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Mi sveglio di soprassalto nel cuore della notte, con un braccio ancora adagiato sul ventre di Peep e l'altra mano incastrata nei suoi capelli. Siamo entrambi rimasti immobili nella stessa identica posizione in cui ci siamo addormentati, nulla è cambiato nelle ultime ore.

Non so quanto tempo sia passato, ma immagino siano tipo le due o le tre di notte. In casa non si sente alcun rumore, quindi probabilmente Tracy non è ancora tornato. O, se l'ha fatto, è stato silenzioso come un felino ed io non mi sono accorta di nulla.

So che dovrei recuperare il telefono che ho abbandonato sulla scrivania non appena ho messo piede qui dentro, ma la verità è che non ne ho la minima voglia. Non oso nemmeno immaginare la miriade di chiamate e messaggi persi da parte di Bexey e non ho la forza di pensare a quanto sarà sicuramente incazzato con me, tanto meno di affrontare una discussione. Ci penserò domattina, quando avrò la mente più lucida e saremo tutti più tranquilli.

Anche se mi dispiace tremendamente avergli dato buca senza nemmeno un preavviso decente e senza dargli motivazioni sensate, allo stesso tempo non mi sento del tutto dalla parte del torto. Insomma, cosa avrei dovuto fare? Ignorare il fatto che Peep avesse mischiato troppe sostanze e che avesse bisogno di un aiuto? Era solo in casa, come potevo andarmene a cena fuori con Bexey facendo finta di niente? E se fosse accaduto qualcosa di veramente brutto, come avrei potuto perdonarmelo? E' successo tutto talmente in fretta che ho dovuto prendere una decisione rapida.

Messa alle strette, non ho esitato a scegliere Gustav anziché George.

E lo rifarei altre mille volte, persino in circostanze diverse che non prevedano necessariamente un rischio per la sua vita.

Nell'istante stesso in cui realizzo questa cosa e ne prendo consapevolezza, sposto di scatto il braccio dal busto di Peep e mi allontano dal suo corpo, quasi spaventata dai miei stessi pensieri e mi volto dall'altra parte, dandogli le spalle. Lui non si accorge di niente, continua a dormire respirando regolarmente, abbracciato al suo cuscino.

Solo questa mattina pensavo a tutte quelle cose sull'amore e sull'innamoramento: anche se non avevo certezze, non mi sentivo assolutamente nella posizione di dubitare della mia relazione. Ora invece non posso fare a meno di riempirmi la testa di paranoie e di pensieri strani, sto mettendo in discussione tutto quanto. Perché le cose non possono essere semplici come lo sono state per Nate ed Olivia? Perché io invece devo sentirmi in questa sorta di limbo in cui, non appena mi muovo, sento di sbagliare qualcosa? Forse il problema sono io, magari non sono fatta per le relazioni stabili e dovrei continuare a limitarmi solo alle avventure, prima di fare del male a qualcuno.

Sposto le coperte all'indietro e mi alzo dal letto per andare in cucina a bere un po' d'acqua fresca. Cammino avanti e indietro nervosamente con il bicchiere stretto tra le dita e mi affaccio alla finestra aperta che dà su una strada buia e semi deserta: qualcuno, di tanto in tanto, cammina sotto alle luci giallognole dei lampioni nonostante sia notte fonda, probabilmente si tratta di spacciatori o comunque di gente poco raccomandabile.

Non è molto che sono persa con lo sguardo sul marciapiede sotto casa, quando una voce alla mie spalle mi coglie di sorpresa e mi fa sussultare: "Hey".

Mi volto di scatto e mi si palesa davanti Gus, che mi guarda con le palpebre semichiuse e le sopracciglia aggrottate, infastidito dalla luce accesa della cucina.

"Ti ho svegliato?", domando imbarazzata.

Lui annuisce e si stropiccia gli occhi con il dorso della mano: "Sì, ma non fa niente", mi dice per rassicurarmi con un mezzo sorriso.

"Come ti senti?".

