17. Sogni (ir)realizzabili

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Passò una settimana da quella serata inquieta, mentre il piano di Kaz andava attuandosi lentamente. Erano successe un po' di cose ma sicuramente la più memorabile, almeno per Inej, fu l'arrivo di una certa busta.
Forse era la mattina del venerdì o del lunedì, Wylan non ricordava bene, quando suonarono alla porta. Rispose il maggiordomo, come di consueto, e prese in custodia le buste indirizzate alla famiglia Hendriks. L'uomo controllò rapidamente i mittenti delle varie missive ma una in particolare aveva solo il luogo di provenienza Fjerda e il loro indirizzo come destinatario. La diversità della busta attirò la sua attenzione, quindi richiamò Wylan per farglielo notare.
Marya era nel terrazzino a dipingere un paesaggio all'ombra in quella splendida mattinata mentre Inej osservava attentamente e riproduceva il disegno sulla sua tela. Non aveva mai provato a pitturare e non conosceva le sue capacità, sorprendendosi ad essere abbastanza brava.
- Sei attenta e paziente, ottime qualità per un'artista. - le disse Marya e la ragazza sorrise.

Jesper invece si annoiava sul divano, armeggiando con le sue rivoltelle. Quella casa era molto grande e con tanti oggetti ma c'erano troppi libri e quadri, cose che rendevano il tutto ancora più noioso per lui. Si era sempre aspettato che l'abitazione di un ricco mercante fosse moderna, particolare, ricca di cose strane ed esotiche, non banale e antiquata.
In quel momento, quando sentì Wylan accorrere si incuriosì e gli domandò impaziente cosa ci fosse scritto.
- Ah giusto, scusami. - si ricordò che il suo ragazzo era dislessico, aveva quindi problemi a leggere le parole, perciò si fece consegnare la busta.
- Da Fjerda? Non c'è scritto nient'altro? -
- A quanto pare, no. - rispose incerto il rosso.
Poi Jesper guardò meglio e distinse una frase: nessun rimpianto, nessun funerale. Fu lì che compresero.
- Inej! - urlò il ragazzo zemeni, spaventandola. Lei corse mentre entrambi continuavano a chiamarla in modo confusionario. Inizialmentente non capì, poi lesse il primo rigo della lettera:
Ciao ragazzi! Sono Nina, la vostra grisha preferita (^ ♡ ^)
Anche Inej si unì al gruppetto saltellando, nella speranza che se un foglio era riuscito a viaggiare fin lì, anche una spaccacuore poteva farlo. Era da circa un mese, dalla morte di Matthias, che non sapevano nulla di lei e adesso che Kaz aveva un nuovo piano, si fa viva anche Nina, strano, pensò Wylan, non vorrei che Kaz... ma non espose le sue idee per non rovinare l'allegria dei due, anche lui era felice della sorpresa.

Adesso erano impegnati a mettere in atto il folle piano che, da recenti aggiornamenti, richiedeva anche un grisha spaccacuore.
Era mercoledì e Manisporche aveva richiesto un incontro serale. Le figlie e la moglie stavano già dormendo, quando il signor Philias uscì di casa silenziosamente. Percorse un breve tratto, svoltò a sinistra e trovò un giovane alto e muscoloso ad attenderlo: era Specht, l'ex marinaio che l'avrebbe condotto alla Stecca.
Era la seconda volta che ci andava e, accompagnato, stava sicuramente più rilassato dell'ultima volta. Di notte la città sembrava diversa, più tetra ma luminosa. Il solito grigiume si attutisce per poi ritornare come nebbiolina mattiniera. Le strade, di giorno affollate e frettolose, prendono vita, dipingendosi di tanti colori, di abiti particolari e volti divertiti. Philias passeggiava rapidamente tra la gente, tentando di non perdere si vista il ragazzo che lo precedeva. Per qualche secondo gli parve di essersi perso ma Specht intervenne immediatamente e continuarono verso quel vecchio edificio inclinato.

Kaz era come al solito nel suo attico, cercando di rendere più accogliente il suo studio. Sistemò un coperta sul divanetto, pulendo il tavolino, poi lo decorò con un vasetto e dei fiori. Lanciò un'occhiata veloce alle mensole, un po' polverose, dette una pulita tra un piccolo quadretto e una serie di libri ma il suo sguardo si posò su una lettera, quella lettera nera che gli aveva lasciato Inej. Accanto c'era ancora un foglio piegato, il quale però ricordava fosse accartocciato, lo aprì: era il ritratto che Wylan aveva fatto di Inej e firmato con il cognome della madre, l'ha visto? Forse l'ha piegato lei, dovrebbe riconoscere il nome, o forse no... Era un peccato che quel foglio fosse così rovinato, era un disegno davvero... davvero importante e stupendo e, lei, lei è... lei non è qui.
Bussarono.
- È arrivato. - annunciò Rotty, quasi fosse il suo segretario.
- Un momento. - rispose mentre posava il foglio.
Si accorse di aver scordato di mettere in ordine la scrivania ma la ignorò.
Si accostò alla porta, mise a posto la giacca e, sfoggiando un grande sorriso amichevole, accolse l'uomo.
- Buonasera! Che piacere rivederla. -
Il mercante salutò cordialmente, meno teso della settimana precedente. Kaz appariva ancora più gentile e premuroso, lo fece accomodare e gli versò un bicchiere di whisky.
- A dire il vero, non bevo molto, ma questo è squisito! - sorrise .
- Oggi è di ottimo umore! - notò Kaz.
- Si, esatto. Mi hanno accettato nuovamente tra il Consiglio dei Mercanti. Certo, riconquistare la loro fiducia sarà dura, ma è già un bel passo, non crede? -
Kaz ricambiò con un sorriso e una di quelle frasi fatte che esprimevano accordo ma in fondo sperava che l'uomo avesse fatto di più in quei giorni che entrare nel gruppetto dei più viscidi della città. Dopo una breve chiacchierata sulla sua vita, l'uomo si appoggiò allo schienale del divanetto e si rilassò, Kaz colse quel momento per porre la sua domanda, andando dritto al punto.
- Ha delle novità su Rollins? -
Il signor Philias si trovò un attimo disorientato, aveva dimenticato la richiesta del giovane, ma fortunatamente si ricordò ciò che un suo collega gli confessò.
- Dicono che si sia ritirato nella sua casa in campagna ma ho visto un altro mercante del Consiglio intrattenere una serie di rapporti epistolari con un misterioso imprenditore kaelish. Quando gli ho chiesto scherzosamente a chi fossero dirette quelle buste, lui rispose in modo enigmatico che il suo socio era il re di un meraviglioso castello verde. -
- Certo, il Palazzo di Smeraldo, proprietà di Pekka Rollins. - rifletté sul fatto che Pekka stava riuscendo a corrompere fin troppa gente per essere lontano dalla città, è veloce, molto veloce, noi dobbiamo essere più veloci di lui.
Chiese se ci fosse altro di rilevante ma ottenne solo una vaga risposta.
- Forse, se ci penso meglio, ci sono delle voci riguardo la residenza di Rollins: alcuni ritengono che si nasconda nelle zone governative, altri pensano più all'area sud, in fondo al Barile. Spero di esserle stato d'aiuto, signor Brekker. - concluse.
Kaz stava già immaginando quale sarebbe potuto essere più conveniente come luogo dal quale far veicolare gli ordini e decise che una controllata alla zona sud sarebbe stato il prossimo compito da svolgere.
- Signor Brekker? - richiamò la sua attenzione, - Se non c'è altro che vuole sapere, io desiderei tornare a casa, dopo aver ricevuto la giusta ricompensa, ovviamente. -
Manisporche tornò al suo finto sorriso ingannevole e consegnò il denaro che aveva promesso. Il mercante parve quasi deluso dall'avida somma.
- Quando mi porterà qualcosa di più prezioso, la ricambierò adeguatamente. -
L'uomo espose un sorrisetto leggermente malizioso, riconoscendosi in quel ragazzo.
- Hanno ragione, lei è un abile mercante e sicuramente anche un bravo scommettitore. Gioca d'azzardo? -
- No, ma scommetto sulla mia vita, ogni giorno. - rivelò con un'espressione lontana dal sorriso edulcorato tenuto fino a quel momento.
L'uomo sembrò soddisfatto dopotutto, varcò la soglia della stanza, scese le scale e, come all'andata, si fece scortare da Specht fino alla sua abitazione.

Kaz tirò un sospiro di sollievo, non se n'era reso conto, ma per tutto l'incontro era rimasto senza guanti. Li mise a posto nel cassetto della scrivania, poi bevve un altro po' di whisky che sembrava avere un sapore strano, diverso da poco prima, più freddo e malinconico. Era stanco, aveva passato la giornata a svolgere commissioni e a partecipare a incontri per tutta la città, ma non voleva ancora andare a dormire: doveva capire dove si trovava Pekka.
Dunque si sedette e studiò qualche carta, documenti di possibili nuovi locali di Ketterdam, case recentemente costruite, anche se gli indirizzi era troppo distanti e le liste non proprio aggiornate.
Niente. Rilesse la lista. Niente. Tutte costruzioni di almeno due mesi fa. Decise di fare una piccola pausa, la tenda si agitava dietro la finestra aperta, era una serata tranquilla, un po' ventosa ma accettabile. La flebile luce calda del lume sul tavolo rischiarava solo parte della stanza, avendo spento le altre lampade dopo l'uscita di Philias. Quell'atmosfera silenziosa, il leggero venticello, la semioscurità dello studio lo cullarono verso un meritato sonno profondo.

L'attico era forse l'unica parte semilluminata dell'edificio, oltre alla luce che traspariva dalle finestre al piano terra. La sua finestra non fu difficile da trovare, era tanto vicina da intravedere anche le tende blu che volteggiavano. Era passata una settimana dall'ultima volta che si erano visti, a casa di Wylan, lei non era riuscita ad abituarsi alla sua assenza ma lui forse si, pensava. Rise, come avrebbe fatto a viaggiare per il mondo e a catturare schiavisti se non aveva neanche il coraggio di lasciare quella città? Buffo, paradossalmente, colui che ha fatto di tutto per realizzare il suo sogno è proprio la causa per cui il suo sogno era irrealizzabile. Inej decise di non pensarci e si introdusse cautamente nell'attico.
Era buio e lui non era sul divano, si voltò verso la piccola fonte di luce e il suo cuore ebbe un fremito.
Manisporche lì stava riposando, delicatamente appoggiato su quella confusione di fogli scritti a mano. Era senza guanti, aveva tolto la giacca, appesa alla sedia e si stringeva alla leggera camicia di cotone. Inej si avvicinò con prudenza e la sua mano tremante non resistette a non fargli una carezza. Divenne incerta appena le sue dita sfiorarono il viso del ragazzo, i capelli lisci e ingellati. Sarebbe rimasta ore e ore in quel posto, avrebbe bloccato il tempo, ripetendo quell'istante fino ad averne la nausea. Lo avrebbe abbracciato, stringendolo forte e spezzando tutti i loro traumi. E se si svegliasse? Sarebbe stato meglio se l'avessi trovato in piedi? Probabilmente no, concluse, continuando a far scivolare le dita sul suo morbido viso. Rimase lì ancora un po', finché il ragazzo sembrò muoversi coscientemente. Sentiva uno strano formicolio e girò la testa dall'altro lato di scatto. La mano di Inej si immobilizzò e attese che si fosse voltato di nuovo dalla sua parte ma non accadde.
- Quanto vorrei che parlassi come un ragazzo normale, - sospirò, - che ti comportassi come un ragazzo normale! -
Fantasticava di essere semplici studenti, di non doversi preoccupare per tutto ciò che succedeva in quella città, dei nemici e dei soldi. Desiderava stare con lui come due fidanzati comuni, tenersi per mano... già, un gesto così semplice che per noi diventa troppo complicato.
- Ah Kaz, so cosa diresti: il mio passato mi perseguita, non posso scappare. Tu sai quant'è difficile per me... Questo e un mucchio di altre cose ma mai i tuoi veri sentimenti. -
Ma perché sto dicendo queste cose? Stai dormendo, non puoi sentirmi... lascia stare, tanto non mi ascolteresti comunque. In effetti, aveva ragione, non sarebbe riuscito a fare nulla.

La ragazza, che era appoggiata al tavolo, si alzò, prese un foglio che sembrava pulito e disegnò il fiore che era diventato la sua firma. Un meraviglioso garofano rosso, considerato il fiore dell'amore, della gratitudine, di virtù e nobiltà. Un fiore quasi magico e tanto raro da trovare in quella città. Sperò che Kaz l'avesse capito, non si intendeva di banalità del genere, però... spero lo riconosca.
In seguito, soddisfatta, prese la coperta che era sullo schienale del divano e lo coprì in modo che, senza giacca, non sentisse freddo, poi lentamente si accostò alla lampada e la spense. Strisciò lievemente sulla sedia ma non produsse altri rumori, non voleva svegliarlo anche se per un secondo le parve di udire un sussurro, qualcosa come "grazie".
Con un'espressione serena, Inej mise un piede sul davanzale, si voltò un'ultima volta e vide qualcosa di mistico. Forse non solo le sue orecchie le stavano giocando un brutto scherzo, ma adesso anche gli occhi: probabilmente era colpa della poca luce e delle ombre che cadevano in modo strano, ma notò un certo sorriso sulle labbra di Kaz.
- Buonanotte. - gli augurò, non del tutto certa se lui stesse dormendo o se fosse stato sveglio tutto il tempo. Poi saltò fuori e volando sulle abitazioni, come uno spettro, si diresse invisibile a casa sua.

Spazio autrice

Ehi yo! Come vi va? Vedo che questa ff sta piacendo abbastanza, non me l'aspettavo.
Ne sono felice! So che ci sto mettendo più del previsto e che la sto pubblicando parecchio lentamente mai dispiace, non mi metto a scrivere così tanto.

Benvenuti a Ketterdam [IN CORSO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora