Dopo il suo incontro con Ammir, Shirei si fece aiutare dai tummà con la scelta dei vestiti e decise di fare ritorno al parco. Appoggiò i suoi nuovi abiti, racchiusi in una valigia in pelle, sul legno nero del pavimento della sua casa. Era consapevole che avrebbe dovuto nasconderli prima che qualcuno li vedesse, dunque si limitò a infilare la valigia sotto il letto, fiducioso che la rabbia di Dalia l'avrebbe tenuta lontana dalle sue cose. Si diresse verso la mensa, lasciandosi guidare dalla necessità di cibo. Mentre chiudeva la porta della tredicesima casa dietro di sé, notò con tristezza l'assenza della sua sorellastra. Sembrava aver perso il suo solito entusiasmo da quando avevano litigato. Era dispiaciuto per lei, ma decise di lasciarla riflettere.
La vista dei semidei che correvano verso la mensa, ridendo e scherzando, contrastava, infatti, con la quiete e la solitudine della non-tanto-giovane figlia di Cragar. La semidea sedeva sul prato del giardino di Kore con il volto cupo, persa nei suoi pensieri. Un'ondata di tristezza la avvolse mentre notava il suo stesso isolamento. Desiderava poter alleviare il proprio dolore e riportare il sorriso sul volto, ma non poteva ignorare il modo irresponsabile con cui aveva messo in pericolo tutti.
Faceva sempre del suo meglio per essere solare e per socializzare con tutti. Sapeva di essere vista in modo diverso a causa di suo padre e lei stessa si sentiva estranea rispetto agli altri semidei, sebbene ignorasse le motivazioni di quella strana sensazione. Si domandò se fosse la sua data di nascita a rappresentare il problema, oppure il secolo che aveva passato in un mondo fittizio ad averla influenzata in modo negativo. Voleva soltanto sapere cosa la spingesse lontana da tutti quelli che amava.
Si impegnava così tanto ogni giorno, quindi perché? Dove aveva sbagliato?
Perfino il suo fratellastro non voleva il suo aiuto.
Era una figlia di Cragar, il dio dei morti. Uno delle sei divinità maggiori. L'unico al pari con Emion. Perché era così debole?
Le domande continuarono a manifestarsi sotto forma di lacrime, le quali bagnavano dolcemente il silenzioso giardino sotterraneo dove si era rifugiata.
* * * * * * *
Marina si legò i capelli in una coda mentre entrava in mensa. Decise di lasciare fuori due ciuffi sporgenti, che cadevano sulle guance. Un aspetto che i figli di Ognia avrebbero definito 'natural chic'.
Alle sue spalle, una voce calda la chiamò, «Ehilà.»
La bionda si voltò e fu felice di riconoscere il volto di una cara amica, «Lilia!»
La figlia di Torari le sorrise, prima di addentare un pezzo di pane che aveva fra le mani. Marina ricambiò il sorriso e la seguì con l'intenzione di prendere qualcosa da bere. Si mise in fila insieme alla corvina senza farsi troppi problemi, dopotutto non avrebbe udito alcun pettegolezzo finché Shirei non si fosse presentato lì.
«Non hai dormito stanotte?» domandò Lilia con tono preoccupato.
Marina abbassò le sopracciglia e alzò il labbro inferiore in un'espressione confusa, «Perché lo chiedi?»
«Hai una faccia...»
La figlia di Ien ripensò alle tre volte in cui si era svegliata durante le ore piccole per andare in bagno. Dopo aver bevuto l'idromele di Miula e aver incontrato Shirei, non aveva passato la migliore delle nottate. Il vantaggio di tutta quella situazione, o lo svantaggio, a seconda dei punti di vista, era che la mattina seguente i problemi erano spariti. Si era svegliata senza alcun sintomo post-sbornia, anche se quella non era stata una sbornia. Non avrebbe accettato di ammetterlo.
Non si era ubriacata. Assolutamente no.
Riconobbe, tuttavia, il motivo per cui Lilia si stesse preoccupando.
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Maschere Immortali: La Profezia
FantasyQuando il sangue divino scorre nelle tue vene, i mostri ti danno la caccia fino a quando non sei morto. Questa è la dura realtà che ogni semidio deve affrontare ogni giorno. Marina è una di loro e, per questo motivo, ha dovuto lasciare la sua casa q...