Era stato così difficile per Lara ritornare a casa e guardare negli occhi i Norton; la sorella di Oliver le aveva tolto il saluto definitivamente e questo la faceva soffrire molto.
Alla fine non partecipai al battesimo di Rose: senza Tigris o qualcuno che mi accompagnasse non ne valeva la pena.
Tornai a casa e mi misi in testa di aiutare Lara ospitandola in casa mia per qualche tempo.
La ragazza però non era d'accordo: voleva stare con la sua famiglia dato che aveva rischiato di perderla per sempre.
Ma ben presto gestire gli attacchi di ansia e di ira si rivelò troppo complicato per la famiglia de La Cruz, tanto che mi chiesero aiuto dopo l'ennesimo episodio violento in famiglia.<Forse era meglio se a tornare a casa fosse stato Oliver.> disse un giorno di pioggia Lara.
Appoggiai il giornale che stavo leggendo sul tavolino del salotto e mi permisi di dirle che non ero assolutamente d'accordo e che ero grata di averla con me.
<Lo dici solo perché sei mia amica.>
<Lo dico perché non mi sarei mai e poi mai perdonata se ti avessi persa in quella maledetta arena.>
<Seneca. . .>
<Non mi interessa.> la fermai. <Qualsiasi cosa si dica di lui, a me non importa.>
<Allora non ti interesserà sapere neppure che sta uscendo con un'altra donna.>
Rimasi per un attimo in silenzio: com'era possibile che Seneca si fosse già trovato un'altra compagna? Stavano assieme già da prima? Chi era costei?
<Seneca? Una donna?> dissi io ridendo forzatamente. <Ma ti pare?>
<Jessie, oramai è finita tra voi due.> disse Lara più seria sicuramente di me. <Perché tu non ti stai rifacendo una vita?>
Scossi la testa e mi rimisi a leggere le notizie sul giornale del Distretto.
<Solo perché non hai molta voglia di applicarti.> commentò Lara roteando gli occhi.
Lara aveva, nel profondo, un pizzico di ragione. Ma chi mai avrebbe voluto legarsi a me dopo le voci del matrimonio naufragato con Seneca?
Chi mai sarebbe stato così folle da mettersi contro i Crane?
<Sai chi mi ha chiamata l'altro giorno?>
Scossi la testa.
<Plutarch Heavensbee.>
Sgranai gli occhi: e perché mai Plutarch avrebbe dovuto dire qualcosa a Lara?! Non sapeva che per parlare con la ragazza avrebbe potuto chiedere anche a me di metterli in contatto? E poi cosa c'era di così importante tra i due che io non potessi sapere?
<Ah. . .> risposi cercando di fare la disinteressata. <E cosa voleva da te?>
<In realtà cercava te.> rispose Lara. <Ma tu non c'eri e io mi sono dimenticata di avvisarti. Parlare dei tuoi uomini, però, mi ha fatto venire in mente la chiamata.>
<Miei uomini. . .?> borbottai.
Lara però non rispose, uscì di casa e mi lasciò da sola seduta sul divano.
Mi diressi alla scrivania e composi il numero di Plutarch sul telefono.
Parlai per una trentina di minuti con Fulvia per poi sentirmi dire che Plutarch non era disponibile in quel momento, ma che le aveva fatto piacere scambiare due chiacchiere con me.Andai a letto per riposare, ma mi ritrovai a passare le ore fissando il soffitto e pensando.
Pensavo ad una serie cose: il mio matrimonio fallito, Lara, al Distretto 5, ai prossimi Hunger Games. A Plutarch.
Sì, perché alla fine, gira e rigira, la mia mente mi portava sempre a lui.
Chissà che cosa avesse voluto dirmi di così importante tanto da chiamarmi a casa.
Mi girai per guardare l'ora, ma neppure quando lessi che erano passate le due di pomeriggio decisi di alzarmi dal letto.
Volevo riposare, ma al tempo stesso temevo di fare qualche incubo che poi mi tenesse sveglia durante la notte; per quanto mi etichettassi come "sana", sapevo per certo di non stare affatto bene. Come potevo pretendere di aiutate Lara se alla fine, quella che aveva davvero bisogno di aiuto, ero io?
Tornai al piano di sotto e composi ancora il numero di Plutarch. Nulla.
Imprecai sbattendo la cornetta del telefono sul tavolo e uscii di casa.Ci stavamo avvicinando all'inizio del Tour della Vittoria. Lara doveva essersene completamente dimenticata, tanto che passava le giornate a dormire oppure a bere tè con me.
Camminai su e giù per il Villaggio dei Vincitori cercando di sgomberare la mente: al diavolo Plutarch e la sua agenda piena di impegni! Mi sarei fatta attendere se necessario.
Mi fermavo tra un passo e l'altro per guardare la diga del Distretto 5. Era presto: tutti gli operai dovevano essere ancora dentro a lavorare; perché la gente, a differenza mia, aveva da svolgere un mestiere serio.
Perché in fondo, fare il mentore, non era neppure da considerarsi lavoro. Era un abominio. E Haymitch aveva sempre avuto ragione a riguardo.
Rimasi per un altro istante a fissare la diga fino a ché non percepii una mano sulla spalla: d'istinto mi girai e afferrai il colletto al postino che voleva solamente porgermi una lettera.
<Scusi.> dissi rimettendogli a posto il bavero della camicia. <Grazie.>
Lui annuì e si allontanò, pian pianino, per rimontare in sella alla bicicletta che, a occhio, sembrava che i pezzi non si separassero per miracolo.
Il postino, un ragazzo gracile, si allontanò arrancando e pedalando storto.
<Ciao, Jess.> esordì Theo alle mie spalle. <Quello è il nuovo postino.>
<E tu come lo sai?> gli domandai: non pensavo che Theo conoscesse così tante cose sul Distretto.
<Ci ho parlato qualche giorno fa. . .> rispose lui. <È riuscito a scampare ai giochi e si è trovato un lavoro più che onesto.>
<Buon per lui. . .> commentai. <Mi ha dato questa.> aggiunsi mostrandogli la lettera.
<Pare sia indirizzata a Lara.> disse lui leggendo le scritte sulla busta. <Da Capitol City.>
Ci guardammo per mezzo secondo: non poteva essere quello che credevamo. Doveva esserci per forza una spiegazione plausibile.
<La bruciamo.> dissi d'istinto. <Possiamo sempre dire che non l'abbiamo ricevuta.>
<E ammazzeranno quel ragazzo.> ribatté Theo. <Perché ci metteranno due secondi per fargli saltare la testa.>
<Ma che cazzo hai in testa, Theo?!> gridai. <Figurati se perdono tempo dietro a un poveraccio.>
<Qua, signorina, siamo sorvegliati speciali.>
<Ah sì? E perché mai?>
<Perché si dia il caso che la testa di cazzo qui presente faccia casini anche quando va in bagno a lavarsi le mani!>
Restammo in silenzio per un buon minuto guardandoci negli occhi.
<Quindi sarebbe colpa mia se il postino morisse? Perché cerco di proteggere Lara?>
<Lui parlerà quando glielo chiederanno.> disse Theo dopo aver ritrovato la calma. <E quando farà il tuo nome, allora non ci penseranno ad ammazzarlo; per colpire te.>
<Continuo a non seguirti.>
<Mah, lascia stare. . .> borbottò lui facendo una smorfia. <Tanto quelli di Capitol non ti toccheranno neppure con un filo d'erba.>
<Secondo te fanno preferenze?> gli domandai ironica. <E io sarei una delle privilegiate?> aggiunsi scoppiando a ridergli in faccia.
<Sì, come se tuo zio non ti proteggesse. . .> sospirò Theo.
Quella frase mi fece ribollire il sangue nelle vene: non avevo certo implorato io di nascere nella famiglia di Snow. E se avessi potuto, avrei fatto di tutto per andarmene.
<Perché ovviamente io sono contenta, no?!> dissi incrociando le braccia al petto e tirando un calcio a un ciottolo. <Perché sì, Jessie è davvero lieta di avere parenti importanti!>
<A me pare di sì.>
<D'accordo, Theodore, se pensi che la mia vita sia semplice, allora puoi benissimo andare a farti fottere.> dissi acidamente.
Detestavo così tanto il fatto che Theo, talvolta, avevesse degli scatti d'ira in cui pensava di essere da solo contro il mondo e vedeva in me il suo nemico principale.
Si trattò solo di qualche secondo. Theo ed io ci ritrovammo sulla neve a bisiticciare. Ma il bisticcio si trasformò ben presto in qualcosa di ben più grosso e preoccupante.
<Ti stai comportando proprio da moccioso!> dissi strattonandolo.
<E tu?> disse lui ricambiando. <Pensi di essere migliore di me?>
<Tanto per cominciare non sono io la stupida che salta al collo delle persone per aver ragione!> ringhiai cercando di tirargli una testata per allontanarlo.
<Però ti piace continuare!>
Per un po' andammo avanti solo a colpi di parole. Il problema si instaurò quando passammo alle mani.
Quel giorno scoprii che Theo teneva sempre delle freccette in tasca. Così, per evenienza. Cercò di conficcarmele in gola, ma riuscii a scamparla per un pelo dato che, in ogni caso, riuscì a sfiorarmi la pelle.
Gli conficcai le unghie nella nuca, facendolo gemere dal dolore.
<Ma cosa diamine state facendo voi due?!> gridò Myriam tirando una ginocchiata nel ventre a Theo per scostarlo da me. <Dovreste solo vergognarvi. . .>
Quella ramanzina materna di Myriam era tutto ciò di cui non avevo affatto bisogno.
Mi premetti la manica del golfino contro la pelle graffiata dalla punta in metallo della freccetta di Theo; non usciva molto sangue, ma bruciava con la stessa intensità di una ferita più profonda.
<Ricomponetevi e seguitemi.>Myriam ci accolse in casa sua e ci offrì una tazza di tè con dei biscotti.
Elvis, non più un odioso bambino di sei anni, ci raggiunse e si sedette vicino a me, agguantando più biscotti possibili.
<Mamma, avrei bisogno di quei soldi di cui parlavamo ieri.> disse il ragazzo mentre si passava una mano tra i capelli.
Il suo pomo d'Adamo pronunciato, s'ingrossò durante la deglutizione.
<Quando mi dirai a che cosa ti servono, allora potrai averli.>
<Non capiresti. . .> borbottò lui alzandosi dal divano.
<Elvis. . .> provò a richiamarlo. <Elvis, torna indietro. . .>
Seguii il ragazzo mentre Myriam raccontava a Theo le ultime bravate del figlio adolescente.
<Ehi, latin lover. . .!> dissi lui per richiamare la sua attenzione. <Torna dentro e chiedi scusa a tua madre.>
Elvis ridacchiò e scosse la testa.
<È lei che te l'ha chiesto? Perché io ricordo che Jessie Electron non prende ordini da nessuno.>
<Senti, Lagdon.> dissi tirandolo verso di me per una ciocca di capelli. <Dammi un solo motivo valido per cui non dovrei darti tutte le sberle di 'sto mondo adesso.>
<Sono il tuo nipote preferito. . .> ridacchiò lui.
<Grazie al cazzo, sei l'unico.> commentai. <E fidati che basti e avanzi.>
<Ti preoccupi per me?>
<Non dovrei?>
Elvis abbassò lo sguardo mantenendo un sorrisetto beffardo tipico della sua età adolescenziale.
<A cosa ti servono quei soldi?> lo incalzai piazzandogli sotto al naso qualche banconota.
<Un tatuaggio e un orecchino.>
Ridacchiai.
<Fai sul serio?>
<Sì, perché?>
<Dai, è patetico. . .> dissi rimettendo i soldi in tasca. <Credevo fossero per la droga. Almeno lì sarei stata più propensa ad accompagnarti.>
<Non stai facendo sul serio, vero?>
Scossi la testa e gli misi i soldi in mano.
<Vedi di tornare a casa con un tatuaggio e un orecchino decenti. Non vorrei dover fare una figura di merda con tua madre.>
<Tu sei come le zie di Capitol City, vero? Quelle single, piene di soldi, che viziano i propri nipoti preferiti.>
Roteai gli occhi.
<È un modo carino per ringraziarmi?>
<Grazie, zia Jess.> disse lui baciandomi la guancia. <Prometto che sarà tutto meraviglioso.>Tornai dentro, dove Myriam e Theo mi aspettavano fissandomi con una certa insistenza. A dir poco inquietante.
<Glieli hai dati non è vero?> domandò lei assottigliando gli occhi.
<Pensavi che non lo avrei fatto?>
<Ecco perché Elvis ti ritiene la sua zia preferita a discapito di Theo.>
<Ehi!> ribatté il mio ex mentore. <Questo non è affatto giusto!>
<Hanno bloccato le comunicazioni per Capitol City.> disse Myriam concluso l'argomento "Elvis". <Qui c'è qualcosa sotto. . .>
<Plutarch ha provato a chiamarmi nei giorni scorsi.> dissi io, stando attenta a non sembrare fin troppo "privilegiata" agli occhi di Theo e Myriam. <E oggi ho cercato di contattarlo, ma una volta mi ha risposto Fulvia, l'altra nessuno.>
<Spiegherebbe molte cose. . .> disse Theo.
<Cosa?> domandai io. Ancora all'oscuro di qualche meccanismo capitolino.
<Quando ricevi una lettera di quel tipo da Capitol City, fanno di tutto per essere irreperibili finché non ricevono una risposta.>
<Che cosa si aspettano di ricevere?>
<Un "sì" ovviamente. Come ha fatto Finnick.>
<I De La Cruz non lo permetteranno mai.> dissi io battendo le mani sulle ginocchia. <Caso chiuso!>
<Li ammazzeranno senza battere ciglio. E non c'è parentela che tenga, Jessie.>
<Che parentela?> chiese Myriam.
<Ma secondo te permetteranno alla figlia di fare una cosa del genere?>
<Che parentela?>
<E non sarà contraria Lara?>
<Che parentela?>
<Piuttosto si fanno torturare e poi uccidere pur di dare una vita decente a Lara!>
<Che parentela?!> gridò infine Myriam balzando dal divano. <Che. Parentela?!>
<Questo non è importante, ora!> ribattemmo all'unisono Theo ed io.
<Ma secondo te, io, lascerò che quella ragazza si prostituisca per volere di quello stronzo di mio zio?>
Sentivo le guance rosse dalla rabbia e gli occhi dei presenti puntati su di me.
<E chi mai dovrebbe fare una stronzata del genere?>
<L-Lara. . .>***
Salve a tutti! Finalmente ho pubblicato dopo un'eternità. . . Che vergogna.
Spero che sia comunque un buon capitolo e che vi piaccia💕
Al prossimo,
Giorgia
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ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5
FanficCaesar mi sorrise, mostrando tutti i suoi bellissimi, e fintissimi, denti bianchi come il marmo, e, al posto di rincuorarmi, mi chiese se avevo qualcuno da cui tornare finiti gli Hunger Games. Udendo quella domanda mi misi a ridere: chi mai avrebbe...