Capitolo 47

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Jack si sentiva nervoso.
Non sapeva che avrebbe detto.

Sì, Kat stava ridendo per la sua battuta e non sembrava avercela con lui, ma si era comportato da stronzo. Avrebbe capito se lei non avesse voluto perdonarlo, anche se una risposta del genere sarebbe costata l'ennesima crisi.

Nella sua testa c'era troppo silenzio. Le cicatrici prudevano. Non era un buon segno.

Katherine gli dedicò un sorrisone.
Non poteva essere più felice per quella proposta. Si rese conto di quanto gli mancasse, di quanto avesse voglia e bisogno di abbracciarlo per sentirsi meglio.

«Mi dispiace per tutto. Non devi scusarti.
È anche colpa mia. Sono stata egoista. Scusami. » spostò una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
«Io voglio essere una buona amica, davvero. Se vuoi parlarmi di qualsiasi cosa ci sono.» aspettò di sentire la spiegazione, curiosa, ma il ragazzo non aveva idea di come dirlo, di come costruire una frase, parola dopo parola, che spiegasse tutto senza farlo sembrare pazzo.

La paura lo assalì. Era una pessima idea, o per lo meno, non era il momento giusto. Svelare la parte più intima e problematica di sé non era una cosa che poteva fare a comando.

«Mh...no lascia stare. Non è niente di importante. Te lo dico dopo.
In questo momento sei tu quella che ha più bisogno di parlare.
Cosa è successo? Come stai?» cambiò discorso, sperando Kat abboccasse..

Katherine aveva un dannato bisogno di sfogarsi. Stava malissimo e non c'era nulla che desiderasse di più che parlare e farsi abbracciare dal suo migliore amico, ma si cucí la bocca.
Non poteva permettersi di parlargli di Jade dopo tutto quello che era successo...

«Mh, niente. Davvero, non è nulla.
Non voglio annoiarti…» si abbracciò alle proprie ginocchia.

Jack inghiottì un boccona amaro.
Sapeva bene di cosa si trattasse. Non serviva avere molta fantasia.
Un brivido gli si arrampicó lungo tutta la schiena.
«Si tratta di Jade, vero?» la domanda era sua, ma la voce era fredda, distante.

Katherine annuì ed il ragazzo sentì male per quel gesto.

«Va bene così. Parlamene...
Non ho problemi, se me ne parli io non ho problemi.» lo disse a se stesso. Sapeva di starlo dicendo a se stesso per autoconvincersi, per scacciare quel fastidioso, che non voleva lo determinasse come amico.

«Abbiamo litigato. Si è arrabbiata con me, perché ho quasi mandato a puttane tutto e…
Non lo so. Ho paura che sia finito tutto.
Non voglio perderla. Non voglio.»

L'aria sfuggì dai polmoni del ragazzo. Non riusciva a respirare, non riusciva a muoversi. Il dolore stava prendendo forma mutando in rabbia, gli stava facendo scricchiolare le ossa e spappolando il cuore.

'Capito Jack? Lei non vuole perderla. Ma perdere te non è stato un problema a quanto pare...' il suo demone ne approfittó per affilarsi le unghie, riaprendo le ferite.
Trovò l'aria, ma non era più buona. Faceva male respirare.

Non voleva essere debole. Non voleva far sapere alla rossa che lo stava ferendo ancora. Era stato lui a dirle di parlarne. Non poteva più tirarsi indietro. Doveva essere un bravo amico.

«Magari è solo un momento. Che ti ha detto?» sforzò un sorriso rassicurante, prese a giocare con la sigaretta dietro al suo orecchio.
Aveva bisogno di fumare, ma non lo avrebbe fatto, sapeva che a Kat dava fastidio l'odore del fumo.

«Mi ha dato della stupida e... ha detto che le faccio schifo. Solo perché avevo scritto il suo nome sul banco. Ed è già da qualche giorno che mi ignora...» nel riparlarne non riuscì a trattenere due lacrime. Non voleva piangere ancora, ma ricordó il modo in cui le aveva parlato e l'aveva guardata; come se non gliene fregasse più niente, come se fosse insulsa. Come la guardavano tutti in quella classe di stronzi, ma Jade non era tutti.

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