Il test è andato perfettamente, almeno una gioia. Ho copiato tutto dal libro: l'ho aperto sotto il banco e quando la prof. era distratta sfogliavo le pagine senza farmi beccare. (Almeno spero che non mi abbia vista.)
Finalmente suona l'ultima sacra, magica, benedetta, campanella, che non ringrazierò mai abbastanza per tutta la gioia che mi porta.
Gli studenti si precipitano fuori la porta anche prima che la prof. finisse di spiegare, ma la campanella con il suo suono sacro mette fine ad ogni sorta di tortura, che sia matematica come italiano, inglese o francese, geografia o storia, chimica o scienze.
"Vuoi venire a casa mia?" chiede Katrine apprensiva.
"Sai non... " neanche finisco la frase che mi parla sopra.
"Non dire che non vuoi disturbare se no ti trascino con la forza" dice.
"Ehm.. Vengo con piacere" rispondo.
"Brava ragazza" dice prendendomi a braccetto e andando verso l'autobus.
Arriviamo a casa della mia amica poco dopo. Troviamo la mamma di Katrine alle prese con i fornelli, invece la sua sorellina è appena tornata dall'asilo, è piccolina frequenta l'ultimo anno dell'asilo, è una bambina bellissima e molto tranquilla, lei ha dei riccioli d'oro che le incorniciano un volto perfetto con due piccoli occhi scuri e la pelle chiara e liscia. Indossa un carinissimo vestito a fiori colorato.
"Salve" dico entrando.
"Bee resti a pranzo da noi?" chiede Stephenie con gli occhi che brillano e un sorriso stampato in volto.
"L'ho costretta quindi si, resta da noi" dice Katrine prima che possa aprire bocca.
Pranziamo tutte assieme, invece il papà di Katrine è a lavoro, quanto vorrei che mio padre adesso fosse a lavoro invece che in una orrenda stanza d'ospedale. Dopo pranzo vado a trovarlo. Credo che vederlo mi possa far star meglio, chissà magari si sveglierà ascoltando la mia voce.
Bailey, la sorellina di Katrine, sta raccontando la sua giornata di asilo alla mamma che ascolta attentamente ogni sua parte del discorso, mi ricorda quando ero io a raccontare a mia madre le giornate dell'asilo, mi sentivo come un detective che ha risolto un mistero, mi sentivo grande, realizzata e pronta ad affrontare la giornata successiva, perché sapevo che avrei sempre potuto raccontare tutto ciò che imparavo, scoprivo. Mi viene un morsa allo stomaco, se avessi davanti la mamma quante cose vorrei dirgli.
Vorrei parlarle di Matt e di quanto ha significato per me e di quando adesso, senza di lui, mi senta persa. Di come Evan mi manda in confusione con i suoi occhi chiari e misteriosi, e di quella sensazione che ho, la sensazione che lui nasconda qualcosa, di come la sua storia sia diversa dalla mia o da quella di qualunque altra persona. Vorrei dirle della paura che ho di perdere papà. E di come sembra che il mio miracolo, l'effetto collaterale che aspetto da tutta la vita non sembra arrivare.
Finiamo di pranzare e do una mano alla mamma di Katrine a sparecchiare, mentre Katrine mette a fare il pisolino a Bailey. Che tenera quella bambina.
"Che fate oggi pomeriggio?" chiede Stephenie rivolgendosi a me e a sua figlia.
"Io volevo andare a trovare papà" dico.
"Io vado con lei" dice la mia amica.
"Katrine, se non vuoi venire non ti preoccupare" dico una volta in camera sua.
"Ma sai quanti bei ragazzi puoi incontrare. T'immagini troviamo un fantastico Augustus Waters" dice sognante.
"Sei sempre la solita. Peccato che dopo ci sia una Hazel Grace gelosa" ridacchio lanciandole un cuscino.
Cominciamo una battaglia a cuscinate che sembra non finire più. Dopo un po' siamo esauste e ci buttiamo sul letto morbido e ormai privo di cuscini. Scoppiamo in una risata che mi ci voleva proprio, al diavolo tutti, sono stanca di essere triste, di vedere il peggio, perché adesso sono felice e niente può sottrarmi questo piccolo istante di felicità.
Katrine si alza e va alla finestra dopo aver guardato l'orologio. Si siede e guarda giù.
"Che guardi?" chiedo andando vicino a lei.
"Il mio Charlie Reed passa davanti casa mia dopo aver finito i corsi pomeridiani" dice sognante.
"Mi dispiace, ma Charlie Reed per fascino non lo batte nessuno" dico alzando le mani.
"Neanche Evan?" domanda inarcando un sopracciglio.
"Ti ho già detto che non posso. Non posso dimenticare quello che siamo stati io e Matt da un giorno all'altro, sarebbe molto egoistico e meschino e poi lui non mi piace" dico convinta. Perché è vero.
Guardo l'orologio e decido di cominciare ad infilarmi il cappotto. Credo che andremo a piedi, l'ospedale è a due passi da casa di Katie.
Scendo le scale seguita da lei, saluto sua madre e infine usciamo.
L'aria è fresca, tira vento non eccessivamente, però basta per scompigliarti i capelli e per farti rabbrividire. Ricordo quando con papà facevamo questa strada per andare a trovare la mamma. E' stato il periodo più brutto della mia vita e lo sarà sempre.
Quando arriviamo l'imponente edificio mi fa rabbrividire. Superata la porta, l'odore dell'ospedale penetra nelle nostre narici. Le persone girano la loro testa per puntare i loro occhi su di noi. Nei loro occhi leggo, paura, speranza, tristezza, lutto, conforto.
Saliamo fino al piano di papà ed entro la sua stanza, proprio uguale a come era ieri. Chiudo la porta dietro me. Mentre avanzo verso il letto, trascinandomi una sedia dietro per sedermi affianco a lui.
"Papi, eccomi, verrò a trovarti ogni giorno, promesso. Io so che tu puoi sentirmi e ti prego non lasciarmi, io non so come farei già oggi quando mi sono svegliata è stato orribile, non vederti in giro, la casa silenziosa, buia, spoglia. Tutto è grigio senza te, buio, quindi torna da me, qui, apri gli occhi, per favore." una lacrima scende sul mio volto rigandomi le guance.
Vederlo così pallido, con le mani gelate, collegato a tante macchine, fa male e io a volte non mi spiego il perché. Perché a me. Resto ancora un po' con lui, prima di uscire dalla stanza dopo avergli lasciato un dolce bacio sulla fronte.
Mi chiudo la porta alle spalle e resto lì ferma a fissare il vuoto.
Dopo poco passa un ragazzo, sulla sedia a rotelle, il cappuccio sulla testa e degli occhiali scuri.
"Ciao" dice rivolto a me, senza però girarsi del tutto.
"Ciao" dico asciugandomi le lacrime.
"Stai bene? sembra che tu abbia pianto"
"Si sto bene, nulla di grave. Tu?" chiedo rivolgendogli un debole sorriso.
"Come vedi, non sono la persona più sana del mondo però sto bene" dice facendomi un sorriso sbilenco.
"Cos'hai?" chiedo.
Il suo volto s'incupisce. Serra le labbra e sembra che non ne voglia parlare. Non si fa vedere in volto, ciò che riesco a scorgere del suo volto sono solo le labbra e il naso. Eppure mi sembra così familiare. Sembra che sta per parlare quindi rivolgo la mia attenzione tutta su lui, dimenticando per qualche istante tutto quello che mi circonda.
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Effetti collaterali
RomanceDue ragazzi. Un solo amore. Una vita. Infinite emozioni. Bridget Collins si ritroverà ad affrontare situazioni che non sarebbe mai riuscita ad immaginare. Evan Cooper ha la sua vita programmata minuto per minuto su una tabella di marcia che non s...