32. NO

13 0 0
                                    

Erano solo le 11 di mattina ma sembrava essere già passata una lunghissima giornata. Kaz era stanco, senza forze né vitalità, non voleva vedere nessuno e non aveva voglia di mangiare niente. Forse sarebbe stato meglio una passeggiata o sfogarsi in qualche modo, fare qualcosa per non pensare a Inej.
Continuava a fissare il foglio sul tavolino: la lettera di addio firmata dalla ragazza raccontava brevemente della sua scelta, spiegando la sua partenza principalmente per mettere al sicuro la sua famiglia. Kaz era d'accordo con questo ma c'era bisogno che se ne andasse pure lei? La destinazione era molto vaga, Ravka, immensa e confusionaria Ravka. Non c'era modo di trovarla a meno che non fosse lei a cercare lui.
Bussarono alla porta ma fu inutile perché si aprì subito.
- Ah sei sveglio, bene. - era Anika, ovviamente. Lui la ignorò completamente.
- Non scendi a fare colazione? - ma non ottenne risposta, nemmeno uno sguardo.
- Vedi che sennò mi tocca portarti con la forza, tesoro. - insistette, meritandosi una risposta brusca.
- Vattene. Voglio stare solo. -
- Dovresti essere più gentile con le ragazze altrimenti scapperanno sempre via da te. - E in questo modo, Anika non fece altro che peggiorare solo la situazione. Solo dopo che il ragazzo ripeté di andarsene ad alta voce, lei uscì dall'attico e chiuse la porta a chiave.
Quel foglio gli ricordava Inej, quindi si alzò.
Sulla mensola, il suo ritratto disegnato, quindi si spostò.
Fuori dalla finestra dei corvi, ai quali lei dava spesso da mangiare, quindi si girò.
La porta, l'ultimo luogo dove l'aveva vista era stato proprio mentre lei usciva da quella porta.
Quella stanza, uno dei posti in cui passavano più tempo insieme, adesso era la sua prigione.
Kaz sentì un attimo di sbandamento, le gambe gli tremarono perciò si appoggiò alla scrivania, dove lei era solita sedersi per criticare le sue scelte sui Corvi. Non sapeva se gli tremavano le labbra ma non era possibile, queste cose succedono solo ai bambini e ad alcuni nemmeno succedono. Però si sentiva gli occhi un po' lucidi, quello si. Dette un pugno alla scrivania per il nervosismo, voleva andarsene da lì pure lui ma avvicinandosi alla maniglia, notò che non si poteva aprire. Pugni, manate, calci, iniziò a tartassare quella povera porta innocente finché non capì che lei aveva ancora la chiave.
- Anika! Apri subito! - urlò a squarciagola. Poi si sentì una voce femminile.
- Come scusa? Non ti sento. - fece finta lei.
- Apri questa cazzo di porta o la butto a terra! Muoviti! -
- Non è necessario essere così maleducato, tranquillo tesoro. -

Il click della chiave riecheggiò nel silenzio paziente per poi spalancare quella porta e trovarsi davanti la ragazza bionda. Kaz uscì e si avvicinò a lei, di più, sempre di più, ora i loro visi erano attaccati, i loro nasi si toccavano, i loro occhi brillavano ma per ragioni differenti. Poi lei si sentì schiacciata contro il muro, sorrise e socchiuse gli occhi tentando di baciare il ragazzo, mentre lui si lasciava andare. Percepiva le labbra morbide e carnose della ragazza ma la sua mente era fissa su Inej.  Anika non era Inej, Kaz lo sapeva, ma voleva illudere la sua mente almeno per un attimo. Anika ebbe quello che voleva finalmente: avere Kaz tutto per sé.
Quello fu il momento più strano di sempre per il ragazzo, sentiva un turbinio di emozioni contrastanti e di opinioni contraddittorie mai provate prima, forse era normale. Poi lei si abbandonò totalmente al suo desiderio passionale, afferrò le mani di Kaz e le lasciò accarezzare le sue curve dolcemente, lei invece sfiorava il viso del ragazzo, lei sue mani scesero al collo poi alle spalle, all'interno della camicia, poi lui sentì un brivido: era la strana sensazione di essere toccato da qualcuno che non sei tu. Si scostò di botto. Rimase immobile per qualche secondo, incapace di fare altro. La costante tensione tra i due portò a quella situazione dalla quale Manisporche non sapeva se doverne uscire: da una parte si sentiva come se stesse tradendo Inej e sé stesso, la sua ragione e il suo autocontrollo, dall'altra il suo corpo si sentiva bene e non voleva smettere e per una volta nella sua vita il Bastardo del Barile si lasciò tentare da quella folta chioma bionda.
Lei era ormai indomabile. Allora prese il controllo della situazione e condusse il ragazzo dentro l'attico fino al divanetto. L'intensità dei loro sentimenti era tanto forte da dimenticare qualsiasi legge razionale, i loro cuori battevano all'impazzata ma non all'unisono: in fondo erano solo conoscenti, due persone che lavoravano insieme ma che in quel momento avevano bisogno l'uno dell'altra.

Benvenuti a Ketterdam [IN CORSO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora