Capitolo 43

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«Forse... forse ha bisogno di tempo per la storia di Adeline.
Sì, probabilmente è così...» Kat cercava una spiegazione per il comportamento strano della sua insegnante.
Si rigiró nel proprio letto, alla ricerca della posizione più comoda, guardando il soffitto in silenzio, immersa nei propri pensieri.

Ormai conosceva Jade West.
Non del tutto, non benissimo, ma in parte. In certe cose, la conosceva fin troppo bene, per quanto fosse imprevedibile. Non che fosse un difetto, al contrario era per questo che Kat non poteva fare a meno di adorarla, di sentirsi ispirata e piena di vita al suo fianco.
Adorava i valori artistici della professoressa.
Non smettevano mai di stupirla e meravigliarla. Sembravano non finire mai. Sembrava avesse passione illimitata per qualsiasi sapere umano.

Quando West condivideva con lei una nuova camera, la faceva sentire speciale. La rendeva "la prescelta", degna di scoprire nuovi mondi.

Grazie a quelle stanze poteva scoprire, dietro ad un velo di finta superficialità, quanta sensibilità e poesia contenesse Jade West.
Per questo, ormai da un po', soprattutto dopo la scena della stanza di Adeline, aveva iniziato a credere che dietro l'apparente immagine  della sua insegnante, ci fosse molto altro: qualcosa di meravigliosamente fragile.

«La stanza di Adeline l'avrà turbata tanto.
Avrà bisogno  di tempo per riprendersi e poi tornerà a fare la stronza, facendo finta che quella stanza non sia mai esistita.» bisbigliò tra sé e sé, giocando con una ciocca dei propri capelli.
Alzò l'altra mano, aprendola e chiudendola a pugno, continuò a guardarla come passa tempo, lasciandola in sfondo ai propri pensieri.
Che stesse cercando di afferrare qualche verità con quel piccolo gesto?

«Sì, avrà solo bisogno di un po' di tempo.
Non l'avevo mai vista così strana.
Chissà com'è Adeline...
Chissà dov'è ora e perché l'ha abbandonata.
Per essere riuscita a farla stare così male e bene, deve essere stata una persona speciale.
Magari è super intelligente come lei o è un'artista famosa...
Potrei fare delle ricerche.»

«Katherine!
Katherine puoi venire un attimo qui! Kaaaaat!» la fastidiosa voce di sua madre interruppe quel mare di pensieri che la stava trasportando, rigettandola sulla riva della realtà. Sbuffò.
Non aveva alcuna voglia di alzarsi per andare a parlare al t-rex, nelle sembianze di sua madre, rinchiuso in salotto..
«KATHERINE VALENTINE!» il suo ruggito  squarciò l'aria ed i suoi poveri timpani .
«Arrivo! Dammi il tempo di alzarmi!» urlò di risposta.
«Katherine, non si può che ogni volta che ti chiamo ci metti così tanto.
Non stavi nemmeno studiando!
E dovresti farlo visto che siamo quasi a fine anno e hai due materie sotto, ma tanto! Figurati, non fai mai nulla! Nulla!
Io davvero non so più che fare con te, se vieni rimandata, o peggio, bocciata di nuovo?
Non puoi darci un altro dispiacere del genere.
Non ci pensi a noi? Alla figura che ci fai fare? Non ti ho cresciuta per essere così egoista...
Vorrei proprio sapere che ho fatto di male, per meritarmi una figlia del genere...» borbottò.

Le sentiva sempre quelle frasi.
Ormai aveva imparato a non ascoltarle, ma non poteva evitare facessero male.
«Mh, grazie per credere in me mamma.» rispose ironica con un sorriso sofferente di scherno.
«Comunque ho solo una materia.
Recupererò, c'è ancora tempo...» bisbigliò abbassando la testa. 
Il panico crebbe nel suo petto.

Odiava tutto quello.
Odiava sua madre e ancora di più odiava se stessa per il senso di colpa che provava nell'odiare sua madre. Non capiva se avesse ragione o no, se fosse sua madre cattiva o se fosse semplicemente lei ad essere una figlia deludente. Ci provava ad assecondarla, faceva del proprio meglio, ma sembrava non essere mai abbastanza.
Sua madre aveva grandi aspettative, voleva fosse la figlia perfetta, cercava in tutti i modi di controllarla, come se stesse cercando di aggiustarla, di aggiustare la figlia nata male, ma che forse sarebbe ancora recuperabile con un po' di impegno e ossessività.

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