6. ALLENAMENTO NEL BOSCO

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Shirei si trovava ancora alla mensa del Parco dei Gigli, seduto al cupo tavolo dei figli di Cragar insieme a Marina e Dalia. La mensa era animata dalle conversazioni vivaci dei presenti, che parlavano di allenamenti, lezioni e racconti mitologici. L'aria profumava di pane appena sfornato, creando un'atmosfera rilassante. Ma il ragazzo dagli occhi viola, come spesso accadeva, sembrava distante, quasi scollegato da quel luogo.

Marina e Dalia ridevano di qualche battuta, scambiandosi occhiate complici, ma Shirei non partecipava alla leggerezza del momento. I suoi occhi fissavano il vuoto, persi alla ricerca di riafferrare i ricordi perduti nella sua mente. La sua postura rigida e il silenzio impenetrabile creavano una barriera invisibile tra lui e gli altri. Anche se era seduto accanto alle due ragazze, era come se si trovasse altrove.

Marina notò il suo sguardo assente e allungò sorridente un po' di cibo verso di lui, sperava attraverso quel mezzo di potergli dare a parlare.

Tuttavia, con suo dispiacere, osservò Shirei alzarsi lentamente dalla sedia. I suoi movimenti erano calmi, misurati, ma la sua altezza e la sua presenza non passarono inosservate. Marina lo guardava con curiosità, mentre Dalia si limitò a lanciargli solo un'occhiata furtiva, con il solito sorriso malizioso che le illuminava il volto.

«Vado ad allenarmi», annunciò con una voce bassa e pacata.

Non spiegò di più, né preferì aggiungere delle precisazioni o dei saluti elaborati. Era una frase semplice, che ripeteva spesso a sé stesso, come se l'allenamento fosse l'unica cosa che gli dava una direzione da quando era al Parco dei Gigli.

Marina si alzò con lui, «Perché non rimani fino al termine del pranzo?»

Gli altri semidei presenti smisero di parlare e lo guardarono, alcuni con una leggera inquietudine. Shirei era figlio di Cragar, il dio dei morti, e quando si muoveva, l'oscurità camminava con lui per portare caos.

Una legge non scritta che tutti i semidei conoscevano come principio fondamentale del loro vangelo: Cragar uguale guai. Ma loro non avrebbero mai potuto comprendere il suo legame con l'oscurità, e la sua natura sia solitaria che impenetrabile lo rendeva ancora più misterioso.

In pochi secondi, una massa nera di pure ombre cominciò a circondare il suo corpo. La temperatura sembrò calare di qualche grado mentre l'oscurità si addensava intorno a lui.

«Finite pure senza di me, ci vediamo presto.»

Dopo aver detto quelle parole, Shirei sparì, dissolvendosi nell'oscurità, lasciando dietro di sé solo un mormorio di stupore e preoccupazione.

La figlia di Iem rimase a osservare il punto in cui Shirei era scomparso, il volto pensieroso.

Dalia invece, con un sorriso enigmatico, scrollò le spalle e tornò a concentrarsi sul suo pasto, come se fosse abituata a quell'improvvisa scomparsa.

Affondò le posate nella carne, «Sempre il solito, Marina,» aggiunse in modo arrendevole, «È sempre il solito.»

L'oscurità si diradò attorno a Shirei, come una coperta fatta di ombre e nebbia. Il semidio camminava con passo sicuro, attraversando quel mondo spettrale che si stendeva davanti a lui in un tumulto informe di colori verdi, bianchi e neri. Uno spazio irreale, dove la terra sembrava sciogliersi in fumo e il cielo non esisteva. Il paesaggio cambiava in modo continuo, come se non avesse una forma definita, ma fosse fatto di frammenti di pensiero e emozioni distorte.

Un luogo dedicato esclusivamente per Cragar e la sua progenie.

L'aria era tiepida, quasi priva di temperatura, e ogni respiro sembrava portare con sé un lieve spostamento di molecole, che Shirei non sapeva se attribuire a qualche energia magica presente in quella dimensione.

Maschere Immortali: La ProfeziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora