69ᵗʰ ʜᴜɴɢᴇʀ ɢᴀᴍᴇs 4/4

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<Posso entrare?>
Aprii gli occhi e intravidi Lara con un piede già dentro alla mia camera.
<Certo, Lara. Vieni, vieni.> la invitai facendole posto nel letto. <Non riesci a dormire?>
<Sono le sei. . .> disse lei sedendosi al mio fianco. <Tra quattro ore sarò nell'Arena. Non pensi anche tu che sia ora di andare a fare colazione?>
Strizzai gli occhi per non far scendere le lacrime: non potevo credere che la mia protetta stesse per andare a competere in quei giochi disumani.
E se non fosse stata lei, si sarebbe trattato di sua sorella Salma.
<Ricordi le regole?>
Lei annuì.
<Rimbombano nella mia testa come un disco rotto. . .> mi rassicurò la ragazza. <Non potrò mai ringraziarti abbastanza.>
<Per cosa? Per giocare con la tua vita?> le domandai accarezzandole la fronte.
<Non ha importanza, Jes. Io sono contenta che tu sia stata la mia mentore. E comunque tornerò a casa.>
Sorrisi all'udire quella frase.
<Forza, Lara.> la incitai. <Andiamo a fare colazione. E vediamo di prepararci come si deve.>

La accompagnai all'hangar, dove si erano già riuniti alcuni tributi con i rispettivi mentori.
Mancava, come al solito, Haymitch. Al suo posto c'era Effie, che dava le ultime indicazioni ai due ragazzi.
Mi fece un cenno con la testa, che ricambiai in fretta per poi mettermi a guardare gli altri presenti.
Appoggiai le mani sulle spalle di Lara e le sussurrai all'orecchio: <Ricordati: non preoccuparti per quello che ha detto ieri Oliver durante le interviste.>
<Non posso assicurarti che non lo ucciderò durante il bagno di sangue.> disse immediatamente lei.
<Non assaltarla: sai che non puoi fidarti di nessuno.>
Lara inclinò la testa all'indietro per incontrare il mio sguardo.
<No, Jes, io ci andrò.> ringhiò. <E anche Oliver ci andrà. L'ho sentito mentre parlava con i due ragazzi del 7 qualche giorno fa.>
<Vedi di non farti ammazzare, allora.>
Una schiera di pacificatori si piazzò ai nostri lati e pretese che i ragazzi si mettessero i fila indiana per ordine di Distretto.
Guardai Lara andarsene, seguita da Oliver, l'ultimo arrivato.
<Mi sa tanto che il caro Oliver compirà delle pazzie per amore. . .> borbottò Theo alle mie spalle.
<Grande amore quello di spifferare un segreto in diretta nazionale.>
Theo avanzò fino a mettersi alla mia destra.
<Non so perché l'abbia fatto, onestamente. Però il consenso nei suoi confronti è aumentato.>
<Si ammazzeranno tra loro, Theo.> dissi guardando l'hovecraft alzarsi da terra.
<Solo uno sopravvive, Jessie. Solo uno.>

Me ne tornai al Centro di Addestramento da sola. Non volevo vedere nessuno, tantomeno conversare.
<Jessie. . .>
Chiusi gli occhi e inspirai: la mia volontà di restare da sola era improvvisamente svanita.
Per colpa di Seneca.
E perché diamine Seneca voleva parlarmi dopo anni che non si faceva sentire se non tramite lettere?
Poche per giunta.
Cercò di individuare l'anello, ma rimase deluso quando vide le mie dita completamente spoglie.
<Dovrei parlarti con urgenza. In privato.>
Annuii.
<È una cosa carina da parte tua, davvero.> dissi. <Purtroppo, però, ho la vita di Lara da salvare. Questioni di priorità.>
<Jessie, ti prego.> mi implorò lui. <È una questione delicata. Io non posso andare avanti così.>
<Ed è colpa mia per caso?> domandai inarcando un sopracciglio. <È colpa mia, no, se sei sparito per anni?>
<Jessie, ho sbagliato.>
<Ci puoi giurare, Crane.>
<Ma non posso più farti soffrire.>
<Un po' troppo tardi, non credi?>
Oramai quella conversazione era diventata un botta e risposta tra me e lui; ma quando disse "Mi manca solo la tua firma", per poco non mi venne un colpo al cuore.
Mi ammutolii all'istante. Dopodiché gli domandai di ripetere la frase.
<Ho le carte pronte.>
<Per cosa esattamente?>
<Pratica di separazione.>
Squadrai dalla testa ai piedi Seneca, anche in quell'occasione vestito di tutto punto, e scoppiai a ridere.
<Certo, Seneca, passamele pure. . .
Perché hai aspettato così tanto?>
<Non stavi bene; e non mi andava di sfruttare il tuo malessere in questo modo. Ho preferito attendere che ti fossi rimessa in sesto.>
Roteai gli occhi.
<Benissimo. Aspetterò le carte allora.>
Dato che è già stato tutto deciso.
<Non sei tu. Sono io.>
<'Sta frase del cazzo ficcatela su per il culo, Seneca.>
Cercò di afferrarmi il braccio, ma riuscii a scansarlo prima che ricominciasse con il suo discorso: ne avevo sentite abbastanza per quel giorno.
Cambiai la mia destinazione: tutte quelle emozioni meritavano di essere soffocate in un alcolico al più presto. E il bar era il posto migliore per farlo.
<Non ti permetterò di bere.>
La voce di Finnick mi penetrò i timpani.
<Ah, sì, Odair?> lo sfidai. <E sarai proprio tu a fermarmi? Be', buona fortuna.>
<Lara ha bisogno di te.>
Strabuzzai gli occhi per la frase e per l'alcool che mi stava bruciando la gola.
<Se tu ti ubriachi, lei finirà per non avere nessuno su cui contare. . .>
<Perché mi stai aiutando, Finnick?> gli domandai. <Siamo avversari. . . Tu potresti tranquillamente farti gli affari tuoi e andare per la tua strada.>
<Non c'è nessun "me contro te" tra noi due, Jes.> disse lui stringendomi la mano. <Siamo amici. E gli amici si aiutano sempre.>
Sorrisi.
<Grazie, Finn. Davvero.>
Posai il bicchierino e mi alzai dalla sedia.
<Mi passi una penna per favore.> dissi al ragazzo dietro al bancone, il quale annuì e me ne porse una.
Diedi una veloce lettura ai fogli e dopodiché firmai.
<Sei sicura di volerlo fare davvero?> chiese Finnick allungando gli occhi verso il plicco di carta davanti a me.
<Non avrò dei ripensamenti, se è questo che ti preoccupa. . .>
Anche perché nella mia testa, in quel momento, c'era di tutto fuorché Seneca.
Non avevo più motivo di pensare a lui. E questo mi rendeva tranquilla.
Sorrisi nel vedere Finnick ordinare un aperitivo per entrambi, nonostante non fossero neanche le dieci, e vederlo di ritorno con due calici colmi.
<Bentornata tra i single, signorina Electron.> disse lui toccando con il suo calice il mio.
<Abbiamo scelto proprio il modo migliore per festeggiare, allora. . .> aggiunsi. <Cin, Finn.>
<Cin, Jes.>

ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora