Capitolo 44

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Ricordavo la strada a memoria. Il mio subconscio riconosceva ogni via, ogni cartello, ogni albero. Non c'era molto movimento in giro, solo qualche macchina ogni tanto. Camminavo indisturbata con la testa bassa e il cuore a pezzi. Svoltai qualche angolo quando riconobbi il luogo dove io e Michael avevamo litigato, quella sera al ristorante di suo zio. Ripensai a tutto. Noi avevamo litigato spesso da quando ci conoscevamo, ci urlavamo contro quanto ci odiavamo mentre facevamo l'amore con gli occhi senza rendercene conto. Era strano. Eravamo strani. Diversi. Ma a me, la diversità è sempre piaciuta.
Avrei voluto chiamarlo, piangere, dirgli quanto lo amavo. Ma sapevo che non avrei potuto farlo.

Ancora un altro angolo ed ecco la mia meta. La casa vista da fuori sembrava una comune abitazione: i muri bianchi erano rovinati in alcuni punti e le persiane delle finestre aperte erano immobili. Non tirava neanche un filo di vento. Sembrava che il tempo si fosse fermato, come se il mondo fosse in attesa. Il cielo ormai stava per scurirsi del tutto e le stelle iniziavano a spuntare sperdute. Alzai uno sguardo al cielo come per raccogliere tutta la forza che potevo e mi avviai verso il retro della casa mentre osservavo quel luogo, un tempo importante per me. Ricordai tutti gli inverni passati fra le braccia di Jack a guardare il sole tramontare e tutte le primavere trascorse sul terrazzo. Ripensai a quando mi urlava che mi amava, che sarei stata sua per sempre. Eravamo perfetti, ma la perfezione non esiste perciò dopo qualche mese anche noi ci dissolvemmo. Il nulla. Il buio. Nei miei occhi come nel mio cuore. Il potere fra le sue mani, il dolore nelle mie.

Arrivai di fronte alla porta, decisa ad aprirla senza paura. Per un attimo pensai di fuggire, di correre via, lontano da lui, lontano da tutti. Ma era troppo tardi, la maniglia scattò.

Mi ritrovai in una stanza fredda e buia. Le pareti erano coperte di poster di moto, macchine e donne; all'angolo verso destra un biliardino impolverato risaltava nell'oscurità della stanza. Non c'erano finestre e l'unica luce era data da una lampada non lontana dal divano. A sinistra si trovava una libreria colma di fumetti ed una scrivania. A guardarla sembrava un comune scantinato di un ragazzo. Forse solo io potevo capire realmente cosa si celava dentro quelle mura.
Jack mi aspettava seduto sul divano accanto ad un tavolo con delle birre insieme ad alcuni suoi amichetti. Stavano giocando a carte. Non appena mi vide si alzò e mi si avvicinò con le braccia aperte.
"Eccoti! Cosa vedo? Mascara? Ti sei truccata per me, biscottino? Oh..non ce n'era bisogno"

Cercò di accarezzarmi i capelli ma io mi scansai.
"Uhh..permalosa, eh? Presto farai la brava bambina"
Il mio volto era inespressivo. Non volevo dargli la soddisfazione di vedermi cadere e reprimevo le lacrime e le urla con tutta me stessa.

"Allora, Caroline, questi sono i miei amici di cui già ti ho..parlato.."
Io li osservai e intuii la sua allusione. Erano quello che avrebbero fatto del male alla mia famiglia se non avessi ceduto alle sue richieste.
Erano tre uomini molto possenti e muscolosi. Avranno avuto circa trent'anni. Il primo da destra aveva un pizzetto così lungo che sembrava una capretta. Quel pensiero mi fece ridere ma guardando il suo sguardo e il resto del suo corpo cambiai idea. Era calvo e pieno di tatuaggi ovunque ed indossava una maglietta smanicata con dei jeans senza cintura.
"Non si mette la cintura! Che bad-boy!" Pensai tra me e me. No, non mi faceva paura ma non avrebbe dovuto pensare neanche una volta di avvicinarsi alla mia famiglia.
Il secondo ghignava mostrando un dente d'oro ma per il resto sembrava un normale omone che va in palestra ogni giorno, con i suoi pantaloni larghi e la T-shirt attillata per evidenziare i muscoli.
"Gli uomini e il loro ego.." pensai. Aveva un naso incredibilmente grosso e gli occhi neri come la pece. Non sembrava uno che aveva il senso dell'umorismo.
Il terzo sembrava un motociclista: giacca e pantaloni di pelle e anfibi ai piedi. I suoi capelli erano abbastanza lunghi e aveva una fascia in fronte per non farglieli finire negli occhi. Gli occhietti piccoli e acquosi mi fissavano intensamente.

"Loro sono Steven, Carl e Bob. Ragazzi, lei è Caroline, ci farà compagnia stasera"
I tre annuirono sogghignando e fissandomi dall'alto in basso, come per scannerizzarmi.
Mi sentii a disagio ma non lo diedi a vedere e incrociai le braccia sul petto, guardando Jack.

"Mmh..così vestita non vai bene.."
"Cos'ho che non va?" Risposi acida.
"Troppo semplice e naturale.."
Sospirai.
"Sospettavo sarebbe accaduto perciò vieni con me"
Mi prese il braccio con forza e mi condusse nel bagno del seminterrato. Aprì la porta e mi fece entrare.
"Biscottino, lì troverai qualcosa da mettere. Cambiati e poi vieni"
"Devo cambiarmi addirittura in un'altra stanza? Cos'è questo improvviso senso della pubertà?"
Risposi ironicamente.
"Zitta o cambierò idea"

Si allontanò dalla porta e io mi guardai intorno e mi accorsi del 'vestito' e delle 'scarpe' accanto alla vasca.
"Oh mamma.."

Mi cambiai in fretta sperando che quella serata fosse corta quanto il vestito.
Quando finii mi guardai allo specchio: i capelli mossi e lunghi scendevano lungo le mie spalle, coperte appena dalle spalline sottili del tubino nero con una scollatura a rombo abbastanza volgare al centro del seno, lungo appena per coprire il sedere, lasciando le gambe scoperte. Ai piedi avevo due strumenti di tortura con cui avrei potuto benissimo perdere le caviglie.

Avrei voluto strapparmi tutto di dosso e scappare ma non mi era possibile così dopo qualche secondo uscii, zoppicante.
Quando i quattro mi videro mi studiarono parte per parte mentre io avrei preferito morire.

"Porca puttana..ed ecco che la suora se ne è andata ed è uscita la donna sexy"
"Sexy. Certo. Io direi 'puttana', questi abiti sono da puttana"
"E che male c'è? Io e anche i miei amici non ci troviamo nulla di male" rispose leccandosi lentamente le labbra, gesto che provocò la mia intensa voglia di schiaffeggiarlo. Ma mi trattenni.

"Okay..cosa devo fare ora?"
"Solo stare qui, farci divertire, portarci da bere e cose così"
Rabbrividii "Devo essere la vostra servetta"
"Esatto"

E così feci. Inizialmente mi chiedevano cose semplici come portare le birre o imboccarli. Mi ripagavano con delle scullacciate ma di quello evitavo di lamentarmi, non era certo il peggio che potevano fare.
Poi però Jack mi fece sedere accanto a lui. Sentivo che c'era qualcosa che non andava.
"Vieni qui, biscottino, accanto a me. Non aver paura"
Io ero decisa a non guardarlo mentre la paura cresceva in me.
La mano di Jack mi toccò il ginocchio e iniziò a salire lenta sulla coscia fino a raggiungere la stoffa del vestito. Sentivo il suo respiro sul mio collo e la sua mano saliva sempre di più. Ma quando era sul punto di superare il limite mi alzai e con una manovra veloce lo misi al tappeto.
"Lasciami stare, porco!"
I suoi amichetti lo guardavano divertiti ma non appena lui li fulminò si voltarono verso di me, rabbiosi.
Jack mi afferrò un braccio e iniziò a storcerlo forte. Il dolore mi attraverso tutto il corpo.

"La sai una cosa, biscottino? Non sei all'altezza neanche di fare la puttana! Non sei nulla, niente, il vuoto! Nessuno sceglierebbe te! Nessuno!"

Ecco. Ecco che tornavamo a qualche anno fa. Ecco. Tutto tornava.

"Non sei nessuno! Non vali nulla! Nessuno ti ama!"

Ecco. Il suo modo di picchiarmi. Il suo modo di farmi sentire piccola, sola e indifesa. Ecco. Il dolore. Tornava, come un vecchio amico. Ma me ne sarei liberata. Prima o poi avrei vinto io. Prima o poi.

Jack mi lasciò "Ora vattene da qui. Ma non è finita. Tornerò e la prossima volta farai bene ad ascoltarmi o dovrai dire addio a chi ti vuole bene! Vatti a cambiare!"

Corsi in bagno spaventata e mi cambiai in pochi secondi. Uscii velocemente dal seminterrato e corsi per strada, ripensando a tutto.

"Troppo dolore, troppo dolore! Niente emozioni..niente lacrime..ti prego.."

C'era solo una persona che in quel momento mi sarebbe rimasta vicina. Corsi fino a casa sua e suonai disperata.

"Caroline..che succede? Che ci fai qui a quest'ora? Cos'è successo?"
Abby mi guardava preoccupata e io la abbracciai mentre il calore del suo affetto mi riempiva il cuore e i polmoni.

#SPAZIOAUTRICE
Genteee! Mi sento un mostro. È troppo che non aggiorno! Spero che non vi stanchiate di leggere la mia storia e spero vi appassioni. Scrivetemi in chat se volete, per qualunque cosa. Vi voglio bene e grazie di tutto! Spero che diventiate sempre di più! A presto!

-Ludovica ☆

#SPAZIOPUBBLICITÀ

Una vita tra amore e amicizie

Di AnnalisaBeneducemenziona un utente

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