33. SOSIA DEL PASSATO

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Il figlio di Cragar trasalì e fece un passo indietro mentre l'intero paesaggio cominciava a delinearsi in maniera più definita.

Shirei fissò con intensità il suo sosia, nel tentativo di leggere l'anima nascosta dietro quell'illusione di sé. La scena intorno a loro era di una bellezza mozzafiato: un giardino lussureggiante, inondato dalla piena luce del sole, si estendeva fino a sfumare in nebbia biancastra dalle trame oniriche. L'erba era di un verde vibrante, scintillante di rugiada mattutina, e il canto melodioso degli uccelli riempiva l'aria.

Un sentiero di marmo bianco serpeggiava attraverso la natura, i bordi levigati delle pietre lucenti che riflettevano la luce del sole. La strada conduceva a una residenza estiva, una villa elegante, con colonne doriche e ampie finestre arcuate che davano sul giardino. Fiori colorati, disposti con cura in aiuole ben curate, aggiungevano tocchi di rosso, giallo e viola al panorama.

Shirei sentì un calore familiare sul viso, il sole che baciava la sua pelle con una tenerezza che sembrava provenire da un altro tempo. Nonostante fosse consapevole di trovarsi in un'illusione, tutto appariva straordinariamente reale. Il profumo dell'erba tagliata era intenso, quasi inebriante, e il calore del sole sembrava penetrare profondamente nelle sue ossa, spingendolo a cercare riparo in una zona in penombra.

Shirei si guardò intorno mentre il cuore batteva con forza nel petto. Ogni dettaglio del paesaggio sembrava evocare frammenti del suo passato dimenticato.

Il sosia si mosse specularmente a lui, come un riflesso nello specchio, e gli occhi dei due si incontrarono di nuovo. C'era una strana consapevolezza in quelle iridi identiche, un'intuizione che andava oltre le parole.

Il figlio di Cragar provò una strana sensazione di nostalgia, un senso di appartenenza che non riusciva a spiegare. Il giardino, il sentiero di marmo, la residenza estiva... tutto sembrava avvolto in un alone di mistero, parte di un capitolo della sua vita che gli era stato strappato via. Eppure, ogni volta che cercava di afferrare quei ricordi, essi gli sfuggivano, lasciandolo con un senso di vuoto e curiosità insoddisfatta.

«Devo ripeterlo?» Chiese retoricamente il suo sosia.

«Chi sei tu?»

La figura con il suo stesso aspetto alzò l'indice e lo punto nella sua direzione, «Io sono te... e tu sei me.»

"Cosa significa?"

Prima che Shirei potesse controbattere, la figura aggiunse: «Tuttavia, non siamo la stessa persona a dire il vero.»

Il figlio di Cragar rimase in silenzio e, piuttosto che preoccuparsi del misterioso sé, si lasciò distrarre dal paesaggio alla ricerca di qualche indizio.

«Sì, questo è frutto dei ricordi racchiusi nella tua mente», confermò infine il falso Shirei.

Il ragazzo provò a interrogarsi sul perché stesse vivendo quella situazione in quel momento, dopo tre lunghi anni in cui aveva atteso di intravedere qualche scorcio del suo passato.

Quel luogo era il primo accenno che stava avendo della sua vita, dei ricordi che gli erano stati rimossi o che aveva cancellato di propria spontanea volontà.

"Ma perché proprio adesso, cosa ha innescato tutto questo?"

«Invece di rimanere in silenzio, potresti chiedermi perché sei qui. A volte basta domandare piuttosto che pensare a ogni possibilità.»

Lo sfondo della visione, sogno, o qualunque cosa fosse quello che stava accadendo, cominciò a cambiare.

Di colpo, non era più mattina.

Il sole era sul punto di tramontare, tingendo la scena di tonalità calde e rendendo il tutto più nostalgico.

La figura del suo interlocutore iniziò a tremare e mutare, come se fosse composta da nebbia in movimento. Shirei osservò, stupefatto, mentre la sua immagine speculare si trasformava davanti ai suoi occhi. La familiarità del volto rimase, ma i capelli divennero lievemente più corti, e l'altezza si ridusse, conferendo al nuovo sosia un'aria più giovane e inesperta.

Maschere Immortali: La ProfeziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora