Era finalmente tornato il momento di tornare a Capitol City. Ero pronta a tutto, o forse no, e avrei provato a dimostrarlo.
Avrei fatto coppia con Lara. Ella non era entusiasta, soprattutto dal flop (se così possiamo chiamarlo) dell'anno precedente, dove aveva vinto l'innocua Annie Cresta (amica e protetta di Finnick) "grazie" a una frana che aveva causato una inondazione. La ragazza, molto brava nelle discipline acquatiche, era stata l'unica a salvarsi.<Non ci sta con la testa.> commentò Lara terminata la replica delle mietiture. <Ci può dare un vantaggio sul Distretto 4.>
<Non ci darà proprio nulla. . .> dissi io alzandomi dal divano per dirigermi al tavolo delle bevande. <Pensi che andremo da qualche parte con i due bambini?> chiesi alludendo ai dodicenni, i cui nomi erano stati pescati da Kalina.
<Oh, okay. . .> disse lei roteando gli occhi. <Mi sembra che tu stia partendo già con il piede sbagliato. Magari è tutta una montatura quella degli altri distretti...>
<Gran bella montatura i diciottenni dei Favoriti.> la interruppi. <Sicuramente gli unici a non essere mai stati addestrati. Stai tranquilla e serena che è così.>
<Sei proprio. . . Sei proprio. . . Sei proprio. . .>
<Come Haymitch e Chaff.> l'aiutò Kalina. <Alla fine sei diventata esattamente come loro. Salvo l'alcool, per fortuna.>
<Irrispettoso da parte tua.> dissi indicandola. <Chi ti vuoi prendere dei due?> chiesi poi a Lara.
<Oh, va bene Gina. Cercheremo di inventarci qualcosa.>
<Cosa?>
<Jessie!>
<D'accordo, io prendo lui. . . Bill.>
Lasciai la stanza e mi diressi verso il vagone relax, dove mi stava attendendo uno spettacolo poco piacevole: Bill aveva provato a mangiare qualcosa, ma dal nervoso aveva vomitato tutto, compreso il catarro. Gina invece se ne stava lì, seduta in un angolo, a piangere.
<State bene?>
Domanda più che stupida: nel giro di due settimane sarebbero morti e io mi chiedevo se stessero bene.
<Prima di stamattina sì.> rispose Bill distogliendo lo sguardo dal proprio vomito.
Tesi le braccia e feci loro cenno di avvicinarsi: <Che ne dite di andare di là a fare una doccia?>
<D-D'accordo...> rispose Gina cercando di trattenere le lacrime.
<Se vuoi piangere, fallo pure.> dissi alla ragazzina. <È una cosa normale. Io lo faccio spesso.>
<Tu, però, sei ancora viva.> commentò Bill prima di sparire dietro la porta del bagno.
<Stronzetto del cazzo.> sussurrai non appena fui da sola in corridoio. <Anche stronzo.> aggiunsi tornando da Lara e Kalina.L'arrivo a Capitol City fu traumatico come al solito. I giornalisti e i piccoli fan dei giochi si erano tutti già appollaiati ai lati delle transenne in attesa di intervistare la nuova carne da macello.
<Grazie, ma hanno già dovuto sopportare abbastanza per oggi.> dissi a due bambini, allontanando il loro insulso poster con la scritta "SETTANTUNESIMI HUNGER GAMES".
<Ma non è giusto!> piagnucolò uno di loro. <Ho le firme di tutti fuorché di loro!>
Gli strappai il poster dalle mani e tirai fuori l'accendino. Fu una semplice frazione di secondo: prima il poster c'era, dopo non c'era più.
<Ora non hai le firme di nessuno. Peccato.>
Lasciai i due bambini al centro con un velo di tristezza e di rabbia: per quanto ancora avrei dovuto accompagnare ragazzi e ragazze alla morte?
<Tu non hai davvero strappato un poster a un bambino di Capitol, vero?!> entrò spaventata Lara nella hall del Centro di Addestramento. <Dimmi che non è così!> gridò ancora più forte, attirando l'attenzione di qualche mentore e accompagnatrice già presente nell'edificio.
<Gliel'ho anche bruciato, perché? Tanto se ne può comprare a bizzeffe. Non è lui che rischia di morire.>
<Oh, andiamo è un problema questo!>
<Non capisco quale possa essere.> dissi appoggiandomi a braccia conserte sul bancone del bar.
<Snow!> rispose ella alzando le braccia al cielo.
<Continuo a non capire il problema.>
<Giusto, stai utilizzando la psicologia inversa. D'accordo, Jessie.>
<Forza, Johanna, non dovresti essere qui!> era la voce di Blight, che cercava di trascinare per un braccio la sua piccola protetta. Ella piangeva a dirotto e cercava di opporre resistenza. <Andiamo, ti porto al Centro Immagine.>
<Quella finge.> dissi guardando la ragazzina, Johanna, continuare a piangere e a strillare.
<Jessie, non dire così.> mi ammonì Lara. <È scossa. Ci siamo passati tutti, e ognuno reagisce a modo suo.>
<Quand'è che sei diventata così riflessiva?> le domandai, camminando vicino a lei. Stavamo andando a prendere posto sugli spalti dell'Anfiteatro; tanto la nostra serata era già giunta al termine.
<Ho avuto un po' di tempo libero l'anno scorso. . .> rispose lei con un mezzo sorriso. <Ho fatto un po' di amicizia.>
<Tutte cose che mi hai raccontato.> borbottai.
<Ehi, guarda che manchi a tutti loro.> disse Lara girandosi verso di me. <Anche se Haymitch e Chaff non lo ammetterebbero neanche sotto tortura.>
<Sì, certo. . .>
<Ciao, Annie.> disse Lara appoggiando una mano sulla spalla alla ragazza dai folti capelli ramati.
Ella sobbalzò e cacciò un urlo.
<Che cosa volete?!>
<Annie, va tutto bene. Siamo tue amiche!> disse Lara cercando di afferrarle la mano. Gliela feci ritrarre.
D'istinto tirai fuori la collana che Finnick mi aveva regalato.
Non appena Annie la vede si rilassò e mi fece un sorriso, seppure debole.
<Ciao, Jessie. . .> disse infine a bassa voce.
<Ti vuoi sedere vicino a noi?> le chiesi indicando gli spalti mezzi vuoti dell'Anfiteatro.
<Va bene.> rispose la ragazza annuendo.
<Andiamo a sederci con gli altri mentori.> mi disse Lara afferrandomi il polso.
<Ho bisogno di pensare per i cazzi miei.> dissi francamente. <Quindi tu e Annie andrete dagli altri, mentre io andrò a sedermi laggiù.>
Mi diressi, cercando di ignorare le proteste di Lara, verso gli spalti più lontani. Non avevo particolare interesse a guardare la parata, così mi misi in un posto con la visuale parzialmente limitata.
<Jessie, ma sei davvero tu?>
Quella voce. Quella maledetta voce.
Per cinque volte mi ripetei in testa che quello non era un ibrido.
<Seneca.> mi girai macchinosamente. E per poco non mi mancò il fiato.
Era accompagnato da una donna, bellissima.
<Sono così felice di vederti. Ti trovo bene.>
<Grazie. Anche tu stai bene. State, anzi.>
Seneca abbassò lo sguardo e appoggiò la mano sulla schiena della donna.
<Posso presentarti Bedelia?>
Le strinsi la mano senza dire nulla.
<Sono molto lieta di conoscerti.> disse ella. Pure la sua voce era incantevole.
<Oh, ti ringrazio. . .>
<Seneca mi ha parlato sempre molto bene di te. Poi io ti conoscevo per i giochi, però non penso sia la stessa cosa.>
<No, infatti.>
<Sei da sola?> chiese Seneca.
<No. . . Cioè, ora sì. . . Però è momentanea la cosa. . .> ridacchiai per l'imbarazzo.
<Magari ci vediamo più tardi, che dici?>
<Oh, certo. . . A dopo.>
<A più tardi, Jessie.> mi salutò Bedelia.
<Non ci posso credere.> la voce squillante di donna mi perforò i timpani. <Jessie, sembrano passati secoli. . . Dovresti farti sentire qualche volta!>
<Effie. . .!>
L'accompagnatrice del Distretto 12 mi stringe le braccia al collo.
<Sono così felice di vederti! Da ché è successo il finimondo, non ho mai notizie di te.>
<Non stai con gli altri?> le domandai individuando la macchia dei soliti mentori. Vidi i capelli castani di Haymitch; stava parlando con Lara. Un sentimento di tristezza e gelosia mi assalì.
Digrignai i denti d'istinto.
Effie mi strinse la mano e poi scosse la testa.
<Resto qui con te. Haymitch mi ha già umiliata due volte da ché siamo arrivati.> mi confessò lei prendendo posto vicino a me. <E poi sono così contenta di vederti.>
<Ho visto la nuova compagna di Seneca.> le dissi circondandole il braccio.
<Oh, Bedelia Reetwing? Nulla di ché. È nata per essere ricca, lo è davvero. E lo diventerà ancora di più.>
<Ma non ha un lavoro?> chiesi cercando di capire se ella e Seneca fossero ancora tra la folla.
<Essere ricca non è un lavoro?> ribatté Effie. Sembrava molto seria; anche troppo per i miei gusti.
<Mi stai prendendo per il culo?>
La domanda venne da sé. Effie arricciò le labbra.
<Ma. . . No!> rispose infine sbattendo i piedi per terra. <Qui a Capitol City è una cosa comune nell'alta aristocrazia.>
<Quindi in suo lavoro è solamente soldi?>
<Sì. È come fare il mentore, oppure l'accompagnatore.>
Non dissi nulla per non peggiorare la situazione.
Bedelia non mi aveva fatto nulla, però sentivo dentro di me il dovere di odiarla - o per lo meno ignorarla il più possibile.
"Il suo lavoro è essere ricca. . ." mi dissi in testa. Non ci potevo credere.
<Cominciano!> mi avvisò tutta eccitata Effie.
La parata fu abbastanza noiosa - Caesar sembrava non essere nel mood giusto per portare avanti lo spettacolo.
<Guarda Gina e Bill. . .> dissi a Effie indicando il carro in lontananza. <Sembrano più grandi di quello che sono. . . Discreto segno.>
<Oh, ma sono carini!> commentò lei. <Pensi che dovrei provare a dire a Haymitch che mi sento morire ogni volta che mi prende in giro davanti a tutti?>
Distolsi lo sguardo dalla parata (non che fosse di mio gusto) per guardare con aria criptica la mia amica.
<Ma va così male tra voi due? Anni fa litigavate sì, ma mai con questa frequenza e intensità.>
<Be', è lui che esagera sempre di più con l'alcool. Io cerco di evitare che... muoia.>
<Non si muore per una sbronza.>
<Jessie, non è questo il punto.> mi interruppe ella prima che io potessi aggiungere qualcosa. <Il punto è che l'anno scorso era ogni giorno ubriaco. E ha rischiato il coma etilico per due sere. Forse tre.>
<Non credevo fosse diventato ingestibile.>
<Penso sia colpa tua.> confessò ella.
<Come? Cosa? Perché?!>
<No, aspetta. . . Non tua tua. E poi neanche è una giustificazione.> si corresse. <Penso però che non riesca a digerire la tua parentela.>
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ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5
FanficCaesar mi sorrise, mostrando tutti i suoi bellissimi, e fintissimi, denti bianchi come il marmo, e, al posto di rincuorarmi, mi chiese se avevo qualcuno da cui tornare finiti gli Hunger Games. Udendo quella domanda mi misi a ridere: chi mai avrebbe...