Capitolo 33

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Ormai Jade sapeva leggere benissimo il volto dell'alunna. Ne leggeva tra le micro espressioni lo sforzo di non scoppiare in lacrime. La preoccupazione sulla fossetta tra le sue sopracciglia.

Passò noncurante tra i banchi, osservando gli alunni che si esercitavano con gli esercizi alla lavagna.
Arrivata al posto di Valentine le appoggiò una mano sulla spalla, fingendo di guardare il suo compito con aria attenta.
Ne approfittó per farle un cenno preoccupato quasi dolce, come da copione, per farle scaldare il cuore e farla sentire meno sola.

Kat ricambiò con una smorfia forzata, che le diede un'aria sconsolata.
Abbassò lo sguardo sul foglio, sapendo di non riuscire a reggere gli occhi ghiacciati senza sentire le proprie emozioni fuoriuscire allo sbaraglio.

Uno sguardo di Jade bastava per scrutare ogni angolo del suo animo. Tutta quella cura che la Prof aveva nei suoi confronti le fece venire voglia di lasciarsi andare in singhiozzi, tra quelle braccia rassicuranti che conosceva bene, ma dovette resistere.

L'insegnante tornò alla cattedra, nascondendo un sorriso malato.
Adorava vedere il dolore sul volto di qualcuno. Non ne sapeva il motivo, ma il dolore la affascinava, e vederlo nei tratti altrui le dava i brividi. Come un brivido intenso, che le riempiva il petto, sfociando allo scoperto in un ghigno, rivelatore del suo sadismo.
Proseguì la lezione senza badare più di tanto a Katherine, solo dedicandole qualche sguardo sostenitore tra un calcolo e l'altro.

Sapeva esattamente il motivo del suo cattivo umore.
Per caso aveva anche incrociato Jack mentre tornava alla classe.
L'aveva guardata truce, aprendo il petto sicuro della propria vittoria.
Erano tutti così i ragazzi; dei coglioni.

Finita la sua ora gli alunni passarono alla cattedra, per farle vedere i libretti ed uscire prima. Mancava la Prof di Storia.
Tutti le fecero vedere la firma dei genitori, tranne Kat che non ne aveva bisogno dato la maggiore età.
La classe si svuotò velocemente, ma come aveva previsto l'insegnante, Valentine rimase al proprio banco.

Jade la guardò avvicinandosi.
«Ehi... 
Tutto ok, piccola?» le alzò il volto con una mano, sentendo le guance umide dal pianto.
L'occhio le cadde sul banco,  su di un foglio nero di scarabocchi e scritte.
Senza chiedere il permesso lo prese incuriosita.
«No...» si oppose Kat, docile, con un filo di voce. Imbarazzata abbassò la testa.

West avvicinando il foglio al volto lo lesse ad alta voce.
«Una lama di sfiducia perfora le mie vene.
Sotto parole troppo pesanti sento le mie ossa rompersi.
Scegliere un destino che mi spezzerà in due in ogni caso.
Non sei abbastanza, non lo meriti, lo pensano tutti.
Anche se ci provo parto in fallo comunque.
Avere lacrime sul viso, resistere finché le risate parlano di te, tutto questo dolore non fa che buttarmi giù.
Non riesco nemmeno a desiderare un coltello, non riesco nemmeno a fermare la mia decaduta.
Perché le parole pensate non trovano mai una via d'uscita e le verità trovate finiscono sempre in frantumi?
Posso pregare di farla finita?»

Jade rimase sbalordita, non sapeva che la ragazzina avesse un tale talento per la scrittura. Non era chissà che cosa, certo, soprattutto se in confronto alle sue produzioni, ma per essere solo uno sfogo, dovette riconoscere la poeticità e il potere delle parole scelte.
«L'hai scritto tu, sì?» chiese conferma, osservando la rossa e poi di nuovo il foglio su cui erano scritti i pensieri pesanti.

Se non fosse stato che stava troppo male per pensarci, Kat sarebbe di certo morta d'imbarazzo nel fare leggere qualcosa di suo.
«S-sì...» 
«Perché non mi hai detto che scrivi?
Sei brava, sono parole bellissime...» le asciugò le guance con una carezza.

Valentine sentì il cuore battere veloce sotto un guizzo di gioia.
«Grazie... io...
Scrivo solo quando sto male.»
Abbassò lo sguardo e senza che Jade glielo chiedesse iniziò a parlare.
Aveva bisogno di farlo, aveva bisogno di tirare fuori quelle cose, e soprattutto sentiva il dannato bisogno di Jade in quel momento.

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