Serva e padrone

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Serva e padrone: Lord Voldemort

Inseguii la fenice per settimane senza sosta, la mia pazienza stava raggiungendo i limiti, ma lei non voleva in nessun modo piegarsi al mio volere.

Era frustrante.

Secondo la leggenda sarebbe dovuta venire lei da me, doveva essere lei a capire che sarei stato io lo spietato e inesorabile assassino che avrebbe distrutto prima i Mezzosangue e, in seguito, i Babbani.
Così che anche lei, la fenice nera dai poteri illimitati, sarebbe stata finalmente vendicata.

I maghi sarebbero stati gli unici padroni di questo mondo ormai contaminato dalla feccia, e avrebbero saputo ripulirlo, renderlo di nuovo permeato ovunque dalla magia, dagli incantesimi e dai riti più antichi.

Naturalmente in mezzo a loro, sarei stato comunque io il mago più potente di tutti.

Nel momento in cui la fenice si sarebbe finalmente posata sul mio braccio sinistro, specificatamente il sinistro, e avrebbe alzato il suo becco verso di me in segno di orgoglio e sacrificio, allora avrei potuto avere la piuma nera che tanto agognavo, strappandola dal suo manto per la mia nuova bacchetta magica.

Potter non avrebbe quindi più avuto scampo: finalmente i nuclei delle nostre armi non sarebbero stati più esattamente gemelli.
Io, inoltre, avrei potuto utilizzare i poteri diabolici e malvagi della fenice nera.

L'animale mistico e magico più potente e oscuro di tutti.

Sapevo che quel momento sarebbe arrivato e continuavo dunque a seguirla nei suoi voli, nei suoi viaggi apparentemente senza una meta precisa.

Sui fiordi della Norvegia, sulle isole del nord della Scozia, in mezzo alle sconfinate brughiere e fra le radure dove sono ambientate le più antiche e potenti leggende magiche.

Spesso la vedevo volare davanti al disco lunare, dove il contrasto fra il suo manto nero e la luna lattea mi faceva letteralmente vibrare la carne e i muscoli di bramosia.

Tante volte ho provato il profondo istinto di balzarle addosso, attaccarla, ucciderla anche, e strapparle quella piuma che tanto desideravo, ma ero abbastanza intelligente da capire che non sarebbe servito a nulla, che la sua magia sarebbe svanita e avrei perso per sempre la possibilità di usufruirne.

Così attendevo.

Quei viaggi, quei momenti di solitudine totale, immerso nella più oscura magia, erano comunque i momenti migliori, i più interessanti.
Mi sentito di nuovo me stesso dopo tanto tempo.
Quei momenti mi riportavano alla mente altri viaggi. Lunghi ed estenuanti viaggi alla scoperta della magia oscura e degli incantesimi più potenti e sconosciuti.
Momenti in cui, nel pieno della mia gioventù, senza vincoli e doveri, mi spingevo lontano per superare ogni limite imposto alla magia.

C'erano però momenti in cui dovevo tornare al rifugio, alla torre, allora tornavano svariati problemi.

Problemi che odiavo e avevo sempre odiato.

Invece mi perseguitavano da sempre, e sempre i soliti.

C'era Bella coi suoi sentimenti e con le sue stranezze. Coi nuovi poteri che ogni giorno di più le crescevano dentro e si palesavano con sempre maggiore insistenza.

I suoi occhi erano diventati ancora più infuocati e più appassionati.

Era per me ogni giorno più desiderabile.

C'era qualcosa di fisico in lei, qualcosa di femminile, ma non di fragile, anzi di selvaggio, questo qualcosa che me la faceva desiderare veramente e per questo, allo stesso tempo, detestare.

Sgath, che significa oscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora