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"Vuoi dell'altro vino?", mi domanda George dopo aver constatato che la bottiglia che abbiamo sul tavolo è già vuota, nonostante siamo solo all'antipasto.

"Avremmo dovuto bere prima di venire in questo ristorante, ubriacarci qui non credo sia molto economico", dico ridendo.

A Bexey però non sembra importare affatto: solleva un dito a mezz'aria per attirare l'attenzione del cameriere, che ci raggiunge alla svelta tutto impettito nel suo smoking nero con tanto di papillon, e ordina gentilmente un'altra bottiglia.

Non sono mai stata in un ristorante tanto elegante: la sala ha delle enormi vetrate che danno la possibilità di avere una fantastica vista panoramica su tutta la città. I tavoli rotondi sono apparecchiati con una tovaglia in lino bianca, ci sono talmente tante posate che non so nemmeno a cosa servano e la fiammella traballante di una piccola candela illumina la nostra serata.

"Sei bellissima", George si protrae leggermente in avanti per afferrarmi la mano: "Il vestito che hai scelto ti sta d'incanto".

Sento le guance avvampare improvvisamente e trattengo un risolino dovuto all'imbarazzo: ricevere complimenti mi mette molto a disagio, mi sembrano sempre estremamente esagerati ed è come se non sentissi di meritarmeli mai fino in fondo.

"Grazie", gli rispondo fissando le nostre mani intrecciate: "Ma non avresti dovuto lasciarmi la tua carta, non ce n'era bisogno".

Nel frattempo il cameriere si avvicina al nostro tavolo e ci riempie i calici con dell'altro vino, per poi appoggiare la bottiglia sulla tovaglia bianca.

"JJ, non essere sciocca", Bex non perde tempo e afferra immediatamente il suo bicchiere: "Hai speso una cifra ridicola, eppure sembra tu sia appena uscita dalla fottuta Milano Fashion Week. Non so come cazzo sia possibile, ma se non riesco a toglierti gli occhi di dosso con un vestito da tipo trenta dollari, non riesco nemmeno ad immaginarti con un Versace o roba del genere".

Forever21 mi ha sorpreso con un tubino bordeaux aderente, che abbraccia alla perfezione le forme del mio corpo: ha un profondo scollo a cuore e il tessuto crea una sorta di incrocio proprio sotto al seno, per metterlo in evidenza. È lungo fin sotto al ginocchio ma, allo stesso tempo, un importante spacco laterale mette in risalto le gambe, facendole apparire quasi chilometriche.

"Non me ne faccio un cazzo di un abito da mille dollari o di ristoranti come questo, onestamente mi basta passare del tempo insieme", commento stringendomi nelle spalle: "So che può sembrare una frase fatta, ma l'ho imparato a mie spese".

Lui aggrotta leggermente le sopracciglia: "Cosa intendi?".

"Entrambi i miei genitori sono dei chirurghi", gli spiego: "Da loro ho sempre avuto tutto ciò che volevo e persino di più, ma a causa del lavoro sono stati parecchio assenti. Tipo che non abbiamo mai fatto una gita di famiglia e il Natale è sempre stato un giorno come un altro... cioè, avevo montagne di regali, ma le volte in cui abbiamo fatto una cena tutti insieme le posso contare sulle dita di una mano. Quindi sì, credo che il tempo condiviso sia decisamente più importante delle stronzate materiali".

Voglio bene ai miei ed è merito loro se sono quella che sono, hanno fatto tutto quello che potevano per me ed è soprattutto grazie a loro che posso permettermi di vivere a L.A. in un appartamento tutto mio nonostante sia così giovane. Non li ho mai colpevolizzati per le loro assenze perché so che non potevano fare altrimenti; ma non amo parlare troppo di quand'ero bambina: vivere in una bella casa sommersa dai giocattoli non è stato garanzia di un'infanzia del tutto felice, non mi scorderò mai la sensazione di solitudine e di abbandono che mi portavo dietro. Sono consapevole che c'è chi ha certamente passato di peggio e che, in comparazione a tanti altri, io sono solo una stronza privilegiata che si lamenta per delle cavolate.

Fortunatamente è il cameriere ad interrompere questo discorso. Ci vengono infatti serviti i primi piatti che avevamo precedentemente ordinato ed entrambi ci concentriamo sulle nostre porzioni di cibo che si presentano davvero bene: sono appetitose anche solo alla vista.

La cena prosegue tranquilla e finiamo anche la seconda bottiglia di vino. Al momento del dessert, Bexey prende però la parola e si lascia andare con una domanda che non mi aspettavo. O meglio, sapevo che prima o poi sarebbe arrivata, ma non credevo che questo fosse il momento.

"Senti, JJ, voglio chiedertelo da un po' e ora che le cose si sono fatte abbastanza serie tra noi devo saperlo. Ti vedi con altri a parte me?".

Sgrano gli occhi e lo fisso per qualche secondo, colta alla sprovvista: "No", rispondo secca.

Lui mi guarda con un sopracciglio sollevato senza dire niente, come se si stesse aspettando che aggiunga altro alla mia semplice negazione.

"Sai che con 'altri' mi sto riferendo ad una sola persona, vero?", ci tiene a specificare come se la cosa non fosse già abbastanza scontata.

"Bex, non mi vedo con Peep", sospiro scuotendo la testa: "Credo che possiamo definirci amici, ma la verità è che ci parliamo a malapena".

Lui mi guarda intensamente, come se volesse captare qualsiasi micro-espressione sul mio viso in grado di svelare più di quanto stia dicendo a parole.

"Non so cosa ci fosse tra di noi, sta di fatto che è stato qualcosa di confusionario ed estremamente breve: abbiamo scopato una volta sola", ammetto senza alcun tipo di problema: "Ma è stato stupido e non avrei dovuto farlo".

George continua a guardarmi come per invitarmi ad aggiungere altri particolari; ma onestamente non so cosa voglia sentirsi dire in più. Non credo siano fatti suoi i motivi che mi hanno spinta ad allontanarmi da Gus né quelli che mi hanno convinta a cercare di riallacciare una flebile amicizia.

"JJ, vuoi davvero continuare ad ignorare l'elefante nella stanza?", mi chiede con estrema tranquillità, guardandomi negli occhi.

Aggrotto le sopracciglia confusa, ritraendomi leggermente contro lo schienale della sedia: "Vale a dire?".

"Il discorso che Peep ha fatto sul palco giorni fa", spiega alla svelta, in tono particolarmente calmo: "Ne ho già parlato con lui ed è tutto apposto, ma noi due non abbiamo minimamente affrontato la questione: pensavo avessi qualcosa da dire".

Il fatto che Bex non si scomponga in alcun modo nel trattare questo argomento mi piace, apprezzo che non si comporti da pazzo geloso pur essendo consapevole che, per un breve periodo, ho tenuto il piede in due scarpe seppure non ci fosse niente di concreto con nessuno dei due. È palese che gli importi di quello che faccio o che non faccio con Gus, ma è comunque conscio che prima d'ora non era mai stato nella posizione per poter fare domande.

"No", rispondo con naturalezza: "Si è comportato di merda e il fatto che dopo un mese si senta ancora in colpa è un problema suo, non mio. Io sono andata avanti, tant'é che adesso sono a cena con te, quindi non ho particolari commenti sul suo assurdo monologo dell'altra sera".

Guardo l'espressione di George cambiare drasticamente, il suo viso si distende e nei suoi occhi posso leggere una sorta di sollievo. Non so cosa si aspettasse, ma posso capire perché fosse preoccupato di sentirsi dire qualcosa di spiacevole.

"Jessica", esordisce avvicinando il calice contenente l'ultimo sorso di vino alle labbra, lo svuota e poi riprende a parlare: "Voglio stare con te e fare sul serio".

Mi passo la lingua tra le labbra per inumidirmele: "Intendi... tipo fidanzati?".

"Sì", annuisce con gli occhi che brillano: "Per me non è più solo una frequentazione con te, mi serve quella stupida etichetta che sottintenda che siamo esclusivi e che non possiamo fare stronzate in giro".

Gli sorrido mordendomi il labbro inferiore: "Anche io voglio fare sul serio con te", rispondo timidamente.

LET ME BLEED // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora