30. Troppo per chiunque

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- Ma quale ferite e ghiaccio, qua bisogna andare in ospedale velocemente! -
Eve era preoccupata come anche gli altri amici di Ryker, non era messo bene di certo ma si reggeva ancora in piedi anche se a fatica.
- Andiamo all’accademia e fatemi riposare, sto benissimo. - sussurrò ma appena terminò la frase sentì un’insolita fitta nell’addome.
- Non dovevi venire, tu e Ronny dovevate stare in stanza. - concluse la ragazza ma Morguen era stranamente in disaccordo.
- Se non ci fossimo stati non so come sarebbe finita, non lo voglio sapere. -
Poi Ryker aggiunse qualcosa biascicando le parole in modo incomprensibile, Morguen nemmeno ci provò a capire cosa avesse detto e non lo fece sforzare nel ripetere, era già tanto che riuscisse ancora a camminare. Dween stava tornando con loro ma non aveva il coraggio di esprimersi, nemmeno Hanya disse nulla ma più che altro perché non era necessario, erano già volate tante offese che il silenzio di quegli attimi era così prezioso. Chris era dispiaciuto per non essere intervenuto a fermare quella pagliacciata ma in fondo aveva capito che doveva essere necessaria al fine di chiarire la situazione, non sempre tutto si risolve solo parlando. Gli altri erano scappati prima che la discussione si facesse tanto violenta, a quest’ora saranno a fumare inquinando un’altra zona di Ketterdam.
- Scusate ragazzi, - annunciò Morguen, - stavo pensando, ma adesso come superiamo il cancello? -
- Non lo superiamo. - disse Christenian lasciando tutti confusi, - Semplicemente entriamo dalla porta sul retro. -
Qualcuno chiese se esistesse davvero una cosiddetta porta sul retro ma dopo un lungo e silenzioso percorso in taxi, giunsero alla loro meta e trovarono una finestra laterale del dormitorio che veniva spesso lasciata aperta per i ritardatari. Si cambiarono, Ryker si pulì superficialmente e qualcuno andò a dormire, lasciando il ragazzo zoppicante e ferito alle cure di chiunque fosse ancora in forze per restare sveglio.
Erano ormai le 2:20, sempre che l’orologio di Chris fosse corretto, e l’unica luce accesa nel dormitorio era nel bagno maschile: Ryker non aveva idea di cosa utilizzare per primo, se ghiaccio o bende. Nel vicino bagno delle ragazze un flebile rumore di passi e sportelli che si aprivano e chiudevano, poi comparve Eve con dei comodi vestiti puliti.
- Vuoi una mano, Ryk? -

- Lo sento, sai. L'ho sempre sentito, Kaz, per quanto tu ti ostini a nasconderlo. - gli disse Nina seduta per terra accanto a lui.
Il ragazzo con lo sguardo perso, gli occhi gonfi e un gran bisogno di dormire.
- Il tuo cuore, anche se ti rifiuti di ammetterlo, batte. Batte per chi ti circonda e batte per te stesso. Puoi controllare le tue emozioni ma non puoi completamente nascondere le tue reazioni, fanno parte del tuo essere umano e ti caratterizzano. -
Kaz non fiatò, non si mosse.
- Sento l'eco del tuo animo ruggente che chiede di uscire, si sente da chilometri. E non si ferma da quando sei salito su quella barca diretta all'inferno ghiacciato. -
Lei lo guardava compassionevole mentre lui era fisso davanti a sè, poi Nina percepì una strana sensazione e delicata inizialmente, dopo brusca e infinita. Era come l'inizio di una cascata, o le prime note di una melodia: era la voragine dentro Kaz che lo inghiottiva ancora e ancora, senza fine.
Era un singhiozzio, una lacrima probabilmente, o due, che solcavano silenziose il viso combattivo di Manisporche.

- Che ci fai tu qui? - domandò il ragazzo intento a sciacquarsi la faccia per levare via il sangue.
- Non avevo tanto sonno, volevo una tisana ma giustamente la caffetteria è chiusa. - rispose Eve.
Ci fu silenzio, interrotto dal solo rumore dell'acqua. Ora non più. Ryker si asciugava il viso mentre sentiva ancora la sua presenza.
- Sta arrivando la fine, svegliatevi tutti! Ehi! Hanno annunciato la fine del mondo! - si udì un pazzo che camminava per i bui marciapiedi notturni, non passava spesso di lì ma proprio quella notte qualcosa in lui lo fece avvicinare all'accademia. Poi l'urlo si affievolì e tornò il silenzio assoluto.
- Comunque grazie. - sussurrò la ragazza che non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi per la vergogna. Non si era comportata come avrebbe dovuto, era colpa sua, era stata lei a iniziare tutto. Era colpa sua perché lei era ubriaca. Era colpa sua perché lei era vestita in modo provocante. Era colpa sua perché lei li aveva incoraggiati. Era colpa sua perché l'aveva fatto apposta.
Altrimenti di chi doveva essere la colpa?
Con lo stesso sguardo abbassato, lei aspettava un "prego, buonanotte!" o un "certo che devi ringraziarmi, se non ci fossi stato io…" perché non credeva che Ryker fosse il tipo da dire "beh, te la sei cercata, dopo tutto." Non lo farebbe mai.
Entrambi con lo sguardo basso, troppo stanchi e colpevoli per dire qualcosa, ascoltarono il lieve fruscio degli alberi.
E invece nessuno disse nulla. Lei si avvicinò al ragazzo e ripulì meglio le ferite per poi medicarle attentamente, soprattutto la faccia che aveva ricevuto troppi colpi quella giornata. Quando Eve terminò, si augurarono solo una buonanotte e ognuno tornò nel proprio letto, come sarebbe dovuto essere già da qualche ora.

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