ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛɪ 12 ᴇ 11

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Intraprendere il Tour della Vittoria fu la cosa più complicata; non era tanto il fatto che sarei tornata a Capitol City a preoccuparmi, bensì il fatto che avrei dovuto incontrare, anche se solo per il tempo di un discorso fatto, i familiari degli altri tributi.
Con che coraggio avrei incrociato gli occhi della zia di Evelyn o del padre di Han?
La Norton si preoccupò di non farmi trovare nessuno alla stazione, se non Theo e Myriam; ma non ce ne fu bisogno.
Primo perché nessuno, tranne i de la Cruz, sarebbe venuto a salutarmi.
E secondo perché da qualche settimana moltissimi abitanti del Distretto 5 si erano ammalati. Alcuni erano addirittura morti.
La sindaca si era preoccupata di isolare i quartieri più colpiti, ma il virus sembrava essere molto contagioso.
Kalina mi aspettava a braccia conserte - e pensare che non avevo ancora fatto nulla di male - a bordo dell'ultra moderno treno ad alta velocità. Un regalo dalla capitale.
Era ancora più lussuoso di quello che avevo preso per andare a Capitol per i giochi.
<Regalino di Snow.> trillò Kalina, precedendomi.
<Schifo. . .> sussurrai cercando di non farmi sentire dall'accompagnatrice.
<Ma smettila di lamentarti sempre.> ringhiò subito dopo.
<Gli assassini come me non meritano i regali. Anche se potrei accettarlo senza esitare, visto che io e il Presidente siamo fatti della stessa pasta.>
Myriam e Theo si lanciarono un'occhiata e poi si girarono verso Kalina, che pareva avere del fumo alle orecchie.
<Perché non ci diamo tutti una bella calmata?> domandò Theo, battendo le mani e sorridendo come un ebete.
Kalina mi indicò.
<Ha mancato di rispetto al nostro Presidente! Quei Chaff e Haymitch sono un pessimo esempio per lei!>
Né Myriam né Theo proferirono più parola.
Il mio ex mentore diede due colpi di tosse e mise le mani sui fianchi di Kalina.
<Lasciali fuori da questa storia. Jessie ha le sue idee.>
<Quindi, ora, sarebbe colpa mia?!> urlai in direzione del mio amico;
Theo mi tenne distante, tendendo il braccio verso di me e la mano alzata.
<Per favore, Jessie! Lasciami parlare.
Dicevo:> si girò verso Kalina. <ognuno ha le proprie idee. Jessie ha le sue. Quindi, per favore, non parlare del Presidente.>
L'accompagnatrice annuì.
<Quanto si sta per arrivare al 12?>
Del 12 ricordavo quello che mi aveva detto Evelyn. Giacimento, carbone, povertà.
Mi aveva raccontato che era stato appena eletto un nuovo sindaco. Evelyn mi disse che era molto giovane e che aveva una figlioletta di quelche mese.
<Il sindaco Undersee si aspetta un discorso coi fiocchi.> fu l'unica risposta che ottenni.

Arrivammo per la mattina del giorno dopo. Feci colazione con il sindaco Undersee e la sua famiglia; la moglie del sindaco mi rifilava alcune occhiate che mi fecero rabbrividire. Pareva avercela con me per aver disturbato l'intimità della famiglia.
O forse non voleva dividere la tavola con un'assassina che aveva lasciato morire negli Hunger Games la loro unica finalista dopo anni.
<Mi farete visitare anche il Giacimento?> domandai al sindaco Undersee.
Lui scosse il capo.
<Preferirei di no.>
<Perché?>
<Non è il luogo adatto a una visita.> rispose il sindaco.
<Però fa parte del Distretto 12. Kalina?>
<Sì, Jessie?>
<Ritaglia uno spazio alla cerimonia. Voglio vedere il Giacimento.>
Kalina annuì senza parlare e scarabocchiò il foglio, lanciando qualche occhiata al sindaco Undersee, furibondo per la mia scelta.
<Vi aspetto tra un'ora nell'atrio del Palazzo di Giustizia.>

<Hai combinato un bel casino a colazione.> disse Eda, mentre finiva di controllare l'abito che dovevo indossare fa un momento all'altro.
<Che si fotta il sindaco. . . Ho vinto io gli Hunger Games. Decido io che cosa vedere nei vari Distretti.>
Il silenzio era improvvisamente calato nella stanza.
Ero la prima vincitrice di Eda; nessuna delle due sapeva come comportarsi.
La stilista si limitò a fare un cenno con la testa e a continuare il suo lavoro, in cui era decisamente molto brava.
<Lo so che è Kalina quella delle raccomandazioni.> mi alzò la zip. <Ma ti prego di non fare casini. Okay?>
<Penso di potercela fare.>
Uscii dalla stanza e, come da accordo, mi precipitai in direzione dell'atrio del Palazzo di Giustizia. A momenti sarei stata in diretta nazionale e avrei dovuto parlare di fronte a un migliaio di cittadini stufi e arcistufi di ascoltare ogni anno dei ragazzi che narrano loro quello che Capitol City vuole sentirsi dire.
Kalina fu la prima ad avvicinarsi e mi porse una mano.
Abbassò gli occhi.
<Come va con quelli?>
Guardai i tacchi e feci una smorfia. <Sono un inferno. Giuro.>
<Sei bellissima, però.>
Ringraziai.
Theo aveva le lacrime agli occhi, mentre Myriam sorrideva.
<Mi raccomando.> sussurrò Kalina al mio orecchio.
Come avevo previsto, ad attendermi c'erano gli abitanti del 12 mogi e silenziosi; sembrava che molti di loro avessero addirittura paura di me.
Non potevo biasimarli, anche io temevo me stessa più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Mi avvicinai al microfono, regolato perfettamente alla mia altezza, e mi immaginai, per soli pochi istanti, di trovarmi nei panni di Effie Trinket, l'accompagnatrice del Distretto 12.
<Ehm. . . Salve.>
Ancora nessuna reazione.
Mi girai verso Kalina, la quale mi indicò il foglio ben piegato che avevo tra le mani.
<Credevo fosse un antistress.> mi giustificai in direzione dei miei amici.
Aprii il foglio e sbuffai. Avrei dovuto leggere un discorso che non mi apparteneva.
Alzai lo sguardo e vidi le famiglie di Evelyn e dell'altro tributo che non avevo conosciuto posizionate su due piedistalli ben distinti e rialzati. Esattamente sotto le gigantesche foto dei loro figli.
Mi salì un nodo in gola nel vedere Evelyn così sorridente.
Poteva essere al mio posto.
<Sono Jessie. Jessie Electron. Sono sopravvissuta ai 60° Hunger Games.
Sono stata amica di Evelyn. Le volevo bene. Molto bene.>
L'anziana zia di cui mi aveva parlato Evelyn, aveva già le lacrime agli occhi.
Il fatto che io fossi lì, di fronte a lei, stava a significare che la sua dolce nipotina era rimasta uccisa durante i sanguinosi giochi di Capitol City.
<Entrambi hanno pagato il prezzo che ogni anno Capitol City fissa affinché si ricordino i Giorni Bui.> mi sfilai la collana con la vecchia spilla del tributo femminile del Distretto 12. <Questa me l'ha regalata Evelyn con la promessa che avrei vinto gli Hunger Games anche per lei. È il simbolo del vostro Distretto: una ghiandaia imitatrice. Dovreste essere orgogliosi di Evelyn e di tutti i ragazzi del 12 che rappresenteranno, nel bene o nel male, il vostro Distretto: perché verranno tempi migliori. Per voi e per tutti.>
Mi bloccai. Non seppi più come andare avanti.
Forse per l'emozione, per la paura, oppure perché non avevo affatto intenzione di seguire il discorso scritto da Kalina.
Il padre e la zia di Evelyn, a testa alta, posarono tre dita sulle labbra e alzarono il braccio.
Uno ad uno, tutti i cittadini del Distretto 12 replicarono il gesto e mi invitarono a fare lo stesso.
Un pacificatore sparò tre colpi a vuoto con il fucile e un altro mi trascinò per un polso fin dentro al Palazzo di Giustizia.
Poi altri due colpi.
I volti di Myriam e Theo erano scuri, mentre Kalina era terrorizzata; pochi minuti dopo, tremante, si avvicinò per dirmi che la visita al Giacimento era saltata a causa dei disordini.
Inizialmente protestai, prendendomela con il sindaco e con sua moglie; la signora Undersee, prima che prendessi il treno, volle scambiare due parole con me.
<Tieni con te la ghiandaia imitatrice, ma nascondila. A Capitol City potrebbero non prenderla bene.>
<A chi hanno sparato?> domandai.
La moglie del sindaco abbassò lo sguardo. E io capii tutto: i familiari di Evelyn, esattamente come la loro bambina, erano stati eliminati.

ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora