capitolo 28

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Scendo dalla macchina e a grandi passi mi dirigo verso la porta d'ospedale che sembra sempre più lontana, come un punto grigio in mezzo al bianco. Quando sono davanti a questa le mie mani gelide la spingono e quando varco la soglia sembra di aver cambiato Stato. Qui dentro si sta decisamente meglio è caldo, molto caldo, mucho caliente.

Comincio a salire le scale, sempre le stesse scale, sempre lo stesso posto, sempre la stessa strada, sempre le stesse cose. Arrivo al pianerottolo di papà e come sempre la porta è chiusa. La apro e mi ritrovo una sorpresa. La zia e un medico.

"Zia" sussurro. Non la rivedevo da un eternità.

"Piccola Bee" dice lei abbracciandomi.

"Come stai?" le chiedo non sapendo cosa dire.

"Bene e tu? Cavoli quanto sei diventata grande" dice lei abbracciandomi di nuovo.

"Che ci fa un medico nella stanza di papà?" chiedo sempre più curiosa.

"Ho visto tuo padre muovere un dito quindi l'ho chiamato immediatamente. Ora se vuoi ti lasciamo sola con lui"

Papà ha mosso un dito. O mamma. Che bello! Allora è probabile che passeremo il Natale insieme, magari anche con Katie e la sua famiglia, magari anche con Evan, con Julie e tutti. Sarebbe fantastico.

"Signorina se nota altri movimenti, me lo faccia sapere" dice il medico scrutandomi con i suoi occhi attenti.

"Certamente" rispondo.

Prendo la sedia e poi come sempre mi siedo al fianco di papà, gli prendo una mano che stranamente non è gelida come sempre, sembra più calda e il suo volto sembra aver ripreso un po' di colorito. Una lacrima solca il mio volto, non lo so perché piango, ma qualcosa dentro di me dice che sta per cambiare tutto e credo in peggio.

Stringo la mano di papà continuando a versare lacrime senza un motivo ben preciso, adesso penso a ieri sera e a quanto sono stata egoista. Non ho pensato a nessuno. Non ho pensato a mio padre, a mia madre, ai miei amici, ho pensato solo a quanto potessi essere felice in quel momento. E non c'è niente di più egoista. Piango perché sono stata una stupida, piango perché mi sono lasciata andare, piango perché mentre io ero felice papà era steso qui su un lettino incapace di svegliarsi, piango perché sono un egoista che ha pensato di fare la cosa giusta.

"Scusami papà" dico tra un singhiozzo e l'altro.

Ed all'improvviso che succede. La mia stretta di mano viene ricambiata e sento di nuovo il suo calore che mi accende l'anima. Il mio papà. Piango adesso per la felicità.

"Piccola mia, tu non hai niente di cui scusarti" sussurra con filo di voce.

"Papà, mio Dio, sei tu" dico dandogli un bacio. E' davvero qui con me, a parlarmi.

"Aspetta chiamo un medico" mi precipito fuori lasciando la porta aperta. Trovo subito un medico che anche non capendo bene ciò che è successo mi segue senza ribattere ed è quando vede gli occhi di papà aperti che il suo volto s'illumina.

Mi fanno uscire dalla stanza e dopo un po' di proteste faccio come mi è stato detto. Mi siedo su una sedia d'aspetto. Mio padre è vivo. E' ancora qui con me. Lo potrò riabbracciare. Potrò continuare a passare intere giornate in sua compagnia. Potrò passare il Natale con lui. Piango questa volta dalla gioia. Un sorriso si forma sul mio volto mentre continuo a versare lacrime. Prendo il telefono e chiamo Katrine.

"Bee, tutto bene?"

"Katie, papà si è svegliato, correte, davvero non sto scherzando è sveglio. Ora il medico ci sta parlando e mi hanno cacciato dalla stanza."

"Eccoci siamo già in macchina" dice lei mentre sento il suono della cintura che si allaccia.

"Cavoli Flash!" dico per poi attaccare.

Il medico esce dalla stanza per poi richiudere la porta dietro di lui. Mi guarda con gli occhi chi sta per dare una buona notizia. Mi alzo di scatto dalla sedia per poi essere davanti a lui, aspettando che questo parli e mi faccia sentire meglio.

"Allora suo padre è in salute e sta bene, però bisogna che lei passi la giornata qui per stargli accanto e vedere come sta nel corso del giorno. Se suo padre non presenterà malori per oggi, già domani pomeriggio potrete tornare a casa visto che è quasi Natale" spiega il medico.

"Va bene" rispondo mentre lui mi lascia con papà. Vedrò di rimandare il pomeriggio con Evan, non si finirà mica il mondo. Alla fine ho una buona ragione.

Entro in stanza e vedo papà che si guarda attorno. Quando mi vede mi rivolge un sorriso paterno e i suoi occhi prendono a brillare come non hanno mai fatto. Come stelle. Come qualcuno che ha ritrovato la sua luce.

"Papi. Non sai quanto mi sei mancato" dico abbracciandolo.

"Tesoro, come sei stata in queste settimane? con chi?" chiede lui guardandomi serio,

"All'inizio è stata un po' dura, ma Stephenie, la mamma di Katrine e la sua famiglia mi hanno accolto in casa loro. Ho continuato ad andare a scuola. Sono venuta a trovarti tutti i giorni. Il medico ha detto che se oggi non hai malori domani possiamo già tornare a casa."

"Stephenie dov'è?"

"Sta arrivando ho chiamato Katrine" neanche il tempo di pronunciare l'ultima parola che Stephenie balza in camera.

"Oddio menomale che stai bene" dice lei abbracciando mio padre.

"Grazie per esservi prese cura della mia bambina" dice lui ammiccando alla mia amica e sua madre.

"E' stato un enorme piacere"

Katrine mi fa cenno di uscire e io la ascolto, vedo Evan proprio dietro la porta. Ha le mani in tasca e guarda il pavimento. Quando alza lo sguardo incrocio i suoi occhi chiari bellissimi in cui mi perderei altre mille volte.

"Evan, che ci fai qui?" chiedo.

"Sono venuto a vedere come stai"

"Non sono mai stata meglio. Papà si è svegliato e oggi devo restare tutta la giornata con lui se no domani non lo rimandano a casa quindi va bene se rimandiamo il pomeriggio?" chiedo mordendomi un labbro per l'imbarazzo.

"Bee tranquilla, va bene." dice prendendomi le mani.

Mi lascia un delicato bacio sulle labbra che sembra durare in eterno. Metto le mie braccia attorno al suo collo e mi perdo nell'amore. E' così bello a volte. Capace di farti soffrire, ma anche capace di farti vivere momenti di pura felicità. Non capisco perché deve essere così complicato, a volte è speciale nella sua semplicità. Sono felice perché è bello essere felici, è un piacere della vita e bisogna goderselo sempre fino all'ultimo.

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