"Di merda", risponde con fin troppa onestà mentre apre il frigorifero ed estrae una bottiglia d'acqua, per poi bere diverse sorsate direttamente a canna: "Perché cazzo gli hangover devono essere tanto devastanti se gli effetti delle droghe sono così belli?".

Ora che i suoi occhi si sono abituati alla luminosità della stanza, riesce finalmente a sollevare lo sguardo su di me. Mi squadra dalla testa ai piedi ed esamina ogni centimetro del mio corpo con un'espressione stupita, mettendomi parecchio a disagio.

"Aspetta, ma... Perché sei vestita così?", mi chiede dopo aver tentennato per qualche secondo. Quando sono arrivata era talmente messo male che nemmeno si è accorto che fossi agghindata di tutto punto; sta mettendo a fuoco solo adesso il fatto che abbia indosso un indumento così raffinato con tanto di trucco e capelli fatti.

Scuoto il capo e gli volto le spalle per tornare a guardare fuori dalla finestra della cucina, evitando di rispondergli.

"Jessica, perché indossi un abito elegante?", ripete avvicinandosi a me e prendendomi per un braccio, facendomi voltare verso di lui in modo da non lasciarmi alcuna possibilità di sfuggire alla sua domanda.

Voglio solo essere lasciata in pace e non mi va minimamente di fare conversazione, tuttalpiù se questa mi frutterà solo ulteriori ansie e paranoie, come se già non ne avessi abbastanza per conto mio: "Lascia perdere", mormoro.

Lui però non sembra in alcun modo intenzionato a chiudere l'argomento, tant'è che mi ripete per la terza volta la stessa domanda, questa volta però scandendo bene per parole e guardandomi dritto negli occhi con un sorriso furbo stampato in faccia: "Dimmelo, voglio saperlo".

"Quando mi hai telefonato, stavo per uscire a cena con Bexey", ammetto sospirando. So che sarebbe in grado di insistere all'infinito con questa storia, quindi, seppure contrariata, cedo: "Mi hai fatta preoccupare e sono uscita di casa alla svelta, senza cambiarmi".

Peep lascia la presa dal mio braccio e si mette anche lui a guardare fuori dalla finestra con aria pensierosa: puntella il gomito sul davanzale e riposa la testa, appoggiando il mento sul palmo della mano, senza abbandonare mai quell'odioso ghigno.

"Non ricordavo di averti chiamato, in effetti mi stavo chiedendo perché fossi qui", dice passandosi la lingua tra le labbra: "Ma immagino sia un bene che l'abbia fatto, no?"

Nemmeno gli rispondo, continuo a tenere gli occhi fissi fuori dalla finestra mentre una macchina imbocca in contromano il vialetto. Avrei davvero bisogno di una canna adesso, in verità mi accontenterei anche di una banale sigaretta, ma non ho portato nulla con me e non mi va di chiedere alcunché a Peep.

Ad un certo punto, dal nulla, Gus si lascia scappare un risolino divertito. Lo guardo come se fosse un pazzo, con aria interrogativa, e prima che possa aprire bocca per chiedere che cazzo gli prenda, lui mi anticipa: "Sei corsa da me", mormora divertito, quasi come se avesse espresso per sbaglio un pensiero che invece sarebbe dovuto restare solo nella sua testa.

"Beh, l'idea che potessi crepare qui da solo non mi allettava particolarmente", ribatto ruotando gli occhi al cielo.

Lui si inumidisce le labbra incurvandole ancora di più in un sorrisetto beffardo: "Sono più importante di una cena con il tuo ragazzo, quindi? Che onore".

"Vaffanculo".

Peep scoppia a ridere ignorando completamente il fatto di avermi indispettita con quel commento, poi si allontana dalla finestra passandosi una mano tra i capelli spettinati. Mi volta le spalle e torna sui suoi passi, finché si arresta a metà del corridoio: "Dai, baby, torniamo a dormire", sibila divertito, invitandomi a seguirlo con un gesto della mano: "Ti presto dei vestiti più comodi".

LET ME BLEED // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora