Il suo bacio

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Il suo bacio: Bellatrix

Facemmo davvero qualcosa insieme.
Solo un anno prima sarebbe era inimmaginabile anche solo pensarlo, invece diventò presto una realtà.

In un primo momento non potevo credere alla sua proposta, soprattutto non riuscivo a realizzare il significato che si nascondeva dietro quella richiesta.
Ero esterrefatta e ammutolita, lo guardai lungamente, cercai di entrare nella profondità dei suoi occhi.
Nonostante la sua impenetrabilità, capii presto che era tutto vero: lo vidi paziente e conciliante. Mi spiegava e mi faceva comprendere tutte le azioni nel dettaglio.
Preparammo dunque per davvero la pietra di sangue per Sgath e la donammo al piccolo erede.
La pietra all'apparenza era una semplice pietra rossa, molto scura e opaca, poteva facilmente passare per un rubino per chi non fosse molto addentro alle conoscenze di magia oscura.
In verità la pietra veniva creata col sangue, cristallizzata con la magia occulta e, una volta creata la struttura chimica interna e stabilizzata, essa iniziava a manifestare forti poteri di protezione per chi la possedeva.
Non solo, se creata in maniera corretta e accurata, la pietra poteva mettere in comunicazione il creatore con il possessore.
Ovviamente la magia esercitata dalla pietra era tanto maggiore quanto maggiore era il potere del possessore.

Non si trattava di un'operazione difficile, nemmeno particolarmente lunga da compiere, si trattava infatti di magia oscura avanzata, ma assolutamente alla nostra portata. L'evento per me straordinario era che il Signore Oscuro desiderava portare a compimento tutto il rito di preparazione insieme a me, era questa la vera novità, il cambiamento che avevo notato.
Ne fui ovviamente molto felice.

Per svolgere il rituale scegliemmo una notte senza luna, di quelle che piacevano tanto a Sgath, il figlio dell'oscurità.

Decidemmo di uscire nel parco di fronte alla rocca in cui ci trovavamo nascosti, lì l'ambientazione era perfetta: nessuna luce lunare che rischiarasse le tenebre, il rumore del vento sibilante proveniente dal bosco circostante a riempirci le narici e sfiorarci la pelle e il verso sinistro degli animali notturni, ritmico e inebriante, che faceva da sottofondo all'atmosfera lugubre e onirica che si era creata quella notte.

L'Oscuro Signore non perse tempo e iniziò subito a posizionare gli strumenti di rito.

La prima a porgere la mano per prelevare il sangue fui io e lui mi incise la pelle con un sorriso d'intesa sulle labbra, mosse lentamente e profondamente il pugnale sacro sul palmo della mia mano. Ripensammo certamente entrambi agli amplessi sfrenati e malati in cui il sangue fluiva a fiotti fra un orgasmo ed un altro.

Sentii dolore, molto dolore, soprattutto per la lentezza con cui compiva il gesto, vidi il sangue rosso vivo che tingeva la mia pelle e iniziava a colare sulla mano pallida. Notai quanto gli piacesse quel rituale, quanto piacere gli procurasse incidere profondamente la ma carne e vedere il mio sangue sotto la lama.

I miei occhi erano incatenati ai suoi, ero incantata da quell'espressione malata e soddisfatta che manifestava in quel particolare frangente.

Raccolse il mio sangue e tutta quella meravigliosa scena finì in un attimo, dopo poco incise da solo il suo palmo, velocemente, senza tentennamenti.
Non ci guardammo.
Lasciò cadere anche lui alcune gocce di sangue in una piccola ciotola di cristallo purificato dove era già il mio.
Riflettei per un momento sul fatto che il mio sangue puro si mischiava così perfettamente al suo, che era impuro, con una facilità inimmaginabile. Divennero un tutt'uno immediatamente.

Erano perfettamente uguali: stesso colore, stessa consistenza, stesso odore.
Alzai lo sguardo verso i suoi occhi.
Guardandolo, desiderai ardentemente di baciarlo, di stringerlo e di farmi stringere, toccarci e amarci.

Solo nel momento in cui pronunciò le parole dell'incantesimo mi ridestai dai miei pensieri.

"La pietra è pronta."
Piegò lentamente la testa di lato, osservando nel contenitore il sangue che prendeva una forma lucida e solida.
Allora guardai anche io e riflettei a lungo. Spostai poco dopo lo sguardo al mio Signore e pensai fosse giunto il momento di fargli una domanda che già da un po' mi torturava la mente.

Sgath, che significa oscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora