Salgo i gradini due a due mentre invio un messaggio vocale a Bexey per fargli sapere che ho avuto un contrattempo dell'ultimo secondo, senza però spiegargli il vero motivo per cui gli sto dando buca con praticamente dieci minuti di preavviso. Raggiungo il pianerottolo di Gus e Tracy e abbasso la maniglia della porta di casa, che si apre all'istante: fortunatamente, come al solito, nessuno ha chiuso a chiave, permettendomi di entrare senza fatica nell'appartamento. All'interno c'è un silenzio surreale, solo la mia presenza affannata ed agitata rompe questa apparente calma.
Mi precipito verso la stanza di Peep e spalanco la sua porta, trovandolo sdraiato supino sul materasso, con il telefono abbandonato ancora di fianco a sé.
"Gus! Sono JJ, sono qui".
Mi avvicino a lui e lo scuoto piano finché non noto comparire una smorfia sul suo viso che mi fa involontariamente tirare un sospiro di sollievo.
"Hey, apri gli occhi".
Gli tiro dei leggeri schiaffetti sulla guancia per tenerlo sveglio e gli passo una mano sulla fronte, completamente imperlata da goccioline di sudore che luccicano nella fioca luce della sua stanza.
"No, sto bene", mugugna passandosi scoordinatamente una mano sul viso, senza tuttavia aprire le palpebre.
Mi guardo attorno e noto subito una confezione vuota di pillole caduta a terra, sul comodino giace una vecchia carta d'identità con i bordi consumati e sulla superficie sono ancora evidenti i segni lasciati dalle strisce di cocaina; mentre una bottiglia di superalcolici è lasciata a metà sul pavimento.
"Gus, ti devi alzare. Mi hai capito? Forza", gli dico cercando di mantenermi calma mentre posiziono una mano dietro al suo collo, in modo da sorreggergli la testa. Con l'altra mano invece gli afferro il polso e cerco di sollevarlo tirandolo per il braccio, ma mi risulta particolarmente difficile: lui non è affatto collaborativo ed io non sono tanto forte da tirare su una persona che giace a peso morto sul letto.
"Hey, guardami". Gli prendo il viso tra le mani e lo costringo a tenere gli occhi su di me: "Dobbiamo andare in bagno, hai capito? Devi farti una cazzo di doccia fredda per ripigliarti un po', però devi aiutarmi perché io non posso trascinarti da sola nella vasca. Lo so che è difficile, ma devi cercare di fare come ti dico, okay?".
Lui annuisce impercettibilmente, ma non so che cosa abbia effettivamente recepito di ciò che gli ho appena detto.
Gli sposto le gambe verso il bordo del letto, in modo che i suoi piedi tocchino il pavimento e possa quindi piantali a terra per aiutarsi ad alzarsi. Gli sorreggo sempre la nuca, facendo una leggera pressione per costringerlo a sollevare la testa, e continuo a tirarlo per il polso come prima. Questa volta lui si mostra però più collaborativo: contrae quel tanto che basta i muscoli per aiutarmi a fargli staccare la schiena dal materasso.
"Bravo, Gus", mormoro facendo del mio meglio per evitare che ricada all'indietro e vanifichi gli sforzi fatti finora per tenerlo in posizione eretta. Mi siedo quindi accanto a lui sul bordo del letto e lo aiuto a mettermi un braccio attorno alle mie spalle, in modo che possa avere un sostegno.
"Ora conto fino a tre e poi ci alziamo dal letto, va bene?".
Inizio quindi un conto alla rovescia e, con mia grande sorpresa, Gus distende le gambe e si tira su barcollando. Mette un piede davanti all'altro rischiando di inciamparsi almeno sei volte nella breve distanza tra la sua stanza e il bagno e lascia che la testa ciondoli mollemente da una parte all'altra. Si appoggia completamente a me, ma nonostante la fatica di sorreggere tutto il suo peso, riusciamo a raggiungere finalmente la vasca.
Gus si lascia cadere all'interno, sbattendo violentemente il gomito contro il muro, ma non sembra nemmeno accorgersene. Apro in fretta e furia l'acqua, assicurandomi di girare la manopola verso la temperatura più fredda, e direziono il getto verso la sua testa.
Non appena l'acqua gelida tocca il suo corpo, lui si muove di scatto come se si fosse improvvisamente rianimato: mette le mani sul bordo della vasca e cerca di far forza sulle braccia per rialzarsi, ma ovviamente non ci riesce minimamente.
"Gus, guardami, è tutto okay", cerco di rassicurarlo.
Lui sembra quasi impanicato: ha gli occhi sgranati, fissi davanti a sé, incapace di mettere insieme tutti i pezzi e realizzare per quale motivo si trova sotto ad un getto d'acqua gelido, completamente vestito. Per costringerlo a concentrarsi su di me, gli prendo il viso tra le mani, stringendogli le guance tra il pollice e l'indice con una certa delicatezza, in modo da fargli capire anche solo con lo sguardo che ci sono io qui e che penso io a lui.
In questa posizione, con le guance strizzate e labbra protese verso l'esterno, la sua bocca è leggermente aperta: ne approfitto per infilarci due dita e cacciargliele più in profondità che posso. Per quanto mi faccia schifo, so che non ho altra scelta, perché ha davvero bisogno di buttare fuori tutto lo schifo che ha ingerito. Giro la faccia dall'altra parte con un'espressione disgustata mentre Peep è colto da forti conati ed inizia a vomitarsi addosso, per poi ripulire tutto passandoci semplicemente sopra il getto d'acqua e far scorrere tutto giù per lo scarico.
Quando mi rendo conto che la situazione è leggermente migliorata e che lui sembra essersi ripreso almeno un po', giro la manopola e spengo finalmente l'acqua: Gus riprende fiato con la testa bassa, mentre le gocce scivolano dalle punte dei suoi capelli e si schiantano sul pavimento della vasca.
"Va meglio?", domando con un filo di voce. Finora ho cercato di mantenermi il più fredda possibile per cercare di gestire tutto ma, ora che le cose si sono calmate un po' e che lui ha riacquistato i sensi, l'ansia mi sta facendo tremare le mani.
"Sì, adesso sì", mi risponde schiarendosi la voce e sollevandosi con il busto. Gli do quindi una mano a rimettersi in piedi e ad uscire dalla vasca: si siede sul bordo e lo aiuto a sfilarsi la t-shirt fradicia ed i pantaloni, poi gli allungo una salvietta con cui asciugarsi.
"Vado a prenderti dei vestiti nuovi dal tuo armadio", gli dico nel tono più dolce possibile: "Tu resta qui tranquillo, okay?".
Lui annuisce passandosi l'asciugamano sul corpo con scarso vigore ed io esco così dal bagno per recuperare qualcosa di pulito che possa indossare: torno nel giro di qualche minuto con i primi indumenti che ho trovato nella sua stanza: una semplice maglietta nera e un paio di pantaloncini dello stesso colore.
Lui afferra il malloppo ed inizia a rivestirsi con calma, senza mai guardarmi in faccia: tiene costantemente la testa bassa e gli occhi piantati sul pavimento. Si passa una mano sui capelli ancora umidi e si rialza prima ancora che possa avvicinarmi per dargli un sostegno: "Tranquilla, ce la faccio", mi rassicura mentre si trascina in maniera piuttosto instabile verso la sua camera.
Si butta sul letto con uno sbuffo e si rannicchia su un fianco, dandomi la schiena mentre io lo guardo appoggiata allo stipite della porta senza riuscire a dire niente: un nodo in gola mi chiude la trachea e le lacrime mi offuscano completamente la vista, faccio davvero fatica a trattenermi ma non voglio piangere. Gus sta bene adesso, non ce n'è alcun bisogno.
"Scusami", borbotta dopo diversi minuti di silenzio tombale.
"No", rispondo avvicinandomi a lui e sedendomi sul bordo del letto: "Hai fatto bene a chiamarmi, Gus".
Gli poggio una mano sulla spalla e lo sento sussultare ed irrigidirsi improvvisamente, tanto che mi viene naturale ritrarmi di scatto e annullare il contatto tra noi.
"Vuoi che chiamo Tracy?", gli domando con cautela mentre guardo la sua schiena sollevarsi e abbassarsi ritmicamente.
"No", sussurra scuotendo la testa nel cuscino: "Puoi restare qui con me?".
Neanche gli rispondo: mi sdraio istintivamente di fianco a lui, recupero le coperte accartocciate ai piedi del letto e le sollevo in modo da coprire completamente sia me che Peep. Mi rannicchio e mi incastro negli spazi liberi lasciati dal suo corpo, facendo aderire il mio busto contro la sua schiena e cingendogli l'addome con il braccio.
"JJ...", borbotta con la voce impastata dal sonno mentre gli sto accarezzando i capelli ancora umidi.
"Dimmi", sussurro dolcemente, con gli occhi chiusi. Nonostante il sole non sia ancora nemmeno calato, sento un improvviso senso di stanchezza addosso: è come se avessi appena fatto una maratona, ho tutti i muscoli rigidi e mi è anche venuto un forte mal di testa.
"Grazie".
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LET ME BLEED // LIL PEEP
Teen Fiction"Quando siamo soli dice di volermi e mi mangia letteralmente con gli occhi, mentre di fronte agli altri si diverte a sminuirmi ed umiliarmi. Chi cazzo crede di essere? (...) Vuole giocare con me? Va bene, ma da adesso in poi le regole le faccio io."...