Pochi minuti dopo venne a prelevarmi un hovercraft, dove mi fecero fare una doccia, mi medicarono la ferita più grave che mi ero procurata durante i giochi e cambiai i vestiti.
Tenni solo la spilla che mi aveva regalato Evelyn. Non l'avrei mai e poi mai gettata via.
Alcuni senza-voce controllarono che la ferita alla mano si fosse rimarginata e non fosse infetta.
Per errore aggredii una di loro, facendola balzare all'indietro.
Non tornò più ad occuparsi di me dopo quell'episodio.
L'hovercraft atterrò nei pressi del Centro Immagine, dove il mio team di preparatori mi stava attendendo per rendermi nuovamente presentabile a Panem.
Saltarono dalla gioia quando mi videro arrivare. Anche Eda era lieta di constatare con i suoi occhi che stavo, relativamente, bene.
Aveva preparato un completino semplice per l'occasione.
Anche il trucco non era nulla di eclatante, ma non m'importava: volevo solo rivedere i miei amici e tornare a casa.
Mi fecero salire su un'automobile e mi portarono agli studi televisivi, dove mi attendevano Theo e Kalina.
Eda mi disse che Myriam era dovuta tornata a casa a causa di un contrattempo.
Theo si fece largo tra la folla di paparazzi e mi abbracciò.
<Scusami. Scusami per non averti impedito di offrirti volontaria.
Non meritavi tutti questo.>
<Sono qui, Theo. Non ne parliamo più...>
Kalina mi baciò le guance e cominciò a blaterare come una macchinetta;
del suo discorso riuscii a capire qualcosina: i mentori degli altri Distretti non si erano stupiti affatto della mia furbizia, ma questo lo sapevo già, e della mia crudeltà.
Io non l'avrei mai chiamata crudeltà.
Forse avrei preferito non chiamarla proprio; anno dopo anno avrei detto a me stessa che quella era semplice vendetta.
Caesar Flickerman mi aspettava seduto su una poltrona bianca che mi sembrava molto comoda; solo in seguito capii che mi erano mancati talmente tanto i comfort della civiltà, che persino una panca mi sarebbe andata bene.
<Signori e signore, ecco a voi la vincitrice dei 60° Hunger Games!>
Salii sul palco tra gli applausi del pubblico.
Avevo ucciso dei ragazzini.
Non capivo come potessero essere tanto idioti dal non vedere l'atrocità di quel reality.
Caesar mi baciò il dorso della mano e mi fece accomodare sulla poltroncina posta alla sua sinistra.
I giochi di luci erano capaci solo di farmi venire il mal di testa; come potevano pretendere che mi riuscissi a concentrare con tutta quella confusione di colori?
Caesar parlava e parlava e parlava... a stento riuscii a seguirlo.
Captai, per fortuna, la domanda clue dell'intervista.
<Allora, Jessie. Come ci si sente ad aver vinto gli Hunger Games, andando contro tutti i pronostici?>
<S-Sto... bene... credo.>
Deglutii: non era quella la risposta che il pubblico si aspettava da me.
Vedendo che non ero molto collaborativa, Caesar mi chiese poche altre cose.
<Cosa diresti ai tributi che l'anno prossimo dovranno affrontare i giochi?>
Mi girai verso le telecamere e scossi il capo:<Non offritevi volontari per nulla al mondo.>
Tutti i presenti risero nonostante la mia non fosse una battuta, il ché non mi fece molto piacere.
<E ora rivediamo gli highlights dei giochi di Jessie Electron.>All'uscita dagli studi televisivi, Theo e Kalina mi attendevano per portarmi, nuovamente, al Centro Immagine.
<Perché?>
Kalina rispose che era stato organizzato in party in mio onore, dove erano invitati tutti gli staff dei vari Distretti.
<Cerca di divertirti...> mi raccomandò Kalina, allungando la i finale.
<Oppure spacca la testa a qualcuno.> mi consigliò Theo.
<Dov'è Seneca?> ringhiai.
Forse non ero neanche in me. Non ricordo.
So solo, me lo raccontarono, che mi iniettarono un sonnifero per prepararmi.
Quando mi risvegliai ero distesa su un lettino del Centro Immagine, con Theo seduto poco distante.
<Ben svegliata, principessa.> mi salutò lui.
Mi stropicciai gli occhi e, con una voce roca, domandai:<Che cazzo di ore sono? E dov'è 'sto party di merda?>
<Saranno circa le sette. E la festa inizia alle otto e mezza.>
<Che cosa vi costava farmi preparare per le otto?>
Theo sorrise alzò le spalle: colpa sua non era di certo.
<Kalina...> sospirai.
<Esatto.
Seneca ha chiamato: ti aspetta alla festa.>
Tirai un sospiro di sollievo e richiusi gli occhi: il suo volto mi comparve.
<Ha detto che non vede l'ora di rivederti.>
Anche io lo volevo rivedere: erano passate quasi due settimane;
chissà come aveva preso la mia versione pazza omicida durante i giochi.
<Kalina è andata al Centro di Addestramento. Ci aspetta là.>
<Non ci voglio andare.> dissi, come se avesse potuto migliormi la situazione, già disastrosa di suo.
<Oh andiamo, Jessie.
Potrai mangiare qualcosa di più buono prima della festa...>
Theo cercava di convincermi, ma non c'era verso: io in quel posto non ci volevo tornare.
<Non mi interessa.>
<Tieni,> mi passò la spilla di Evelyn. <ti era scivolata di mano mentre stavi aggredendo i tuoi preparatori al Centro Immagine.>
<Grazie.>
Perdere quella spilla, per me, sarebbe stato un dramma: era la cosa più vicina ai giochi che avevo.
E ogni volta che la guardavo, la mia mente mi riportava a Evelyn.
Lei era stata più che un'alleata: lei era stata mia amica.
Non avevo mai avuto degli amici quando ero piccola; tutti mi evitavano perché non facevo mai il tifo per i nostri tributi e perché non partecipavo mai alle raccolte fondi per tenerli in vita.
Poi non piacevo a nessuno perché ero troppo tranquilla. Non mi fermavo mai a giocare con i bambini dopo la scuola, non andavo alle feste del raccolto e non mi facevo mai portare dalla nonna ai giochi della gioventù.
Dei pre-Hunger Games, insomma.
Mi applicai la spilla verso l'interno del corpetto e mi sedetti sul letto.
<E ora. Che ore sono?>
Theo sghignazzò e mi rispose che era ora di andare al Centro per riprendere Kalina.
<Ti ho detto che in quel posto non ci torno fino all'anno prossimo.>
<Oh no... ti sei dimenticata del Tour della Vittoria.>
<Scherzi? C'è pure una stronzata simile?>
<Già.>
Theo cercava di vedere del buono in quella situazione, anche perché lui, prima di me, aveva ricevuto lo stesso trattamento.
Mi rialzai a fatica e lo esortai a portarmi al Centro di Addestramento, a patto che non dovessi entrarci.
Lui acconsentì e mi fece accomodare sul sedile di una lussuosissima macchina.
<Kalina è così contenta...>
<Immagino.>
<Davvero.
Dopo che ha visto Francis, credeva che tu potessi avere un cedimento nervoso.
E che ti facessi ammazzare.> mi spiegò lui.
<Avevo dei buoni motivi per sopravvivere.
Hai pianto?>
Lui annuì. <Anche Myriam lo ha fatto.>
<Che sensibili.>
<Jessie, ti prego. Ci siamo passati anche noi.
Ho intravisto che hai avuto un incubo.>
<Solo uno?> domandò. <Credevo di averne già avuti due o tre.>
<Sarà dura, ma ce la faremo. Okay?>
Annuii.
Theo mi tese la mano e gliela strinsi.
<Negli altri Distretti mi odieranno?
Perché io non so se potrei riuscire a sopportare anche delle maldicenze.> gli confessai.
Il mio ex-mentore mi avvolse le spalle con un braccio.
<Non preoccuparti, andrà tutto bene.>
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ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5
FanfictionCaesar mi sorrise, mostrando tutti i suoi bellissimi, e fintissimi, denti bianchi come il marmo, e, al posto di rincuorarmi, mi chiese se avevo qualcuno da cui tornare finiti gli Hunger Games. Udendo quella domanda mi misi a ridere: chi mai avrebbe...