"Tu sei davvero nipote di Snow?"
La domanda che più mi veniva posta ovunque andassi. Mi sfogavo solamente con Theo, ma non poteva essere abbastanza.
La notizia era finita su tutti i giornali e notiziari: l'unico a beneficiarne era Snow. Non faceva altro che vantarsi delle mie vittorie e della mia discendenza.
Mi chiedevo come Lara fosse riuscita a venire a conoscenza di un segreto così ben custodito.Dopo l'assassinio della sua famiglia, che avevamo tutti previsto, Lara si era chiusa in casa e rispondeva solamente a Diana.
Una mattina decisi di coglierla di sorpresa: le avevo rovinato la vita e lei non ci era andata affatto leggera. Era la resa dei conti.
Bussai tre volte, ricevendo un "Diana, dai, arrivo. . ."
Quando sentii il click della maniglia, spinsi all'interno la porta, mandando Lara dritta contro il muro.
<Ma che. . . Tu?>
Prima di riuscire a rispondere, ricevetti un sonoro schiaffo sulla guancia che per poco non mi fece cadere a terra.
<Sì, okay. . . Questa è più che meritata.> commentai toccandomi la guancia, gonfia e calda.
<Che cosa vuoi?> chiese Lara con la voce già profondamente rauca.
<Ciao, Lara. . .> cominciai io col dire mentre mi rialzato da terra togliendo la polvere dai vestiti. <Sì, Jessie sta benissimo. Davvero, divinamente. Spero che lo stesso valga per te.> continuai.
<Mi hai rovinato la vita.> urlò la ragazza con le lacrime agli occhi. <Tu e il tuo cazzo di ego. Non sei il fottuto Dio!>
<Ah, perché io ora me la sto spassando alla grande, guarda!> le feci notare, sbattendo il pugno sul muro. <Anzi, quasi ti ringrazio per aver detto a tutti quanti della mia famiglia!>
<Dev'essere proprio di famiglia comportarsi da strafottenti!>
<Siete voi la mia famiglia!> tuonai.
Lara rimase in silenzio. Abbassò lo sguardo e si lasciò andare in un pianto liberatorio. Che probabilmente non doveva essere né il primo, né l'ultimo della giornata.
<Ti ho portato le pillole.> dissi poi, porgendole una scatolina piena di pastiglie. Lei si avvicinò per prenderle, ma io indietreggiai. <A cosa ti servono?> chiesi.
Una mezza idea ce l'avevo, ma volevo saperne di più dalla diretta interessata per evitare di trarre conclusioni affrettate.
<Sai,> e come potevo se Lara non si degnava di parlarmi? <da quando i pacificatori hanno dato fuoco a casa mia con dentro i miei familiari, che per la cronaca sono stati anche torturati, mi riesce difficile prendere sonno.>
Immaginavo la risposta: ora ne avevo la conferma.
<I tuoi non te l'avrebbero permesso.>
<Togliti dalla tua cazzo di bocca i miei genitori!> gridò ancora lei. <Ma tu cosa vuoi saperne visto che non li hai mai avuti?!>
Scattai come una molla: lanciai la scatolina per terra (per l'impatto le pastiglie si riversarono sul pavimento) e ricambiai lo schiaffo. Molto più forte di quello che avevo ricevuto.
Un rivolo di sangue "tagliò" la guancia di Lara, dividendola perfettamente a metà.
<I miei sono tanto martiri quanto i tuoi.>
<S-Scusami. . .> mormorò Lara, mentre soffocava un lamento di dolore.
<Appurato che le nostre famiglie restano fuori dai discorsi,> ripresi io con più calma. Non prima di aver passato un fazzoletto a Lara per ripulirsi il viso. <c'è qualcosa che vorresti dirmi?>
<Tu?>
Tirai fuori una sigaretta, feci le spallucce e l'accesi.
<Da quanto hai ricominciato?> chiese Lara preoccupata.
<Da quando tutta Panem sa di Snow.>
<I-Io non credevo che. . .>
<No, non credere.> dissi sarcastica. <Perché nessuno di voi crede mai che la mia vita sia difficile già così.>
<Volevo restasse tra di noi.> disse Lara mortificata.
<Potevi dirmelo al Distretto. A casa. Ovunque.> ribattei. <Ma no, tu hai scelto Capitol City: il cuore di Panem. Ma come cazzo ragioni, Lara De La Cruz?! D'improvviso ti sei bevuta il cervello?!>
<Ero arrabbiata!> provò a giustificarsi l'ultima vincitrice, con scarsi risultati. <E come esempio ho avuto te!>
<Io sono un pessimo esempio!> esclamai a mia volta. <Ti ci voleva rovinarmi la vita e tutte le mie amicizie per capirlo?!>
Era da tempo che volevo dirglielo: non solo ero costantemente in ogni quotidiano, magazine e in televisione. Ma con molta probabilità mi ero giocata la carta della fiducia con tutti i miei amici mentori. E se già mi odiavano al Distretto, sarebbe stato praticamente impossibile che con quella notizia fossi ritornata una beniamina.
<Jessie. . .> disse Lara. Aveva la voce strozzata dal pianto e faticava persino a pronunciare le parole. <Jessie, io sono orfana. Sono senza fratelli. Jessie, io sono sola per colpa tua.>
<Tu non sei sola. Delle persone che ti vogliono bene le hai.> dissi.
Lanciai il mozzicone sul pavimento e lo spensi con il piede.
<Mi vuoi talmente bene da esserti dimenticata di dirmi che se non avessi accettato la proposta di Capitol City, allora i pacificatori mi avrebbero punita.>
<Scusami,> dissi. <se volevo farti rifiutare la proposta, visto che consisteva, e continua a consistere, nella prostituzione!>
<Meglio puttana che orfana.>
<Bada a come parli!> urlai inchiodandola al muro. <Non sai neppure di cosa parli.>
<Dovevi lasciarmelo fare!>
<Allora la prossima volta ti permetterò di gettare la tua vita, che fa già cagare, al vento! Lascerò che Dorotea Flickerman ti risucchi anche la dignità. Lascerò che uomini e donne si approfittino di te.>
Lara era immobile, ancora al muro. Non riusciva più a parlare. Per la vergogna, o forse perché aveva finito gli argomenti e sapeva che non sarebbe riuscita ad attaccarmi su altri fronti.
<Ero anche arrabbiata perché te ne stavi con Plutarch, mentre al party mi facevano domande indiscrete. Poi Snow mi ha detto quella cosa di voi due. . .
Io non ho riflettuto.>
<Voleva farmela pagare e c'è riuscito.> sentenziai. <Ascoltami, Lara: io non posso rimediare al madornale errore che ho commesso. Ti chiedo perdono.
È vero: sono una cazzo di egoista con un ego che supera quello di mio zio. Ma le cose che ho fatto per te, ho provato a ragionarle prima. Una delle due doveva essere sana di mente. E io, purtroppo, non lo sono più da anni.>
Per la prima volta in tutta la mia vita avevo ammesso davanti a qualcuno che non stavo bene. Che la mia testa non funzionava più. Forse avevo sbagliato il termini, il modo; però Lara doveva capire, non doveva scrivere un trattato di medicina sulla mia salute mentale. I termini ricercati andavano sfoggiati in altre occasioni.
<Jessie, io non lo sapevo. . .> disse lei. <Non sapevo che tu volessi proteggermi da un trauma che non sarei stata in grado di sopportare.>
<Io so che perdere delle persone a noi care, in circostanze del genere, è una cosa spiacevole. Che ti destabilizza.>
Lei provò a interrompermi, ma io la bloccai nuovamente riprendendo il discorso: <Ma so per certo che diventare schiavi sessuali, quindi degli oggetti, sarebbe stato peggio.>
<È questo ciò che succede a Finnick?> mi domandò la ragazza, pulendosi il viso.
<A Cashmere, a Gloss. . .> aggiunsi incrociando le braccia al petto. <Per piacere, non farmi continuare.>
<Allora forse posso perdonarti a metà per aver scelto per me.> ridacchiò Lara. Aveva un sorriso amaro, ma per essere la prima volta dopo mesi che non mi rivolgeva la parola, mi accontentai. <Parlami di Plutarch, invece. Non è male come post Seneca; anzi, forse è persino meglio.>
Stavolta fui io a ridere.
<Sì, ecco. . . Non è successo nulla.> mi affrettai a giustificarmi. <Meglio di Seneca lo è, però non voglio farmi illusioni.>
<Sì, non è successo nulla. . .> mi canzonò Lara. <Ci mancava solo che la tua lingua gli finisse in pancia. E per piacere. . .>
Scoppiammo a ridere di gusto senza fermarci un attimo; Lara si sedette sul divano, con le mani sulla pancia, che le faceva male a furia di ridere.
<Ma non è vero!> cercai di mentire io, ricordando che effettivamente il bacio non era stato così casto.
<No, giuro: una laringoscopia.> rise con più forza Lara piegandosi in quattro.
<Devi imparare a farti gli affari tuoi.>
<Possiamo ricominciare da capo?> chiese Lara allungando la mano. <Ti prego, mi manchi così tanto.>
<Certo, Lara. . .> acconsentii io stringendogliela. <Mi dispiace tanto per come sono andate le cose. Spero che tu prima o poi possa perdonarmi.>
<E che tu possa fare lo stesso.>
Ci stringemmo in un abbraccio: quello era il segnale che entrambe stavamo aspettando. Ci eravamo perdonate senza dircelo.
<Mi sa che quest'anno ti toccherà Theo.> borbottai ripensando al fatto che Lara, da vincitrice, avrebbe dovuto affrontare il suo primo anno da mentore.
Mi tornarono in mente i ricordi, più o meno reali, della mia prima volta da mentore.
<Hai qualche consiglio da darmi?>
<Ricordati chi è il vero nemico.>
<Solo?>
<Vince solo uno.>
Lara annuì.
<Hai da dirmi solo cose ovvie? Oppure vuoi darmi delle nozioni utili?>
<Theo è il più bravo.> risposi, allontanando da me qualsiasi responsabilità.
<Jessie.>
<Sì.>
<Ti voglio bene.>
<Te ne voglio anch'io.>
<Anche se sei nipote di Snow.>***
Buonasera!
Oramai i capitoli di questa sera solo per notturni.
Corto, ma intenso.
Al prossimo,
Giorgia
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ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5
FanfictionCaesar mi sorrise, mostrando tutti i suoi bellissimi, e fintissimi, denti bianchi come il marmo, e, al posto di rincuorarmi, mi chiese se avevo qualcuno da cui tornare finiti gli Hunger Games. Udendo quella domanda mi misi a ridere: chi mai avrebbe...