altra, guardandolo allontanarsi per un attimo a raccogliere un brandello del mio vestito che aveva abbandonato sul letto poco prima.
Con quella pezzo di stoffa lungo e sottile, mi accarezza tutto il corpo, lui mi guarda e io non stacco gli occhi dai suoi. Nonostante l'eccitazione che cresce e mi distrae, non posso evitare di legarmi a quegli occhi di una grande e terribile bellezza.
Vedo che osserva ogni mia reazione, ogni muscolo, ogni movimento del mio viso, ogni inclinazione della testa, mi studia attentamente mentre mi tiene in balia di quel tocco di velluto.
Più va avanti più quel tessuto così morbido e sinuoso mi dà l'impressione di essere uno strumento di piacere. Non appena lo solleva o lo allontana, il gioco diventa una tortura.
Mi costringe a muovermi per inseguirlo, averlo di nuovo su di me. Devono sembrargli i movimenti di una serpe.
In certi momenti, quando concede a quel pezzo di stoffa di sfiorarmi le cosce, l'inguine, o il seno, allora sospiro, sento il mio sesso che si bagna, che si eccita da morire.
Fisso i suoi movimenti e i suoi occhi, lo imploro con lo sguardo di venirmi dentro, ogni volta mi fa cenno di no e mi tortura con quei dinieghi, mi accascio di nuovo e sento i capelli scompigliarsi sulle lenzuola.
Si eccita quando spasimo per lui, quando lo imploro e lo desidero, con lo sguardo, coi cenni, con i sospiri e le grida di desiderio.
"Cosa vuoi? Perché ti lamenti?"
Lo cerco con le labbra, coi denti, ma si allontana leggermente.
"Allora?"
"Voglio sentirvi dentro di me, mio Signore, non resisto più così."
Vedo che mi sorride, ma non ha nessuna intenzione di accontentarmi, si capisce.
"No, decido io quando."
Sento l'eccitazione tanto forte da farmi male. Deve essere appagata, ma lui vuole torturarmi fino in fondo.
Sento il suo corpo accanto al mio, lo posso toccare tutto, ma mi ferma i polsi con la mano. Mi rassegno, assaporo il profumo della sua pelle, la scorgo alla luce calda e tremula delle candele, che ondeggiano al vento.
Si ferma per un attimo a guardarmi, poi mi copre gli occhi con quella stoffa nera leggera, legandola sulla nuca.
Senza poterlo vedere e guardare, mi sento libera di poterlo toccare dove voglio e per quanto desidero. Non mi dice di no, ha deciso lui quel gioco, ha pensato lui di prolungarlo all'inverosimile.
Dapprima oso solo sfiorare la sua pelle, sentirla tutta a contatto con la mia, poi man mano mi dilungo a toccarla, amarla, percepirla tutta con movimenti lenti e sempre più appassionati.
"Mio Signore, vi desidero davvero troppo."
Attendo un lungo attimo di silenzio.
"Pregami allora."
Sorrido e faccio un cenno col viso, gli occhi sono bendati. Con le mani cerco il suo sesso, lo sento, lo stringo. Poi mi avvicino, lo lecco, lo assaporo, sento l'odore e il suo sapore sento la sua forza accrescersi insieme all'eccitazione, lo conosco ormai così bene.
Dopo diverso tempo mi afferra i capelli e mi allontana.
"Va bene, adesso mi hai pregato abbastanza. Sei stata brava."
Sorrido, di nuovo lo cerco con le labbra, nonostante la benda lo percepisco perfettamente, ma lui mi sbatte ancora sul materasso con violenza, mi allontana dalle sue labbra e, finalmente, mi penetra con forza.
Di nuovo pianto le mie unghie sulle sue spalle, trascino le dita lungo i muscoli della braccia.
Sospira profondamente mentre mi penetra, mentre sente i miei graffi: piace anche a lui. Inizia subito con un ritmo intenso, sempre più potente.
Io mi godo quei momenti.
Amo sentire il suo profumo che si mischia al mio, il suo corpo che si avvicina al mio fino a diventare uno solo, mentre tutto diventa un unico odore umido di sesso e passione.
Amo i suoi muscoli, che si muovono sui miei, con sempre più desiderio e frenesia. Amo i suoi ordini appena sussurrati con freddezza e maestria, amo le sue grida, sempre più profonde, mentre le mie diventavano sempre più eccitate e forti.
Amo sentire la mia voce chiedere di andare avanti ancora e ancora dopo il mio orgasmo.
"Ancora, mio Signore, ancora."
Allora lui rallenta, diminuisce leggermente l'intensità di quelle spinte devastanti.
"Ancora cosa? Cosa vuoi?"
Lo stringo di più.
"Voglio sentire ancora la vostra potenza dentro di me, fatemi venire ancora, mio Signore, scopatemi ancora, forte, come sapete fare voi."
Allora esaudisce tutte le mie richieste, senza più torture, senza fermarsi più fino al suo orgasmo; accasciandosi poi sopra di me, mentre ancora lo cingevo con le cosce, e lo stringevo forte per non farlo allontanare più.
Resta così non a lungo, ma abbastanza da poterlo sentire davvero vicino.
Non appena si alza sui gomiti per allontanarsi, sospiro, assaporo il suo odore, ancora bendata. Sento che i suoi movimenti rallentano, quasi come se mi stesse guardando di nascosto. Io avvicino le mie labbra alle sue, convinta che si sarebbe lasciato baciare.
Mi avvicino lenta, con gli occhi bendati mi affido solo alle sensazioni, al sentore delle sue labbra.
Lui non si muove e io azzardo questo bacio, ma il solito schiaffo mi ferma.
Resto zitta, silenziosa.
Mi toglie il lembo del vestito dagli occhi, fatico leggermente ad abituarmi a vedere di nuovo, passano alcuni istanti, poi metto a fuoco la sua figura, il suo corpo accanto al mio, il suo sguardo.
L'oscurità ci avvolge tutto attorno, le candele rendono calda tutta l'immagine davanti a me.
"Ora non esagerare."
Sorrido.
"È che mi piacciono i vostri schiaffi, mio Signore."
Un lampo di desiderio gli corre negli occhi, una voglia di conquista, di ferire e fare male. Da azzannare la sua preda.
Resto in attesa, ma è stanco, quel guizzo di passione non ha seguito e anche io mi accascio sul materasso esausta.
"Non mi bacerete mai, vero, mio Signore?"
Mi guarda ancora, assorto, indecifrabile.
Si appoggia anche lui al materasso, lentamente chiude gli occhi e resta così per alcuni attimi, si fa ancora silenzio fra noi.
Restiamo per quegli istanti nudi sul letto, insieme in attesa della sua risposta, o forse a goderci quei momenti di intimità.
Poi sento la sua voce fredda, ma sensuale, che comunque non ammette repliche.
"Mai."

Sgath, che significa oscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora