69ᵗʰ ʜᴜɴɢᴇʀ ɢᴀᴍᴇs 1/4

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Non potevo considerarmi al top della mia condizione mentale, ma non mi andava tanto di ricevere altre venti lettere da Finnick Odair dove mi pregava di rispondergli.
Per la prima volta dopo anni tornai sul palco del Palazzo di Giustizia per la mietitura.
Indossai la collanina che mi aveva regalato Finnick e mi diressi verso il centro del Distretto 5.
Ero in ritardo. Forse Kalina stava già facendo visionare il video sulla guerra e sull'importanza dei giochi ai miei concittadini.
Accelerai, ma, come avevo previsto, Kalina stava per estrarre i nomi dalle due bocce di vetro colme di bigliettini.
Mi feci largo tra la folla, accalcata ai lati della piazza, e salii sul palco, non curante delle telecamere che mi riprendevano.
<Credevo saresti rimasta a casa anche quest'anno.> bisbigliò Theo.
<Stavo facendo la muffa a furia di stare sul divano.> commentai, facendolo ridere.
<Complimenti per aver risposto a Finnick.> borbottò Myriam, che si era avvicinata nel mentre. <Lo sai che ci è rimasto davvero male?>
Annuii.
Afferrai il pendente e lo mostrai ai miei due colleghi.
<Allora l'hai tenuta.> disse Myriam sorpresa. <Finnick temeva che l'avessi buttata. Così come le lettere.>
Io scossi la testa.
<Le ho lette e conservate. Tutte.> confessai loro.
Chiacchierare con loro mi aveva fatto dimenticare che eravamo alla mietitura. E che Kalina aveva appena estratto il nome di Salma De La Cruz.
La ragazzina si fece avanti. Aveva dei lacrimoni che le solcavano il viso.
La signora De La Cruz piangeva e si lamentava.
Intravidi Lara tra la folla. I suoi occhi erano vuoti: non lasciava trasparire nessuna emozione.
Neppure quando avanzò tra le sue coetanee urlando.
Urlando che si offriva volontaria al posto di sua sorella.
Mi si fermò il cuore.
Theo e Myriam mi afferrarono per i fianchi per evitare che cascassi rovinosamente a terra.
Ma la cosa che mi sorprese fu che anche i ragazzi ebbero un volontario: il figlio della Norton.
Lara gli strinse la mano e insieme salutarono coloro che, anche quell'anno, l'avrebbero scampata.
<Vado io.> disse Myriam, alludendo al fatto che non sarei riuscita a sopportare la presenza di Lara agli Hunger Games.
<No. Non esiste che lascio Lara da sola.
Lei c'era quando soffrivo. E io ci sarò per lei.>
Mi feci largo tra i pacificatori e abbracciai Lara, visibilmente scossa da tutte quelle emozioni negative.
<Va tutto bene.> le sussurrai. <Tu tornerai a casa, Lara.
Te lo prometto.>
Myriam, prima che partissimo, mi domandò di nuovo se me la sentivo di andare a Capitol City, e io, nuovamente, asserii.
Lo dovevo a Lara.
Lo dovevo a Finnick.
Lo dovevo a me stessa.

Il viaggio verso la capitale fu silenzioso.
Kalina cercò qualche spunto di conversazione, ma senza risultati.
Per non lasciarla insoddisfatta, risposi alle sue domande.
In quegli anni erano successe moltissime cose a Capitol City durante gli Hunger Games. E io me le ero perse.
Da quanto tempo non vedevo Seneca? Anni.
"Nella buona e nella cattiva sorte."
Oh, no. . . Solamente nella buona.
La verità è che Snow aveva ragione. Io e Seneca non avremmo mai dovuto sposarci.
Restare amici, sì. Ma non sposarci.
Verso sera andai nello scompartimento di Lara ed entrai senza che lei mi desse il permesso.
La trovai seduta con il viso rivolto verso il paesaggio che mutava di secondo in secondo.
<Che cosa fai qui?> chiese atona.
<Sono qui per te.> risposi. <Mangi?>
Lei si girò e scosse la testa.
<Avanti, Lara.> la esortai. <Devi tornare a casa. Non esiste che io torni al 5 senza di te.>
<Fate tornare a casa Oliver. Per Amelia. Promettimelo, Jes: sarà lui a tornare a casa.> mi implorò.
Ma io non cedetti. La famiglia De La Cruz aveva fatto molto per me. E non avrei mai e poi mai lasciato che un'altra delle loro figlie finisse per non tornare a casa.
<I miei capirebbero.> sussurrò Lara, che riprese a mangiarsi le unghie dall'ansia.
<No.> ribattei. <E farebbero solo che bene a non comprendere.
Se hai fame smettila di distruggerti le unghie e vieni nel vagone ristorante.
E ti do cinque minuti.>
Dopodiché uscii dalla sua stanza e mi diressi da Theo e Kalina, che si erano già messi a tavola e stavano intrattenendo una conversazione non molto entusiasmante con Oliver.
Il ragazzo era decisamente troppo scosso per partecipare alla chiacchierata che, con la mia presenza, si sarebbe animata.
<Lara sta arrivando.> esordii io, prendendo posto a capotavola.
<Sicura?>
<Sì, Theo. Verrà.>
Infatti la biondina si fece vedere qualche istante più tardi e ordinò una gran quantità di cibo, che mangiò con calma e senza star male.
Ad un certo punto disse: <Chi sono quelli messi meglio?
Tra i tributi, intendo.>
<1, 2 e 4, di solito.> rispose Oliver, cercando di dimostrare di essere informato.
<Grazie al cazzo.> commentò Lara facendomi ridere. <Ma non è che solo loro hanno la fortuna di non essere denutriti.
Allora?>
<Ci sarebbe anche la ragazza dell'11.> dissi io facendo mente locale delle mietiture. <E anche quella del 7.>
<Strategie?>
Kalina sorrise.
<È bello vederti così entusiasta, Lara.
Anche se di entusiasmante c'è ben poco.>
La ragazza fece le spallucce.
<Voglio tornare a casa, okay? Mi sono ricordata che devo battere quella smorfiosa di Alya Toretto ai prossimi giochi della gioventù.>
Scoppiai a ridere: quella era la mia Lara De La Cruz.
<S-Se però torni tu a casa. . . I-Io non lo faccio.> borbottò Oliver.
<Dobbiamo dircelo chiaramente, Norton, il rischio c'è.
Ma sono sicura che Theodore e Jessie troveranno un metodo per salvarci le chiappe.>
Alzai il bicchiere e annuii.
<Farete tremare il culo ai capitolini.
A Lara e Oliver.>
<A Lara e Oliver.>

ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora