sᴍᴀɴᴄᴇʀɪᴇ ᴀ ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟ ᴄɪᴛʏ

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Una volta giunti a Capitol City, venni nuovamente accolta da un gran numero di persone, richiedenti il mio autografo oppure una foto con i loro figli.
Non si erano resi conto che li avevo presi per il culo durante tutto il Tour della Vittoria e che molto probabilmente lo avrei fatto anche a casa loro;
Kalina, per questo, di rado mi rivolgeva la parola, se non per criticare il mio comportamento e i miei toni.
Per gli ultimi due Distretti si era preoccupata di farmi avere uno scritto decente; e così era intenzionata di fare anche per Capitol City.
Un'idea che a Theo non piacque molto, ma che alla fine dovette accettare per non minare l'equilibrio creato.
Myriam era rimasta tutta la mattinata al telefono a parlare con Diana: Elvis si era ammalato e aveva la febbre alta da qualche giorno.
Inizialmente non voleva tornare a casa per non lasciare Theo da solo, ma dovette cambiare i suoi piani dopo che Diana richiamò per dirle che suo figlio aveva anche vomitato.
Prima di ripartire aveva lasciato un biglietto con tutto ciò che era sconsigliato io facessi.
<Ma c'è qualcuno che in questo posto di merda che sia dalla mia parte?!> gridai, sbattendo la porta della camera.
Solo in seguito mi accorsi che ero entrata nella vecchia camera di Francis;
i senza-voce avevano fatto sparire tutto, ma si erano dimenticati, oppure l'avevano lasciata apposta, una foto del piccolo durante l'intervista con Caesar.
Quando l'afferrai sentii la voce di Kalina dire:<È stato Theo a volertela far trovare qui.>
<Ci sono entrata per sbaglio.>
<Prima o poi ci saresti entrata lo stesso.>
Kalina aveva ragione, avrei dato un'occhiata a quella stanza in qualsiasi caso.
Mi poggiò una mano sul ginocchio e confessò di essersela presa un po' troppo e che il tour si stava rivelando più stressante del dovuto.
Io la scusai (non potevo certo ribattere e litigare ancora) e le chiesi qualche consiglio, giusto per farla felice.
<Ah dimenticavo! Effie è riuscita a convincere il suo mentore a partecipare alla festa.>
Io sorrisi: quel giorno avrei fatto faville a Capitol City e Panem non mi avrebbe più dimenticata.

Ero pronta per il discorso a Capitol City; Seneca mi aveva fatto recapitare un mazzo di rose e un biglietto di auguri. Lo avrei rivisto solo la mattina dopo.
Theo mi prese a braccetto e mi sussurrò all'orecchio:<Questo è l'ultimo sforzo... poi si torna a casa.>
<Sì... e poi tra sei mesi ancora qui.>
<Non pensarci.>
Io mi girai verso Theo e scossi il capo. <E a che cosa dovrei pensare? A Francis e al modo in cui l'ho trovato morto?>
<Anche io in quell'Arena ho perso una persona a me cara e l'ho vendicato esattamente come hai fatto tu... ma finché le cose non si sistemeranno, dovremo stringere i denti e andare avanti.>
Per la grande occasione gli stilisti mi prepararono un abito in tulle che mi faceva sudare solo a guardarlo; Kalina, ovviamente, era tutta elettrizzata e per ogni piccola sbavatura del mio trucco dava in escandescenza: doveva essere tutto perfetto.
<Ed ora: il tocco finale!> dissero in coro i miei preparatori, disegnando due saette all'altezza delle clavicole.
<Favolosa!>
<Splendida!>
<Incantevole!>
Kalina entrò nella stanza e per poco non si commosse nel vedermi; io mi sentivo profondamente a disagio (e anche un po' una bomboniera) ed ero già stufa di essere sopravvissuta agli Hunger Games.

Siccome ci trovavamo a Capitol City, il ruolo che solitamente apparteneva ai sindaci venne assunto dal Presidente Snow in persona.
Quando lo vidi mi morsicai la lingua per non insultarlo pesantemente; sorrisi fingendo di essere molte emozionata e andando in contro ad un ghigno compiaciuto del Presidente.
La folla chiamava a gran voce il mio nome ed era eccitata.
Mi ero ripromessa di stupirli, e così avrei fatto.
Piegai il foglio che Kalina mi aveva dato e schiarii la voce:<Presidente Snow, Capitol City... è per me un grandissimo onore essere qui per festeggiare la mia vittoria agli Hunger Games.> poi mi misi una mano sul petto e con l'altra mi districai l'acconciatura che aveva tanto fatto dannare i miei preparatori.
Vidi che Snow aveva sgranato gli occhi e che Kalina aveva avuto un piccolo mancamento.
<Questo è il bello della diretta...> commentai, indicando la mia accompagnatrice.
La folla si era ammutolita: parevano essere tutti offesi dal mio comportamento.
<Avevo anche un bellissimo discorso, ma tali parole sarebbero andate sprecate con gente di città come voi. Ho solo una cosa da dirvi:> feci una pausa e, con un sorriso stampato sulle labbra, dissi <andate a farvi fottere. Voi, il vostro presidente e i vostri giochi del cazzo.>
Volevo andare avanti a parlare, ma dei pacificatori mi allontanarono di peso dal palco; riuscii in tempo a spargere il foglio che avevo strappato contro la folla.
Kalina si era ricomposta e aveva preso il mio posto e si stava scusando con i suoi amati concittadini, mentre io venivo trascinata come un sacco di patate dentro a uno degli edifici con Theo alle calcagna.
Sciolsi con cura le ultime treccine che mi erano rimaste e attesi, seduta sul pavimento, che la mia accompagnatrice mi facesse la ramanzina.
O meglio, una filippica.
Theo si sedette al mio fianco e disse:<Hai fatto un bel casino: Myriam ti ucciderà.>
<Sempre che non lo faccia prima Kalina.> aggiunsi io, portandomi una sigaretta alle labbra, ancora incurvate verso l'alto.
Theo ridacchiò e appoggiò la testa al muro.
Kalina, come da copione, entrò nella stanza sbraitando e giustificando il mio comportamento, sperando di sistemare le cose con Snow.
Quando finì di discutere con la segretaria del presidente, Kalina avanzò verso di noi; senza neanche guardarmi in faccia mi disse che il Presidente Snow non avrebbe fatto nessun reclamo e che non avrei dovuto chiedere scusa a nessuno; nemmeno a lui.
Però voleva parlarmi in privato.
<Quando?>
<ORA!> strillò lei, sbattendo i tacchi sul pavimento.

ʟᴀ ᴛʀɪsᴛᴇ sᴛᴏʀɪᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ᴅᴇʟ ᴅɪsᴛʀᴇᴛᴛᴏ 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora