ᴘᴀɴᴇ, sɪɢᴀʀᴇᴛᴛᴇ ᴇ sᴀɴɢᴜᴇ

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L'indomani mi preoccupai affinché i soldi che avevo guadagnato, grazie al mio lavoro alla capitale, venissero distribuiti alle famiglie più povere del Distretto.
Durante la mattinata, Theo era passato con sua sorella a darmi qualche pezzo di carne che era avanzato loro e quella pigna del figlio di Myriam era scivolato di fronte al piazzale del Villaggio dei Vincitori, sbucciandosi un ginocchio; aveva pianto come una fontana finché non me lo caricai in spalla e lo riportai da sua madre.
Myriam viveva da sola con suo figlio, il suo ex fidanzato aveva accettato un lavoro a Capitol City e voleva assolutamente avere un figlio con la vincitrice prima di partire; l'infame poi si era stufato di Myriam (non potei biasimarlo) e l'abbandonò per un'indossatrice di costumi da bagno capitolina.
Questo, però, non glielo perdonai mai. E in più, per quanto la donna mi avesse sempre dato fastidio, mi dispiacque molto vederla star male per quello stronzo.
Così, talvolta, mi ritrovavo con Elvis, la piccola peste, che gironzolava per casa mia, o che cadeva come una pera persino dal marciapiede.
Theo, invece, viveva con suo padre e sua sorella; suo padre era un bravissimo farmacista, mentre sua sorella, Diana, era un'insegnante della scuola locale.
Alcune volte anche loro aiutavano Myriam e me, entrambe sull'orlo di una crisi di nervi in più occasioni.
<Allora, Elvis? Secondo te dovrei mandare un messaggio a quel capitolino?>
Il bambino, di appena sei anni, scosse il capo.
<Perché no?>
<Perché a Capitol City sono tutti cattivi!>
Il figlio di Myriam non aveva tutti i torti: Capitol City, con la scusa di mantenere la pace, spezzava ogni anno delle vite di poveri innocenti, facendo loro patire le pene dell'inferno all'interno dell'Arena dei giochi.
<Bene, allora non gli manderò nulla.> dissi io per rassicurarlo; anche se avevo già scritto una lettera di ulteriori ringraziamenti per la paga ricevuta e per la gentilezza che Seneca e sua sorella avevano riservato alla sottoscritta.
Lasciai Elvis a sua madre verso mezzogiorno e mi diressi immediatamente all'ufficio postale del Distretto 5.
Non era un granché come edificio: era tutto grigio con l'insegna di colore giallo acceso tutta arrugginita a causa della pioggia e del tempo.
Non appena varcai la soglia, l'odore pestinenziale di carta e alcol invase le mie narici e mi fece rabbrividire; non andavo spesso alle poste, anzi, ci andavo solo quando dovevo cambiare delle lampadine o quando c'era un black-out.
E in quell'occasione capii quanto ero fortunata a non lavorare in quel postaccio: la ragazza alla postazione non doveva avere più di vent'anni, ma sembrava averne almeno quindici in più. Aveva tutti i capelli annodati e delle occhiaie scure quasi quanto i capelli di Theo.
<Buongiorno.> le dissi per educazione.
Lei mi squadrò e con un tono molto acido e maleducato mi disse:<Non mi pare che ci sia qualche problema da sistemare.>
Io sorrisi sarcastica e chiusi gli occhi.
<Sono qui per spedire una lettera.> borbottai, sbattendo la lettera sul bancone e prendendo una sigaretta <A meno che non le dispiaccia...>
L'impiegata arricciò il naso e mi ammonì:<Non può fumare in posta!>
<Aspetti che lo trovo, eh...>
<Cosa?>
<Il gran cazzo che me ne frega, signorina!
Le pare che il problema sia la puzza della sigaretta? Il vero problema è l'alcol che contrabbandate con gli altri Distretti.>
La ragazza si ammutolì e appoggiò la lettera assieme a quelle destinate alla capitale, che erano la maggior parte.

Raccontai l'accaduto a Theo e Diana durante il pranzo, che si erano gentilmente offerti di prepararmi.
<Non so se è peggio accusare di contrabbando la signorina Vyne oppure aver scritto una lettera al giovane Crane.
Visto che ieri non sembrava interessarti.> commentò Theo, condendo l'insalata con un po' di sale.
<Davvero metti il sale dentro l'insalata?> gli chiesi, ignorando il suo pensiero.
<Sì. È sempre meglio che scrivere ai capitolini!
Sbaglio o sei tu a dire che Capitol City e Snow sono il marciume di Panem?>
Abbassai lo sguardo e cercai un'alleata in Diana, che fece le spallucce e preferì non esprimersi.
<E non cambio idea a riguardo; Coriolanus non ha un cuore e i capitolini sono solo delle sue marionette. Tuttavia...>
Theo inarcò un sopracciglio e ripeté:<... tuttavia?>
<Tuttavia penso che ringraziare di nuovo la famiglia Crane non sia un male.>
Diana sorrise e confessò:<Molti dei bambini oggi a scuola raccontavano di aver trovato un cesto pieno di pane di fronte alla porta di casa.>
<Vedi Theo, con quei soldi ho fatto una buona azione!>
Lui non rispose, si limitò solamente ad incurvare le labbra verso l'alto.
<Il Distretto 12 cambierà accompagnatrice l'anno prossimo.> disse Theo; come se interessasse a qualcuno questo genere di cose.
<Perché mai?> domandò Diana.
<Si è ritirata: troppi morti sulla coscienza.> rispose suo fratello, aggiungendo che lui poteva tranquillamente capirla e che, però, lo stupiva vedere una capitolina così emotiva.
Parlare di Hunger Games mi dava spesso e volentieri fastidio, anche se altre volte volevo sfruttare l'occasione dei giochi per offrirmi volontaria e provare la stessa paura che ogni anno corrodeva gli stati d'animo dei vari tributi.
E magari mi avrebbero fatta fuori: mi sarebbe proprio piaciuto vedere chi avrebbe pianto vedendo il mio cadavere.
<Sicuro che non si sia licenziata a causa del loro unico campione rimasto in vita?> chiese Diana.
<Haymitch non è una cattiva persona; magari è un po' difficile trattare con lui, ma è un tipo okay.>
<Ma se è ubriaco marcio ogni anno!> esclamò la sorella di Theo, attirando l'attenzione della sottoscritta.
Mi accesi una sigaretta e fumai mentre i due discutevano di Haymitch Abertnathy, vincitore e unico mentore del Distretto 12.
Di lui sapevo solo che era riuscito a sopravvivere e che non era riuscito a riprendersi dalla brutta esperienza dei giochi.
Del Distretto, invece, sapevo ben poco: era il distretto che si occupava dell'estrazione del carbone e che la maggior parte di chi ci abitava viveva in condizioni disastrose.
Mi avevano chiamata anni addietro per installare delle nuove luci per il municipio, ma ero solo una piccola, e un po' stupida, ragazzina che già aveva il vizio del fumo.

ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora