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Aspettiamo per qualche minuto un Uber, in silenzio, spalla contro spalla. Non ho la minima idea del motivo per il quale mi abbia chiesto di tornare a casa con lui, perché nella sua richiesta non mi è sembrato affatto malizioso o languido, non ho letto alcun doppio fine nella sua frase, mi è sembrato semplicemente che volesse andarsene. Il che è ancora più strano, perché Gus non è uno che abbandona le feste, in più ha passato l'ultimo periodo a fingere che io non esistessi, quindi non riesco bene a capire cosa stia succedendo. Ma, mentre saliamo a bordo dell'auto che ci riporta a casa, penso che forse va bene così, che non ha importanza il motivo per cui mi abbia chiesto di tornare al suo appartamento, perché in fondo mi basta poter stare finalmente sola con lui.

Wow, sono davvero così disperata?

Peep sfila una banconota da cinquanta dollari dalla tasca, completamente stropicciata, e la porge all'autista una volta giunti nel suo quartiere. Scende dalla macchina senza nemmeno aspettare il resto ed io lo seguo su per le scale, che ormai mi sono talmente famigliari che potrei percorrerle ad occhi chiusi senza inciampare.

Entriamo nell'appartamento e Gus si lascia immediatamente cadere quasi a peso morto sul divano, con uno sbuffo. Mentre accende il televisore mi sistemo accanto a lui, composta, con le gambe accavallate, e anche se mi sento un po' a disagio cerco di non mostrarlo troppo.

"Che film vuoi vedere?", mi domanda con naturalezza, dando per scontato che io abbia effettivamente voglia di guardare la tv.

"Non lo so...", ci penso per qualche secondo: "Scegli tu, è uguale. Io vado a prendermi qualcosa da mangiare in cucina. Tu vuoi qualcosa?".

"No, grazie".

Mi alzo quindi dal divano e gli passo davanti, mentre lui armeggia con il telecomando alla ricerca di qualche titolo interessante su Netflix. Recupero dalla dispensa un pacchetto di patatine alla paprika, senza farmi troppe domande sulla data di scadenza, dopotutto è già incredibile aver trovato qualcosa di commestibile in casa sua.

Torno in salotto sgranocchiando lo snack e mi accomodo nuovamente accanto a Gus, che ha abbandonato la ricerca di un film per rispondere a un paio di messaggi. Digita velocemente sulla tastiera con entrambi i pollici, concentrato e con una canna appena accesa che gli penzola dalle labbra, così io ne approfitto per rubargli il telecomando e dare un'occhiata alle ultime uscite su Netflix.

"Che ne dici di Blow? L'hai mai visto?", gli propongo dopo un paio di secondi, catturata dalla locandina.

"Sì, ma posso riguardo se ti va".

In verità anche io ho già visto quel film anni fa, ma è talmente figo che un re-watch non mi dispiacerebbe affatto. Inoltre non mi va di perdere altro tempo a cercare all'infinito qualcosa che mi ispiri, quindi mi affretto a premere play.

Gus però è distratto, continua ad essere molto più interessato al telefono piuttosto che alla storia di George Jung: messaggia freneticamente, senza mai scollare le pupille dal display. Lo guardo con la coda dell'occhio, fingo di essere concentrata sulla tv ma in realtà nemmeno io riesco a seguire il film, perché vederlo con la testa da tutt'altra parte mi da fastidio. Insomma, è stato lui a chiedermi di venire qui, perché ora si sta comportando così? E' chiaro che vorrebbe essere altrove, ma allora per quale diavolo di motivo mi ha spinto a lasciare la festa insieme? Per continuare ad ignorarmi, solo seduto comodamente sul suo divano? Non capisco.

"Peep". Dopo una ventina di minuti dall'inizio, richiamo la sua attenzione, seccata dalla sua scarsa partecipazione: "Vuoi che me ne vada?".

Lui solleva finalmente lo sguardo dal cellulare per guardarmi in faccia, confuso dalla mia domanda, e appoggia l'iPhone sulla sua coscia: "No, perché me lo chiedi?".

LET ME BLEED // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora