I giorni andavano avanti molto velocemente: temevo che Lara non riuscisse a ottenere una forma fisica sufficiente per poter affrontare gli Hunger Games.
A causa di tutto ciò, le mie notti erano costellati da terribili incubi che andavano avanti finché non decidevo di alzarmi e andarmene in cucina a farmi una bella camomilla per tranquillizzarmi.
Una di quelle sere, dopo l'ennesimo incubo, presi alcuni abiti comodi e mi cambiai. Uscii dall'appartamento e mi diressi verso la hall del Centro di Addestramento, dove alcuni senza-voce stavano pulendo le vetrate.
Mi sedetti dove ero sicura di non essere d'intralcio e attesi che le palpebre si facessero pesanti, ma esse non erano intenzionate a collaborare.
Più strizzavo gli occhi per come dire obbligarli a restare chiusi e più lì spalancavo per paura che uno degli incubi si trasformasse in realtà.
<Brutto sogno?>
Sobbalzai: credevo credevo essere da sola con i senza-voce. Ma anche in quel frangente Finnick mi aveva fatto visita.
<Sei un notturno?> gli domandai nonostante sapessi già la risposta.
<Più uno schiavo.> rispose lui sorridendo.
<Ma che cazzo hai da ridere, eh?>
Finnick si sedette vicino a me e mi fissò con i suoi occhi chiari.
<Sdrammatizzo.> disse Finnick. <È l'unica cosa che mi resta.>
<No.>
<Come?>
<Ho detto di no, Finn.> sbottai. <Non è l'unica cosa che ti resta. E poi l'ironia non ti salverà mai.>
<Parli per esperienza?>
Presi una sigaretta di riserva dal taschino e gliela puntai addosso.
La appoggiai sulle labbra e poi la accesi con l'accendino.
<Parlo sempre per esperienza personale. In ogni fottuto caso, Finn.>
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli.
<Vorrei essere come te, Jes.> mi confessò. <Cazzo se lo vorrei. . .>
Scossi la testa e sorrisi amaramente.
<Perché la mia vita è una favola, no?>
<Almeno non passi le tue giornate a Capitol City nelle camere da letto di lussuose residenze.>
Non capiresti. . .
Che senso avrebbe avuto mettere a nudo tutti i miei più oscuri segreti?
Orfana.
Vincitrice e per giunta assassina.
Mentore.
Depitasta.
Nipote di Snow.
Mi grattai la fronte. Finnick era rimasto in silenzio e forse gli era anche passata la voglia di parlare con me.
<Scusa, Finn.> gli dissi appoggiando una mano sul suo ginocchio. <Io non sono perfetta come credi. O come nessuno crede più. Non un pessimo elemento.>
<Come tutti noi.> intervenne il giovane mentore. <Tu sei solamente la migliore.>
<Finnick.> lo chiamai per nome, tanto che il ragazzo balzò dalla sedia. <Vedi, io non sono mai stata perfetta come tu mi dipingi. E vorrei capire il motivo per cui tu lo pensi.>
<Sarò franco con te, Jessie.> disse lui piegandosi con la schiena in avanti. <Se mi sono offerto volontario è stato solo per poterti emulare.>
<E hai fatto solo che male.>
<Dovevi vedere quello che avevano chiamato. . .> disse Finnick ridendo. <Un tredicenne magrissimo senza un filo di muscolo.>
<Non devi emularmi.> rimarcai il concetto. <Finnick, sono seria.>
<Anche io, Jessie. Anche io.> disse lui appoggiando una mano sul petto. <Ma vedi. . . Io, a differenza tua, ho fatto pace con me stesso.>
Distesi le labbra.
<Certo, Finnick. Hai proprio fatto pace con te stesso.> dissi alzandomi. <Proprio come dicevi nelle tue lettere, no?>
Il ragazzo si irrigidì.
<Devo essere grato a Capitol City per la seconda opportunità.>
Gli appoggiai una mano sulla spalla e diedi un colpetto.
<Bravo, bravo. . . Continua a elogiare Capitol City. Ti daranno sicuramente un premio.>Ne parlai con Theo.
Lui parve incredulo: mi confessò che Finnick durante gli anni precedenti aveva sempre mascherato il suo stato d'animo davanti ai capitolini e si sfogava con i mentori.
Era quello che ricordavo anche io. Me lo aveva scritto in una delle sue lettere: "Ci sono due me".
Non capivo perché quella sera avesse cominciato a blaterare frasi senza senso che neppure pensava davvero.
L'avevo incontrato nel bar del Centro di Addestramento dopo che aveva fatto visita a qualcuno. Dopo che il suo corpo era stato profanato.
Eppure si era dimostrata grato a Capitol City per la fottuta seconda possibilità che non sarebbe mai dovuta esistere se il mondo fosse stato un posto migliore.
<Vedi di concentrarti.> mi disse Theo durante la colazione. <Oggi cominciano le sessioni di allenamento individuali sia con noi che con il personale.>
Annuii.
<Lo so. . .> borbottai. <Guarda che Lara mi ha fatto la testa grande come una casa con questa storia e con il fatto che ci devo essere a tutti i suoi allenamenti.>
Mentre parlavamo, Lara sopraggiunse in sala da pranzo e si sedette al mio fianco. Indossava già la tuta fornita ai vari tributi da Capitol City per le sedute private.
<Ho imparato una cosa nuova l'altro giorno.> disse tra una fetta biscottata e l'altra. <Dopo vorrei fartela vedere.>
<Bene.>
<E poi vorrei parlare con Kalina della mia intervista.>
<Permesso accordato.> mi limitai a dire, nella speranza che Lara la smettesse di darmi tutte le informazioni della giornata.
<Ho trovato anche il punto debole di uno dei Favoriti.> aggiunse dopo aver bevuto tutto il succo d'arancia che le avevo versato qualche minuto addietro.
Theo ed io ci scambiammo un'occhiata.
Nessuno dei due aveva mai avuto un tributo così intelligente e attento ai dettagli.
Del resto io ero entrata nell'Arena con lo scopo di fare un po' di casino. Avevo saltato tutti gli allenamenti e mi ero limitata a presentarmi alle interviste e alla prova pratica.
Lara, invece, voleva vincere a tutti i costi e restare in vita per la sua famiglia.
<Ti aspetto in palestra, allora.> mi informò dopo essersi pulita il viso dalle briciole e dai residui di marmellata al melograno.
<Entusiasta.> commentò Theo versandosi ancora latte nella scodella.
<Anche troppo.> dissi girandomi nella direzione in cui Lara era sparita.
<Vado.> aggiunsi poco dopo. <Prima che Lara decida di mandarmi un pacificatore a prendermi.>
<Buona fortuna.>
<No, Theo.> scossi la testa. <Quella servirà a te.> gli dissi indicando Oliver, ancora in pigiama e mezzo intontito dalla nottata.
Sembrava un morto vivente.
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ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5
FanfictionCaesar mi sorrise, mostrando tutti i suoi bellissimi, e fintissimi, denti bianchi come il marmo, e, al posto di rincuorarmi, mi chiese se avevo qualcuno da cui tornare finiti gli Hunger Games. Udendo quella domanda mi misi a ridere: chi mai avrebbe...