Capitolo 2

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Scendo dall'autobus di fretta e furia, senza aspettare neanche le due mie amiche che mi guardano abbastanza stranite, e attraverso tutto il cortile della scuola correndo, fino ad arrivare al gruppo degli amici di Matt.

"Ciao ragazzi" saluto con il fiatone.

"Bee, sembra che tu abbia corso una maratona", ridacchia Jason.

"Matt mi ha riferito di dovermi parlare urgentemente. Dov'è?" chiedo. I ragazzi s'incupiscono e tutti abbassano la testa.

"Matt... vedi lui è lì", mi risponde indicandomi una panchina.

Infatti Matt è seduto dinnanzi i miei occhi, con i suoi capelli biondi che gli ricadono sulla fronte e gli occhi fissi sul telefono. Non ha l'aria di qualcuno che porta buone notizie, ma mi faccio coraggio e cammino nella sua direzione.

Quando sente dei passi avvicinarsi, alza lo sguardo facendo incastrare i nostri occhi. Mi rivolge un debole sorriso, di quelli che non fanno presagire nulla di buono.

"Ehi Matt", sussurro sedendomi al suo fianco.

"Bridget". Brutto segno. Non mi chiama mai con il mio nome intero.

Con un gesto della mano, lo incito a parlare, anche perché tra un po' suonerà la campanella della prima ora e ognuno entrerà nella propria classe.

"Senti. Io non so come dirtelo. La situazione è complicata e non vorrei mai che tu ci stessi male. Come sai, mio padre è uno che viaggia molto a causa del suo lavoro. Questa volta non si tratta di qualche mese però. Dobbiamo trasferirci in Grecia per dieci anni e tutta la famiglia è costretta a partire" mi spiega tenendo basso lo sguardo.

Non appena finisce, mi guarda e il mio mondo crolla. Com'è possibile che deve andarsene così lontano? E perché poi per così tanti anni?

Non riesco a crederci. Sicuramente l'unica soluzione è quella di troncare la nostra relazione. A nessuno dei due è mai piaciuta una storia a distanza e non credo che questa situazione passa fare eccezione. Credevo di restare al suo fianco per sempre, ma come sempre mi sbagliavo. Ogni cosa finisce e credo di aver appena visto la fine della mia relazione.

"E noi?" chiedo titubante.

"Bee, lo sai meglio di me. Sei sempre stata tu quella intelligente tra i due, ma persino io riesco a capire come andranno a finire le cose."

"No, Matt", sussurro con un groppo in gola.

"Bee, parliamo di dieci anni, non due o tre. Prima o poi, uno dei due si stuferà." risponde con le lacrime che minacciano di scendere.

"Ok", rispondo semplicemente, "quando partirete?" chiedo poi.

"Oggi pomeriggio", risponde senza guardarmi negli occhi.

"Quindi suppongo che questo sia un addio?"

"Si"

Matt mi abbraccia e mi stringe a sé, facendomi sentire tutto il calore e il suo profumo per un'ultima volta. Mi mancherà e ci metterò del tempo per dimenticarlo, ma ci riuscirò. Volteremo pagina e potremmo scrivere un nuovo capitolo delle nostre vite.

La campanella suona e siamo anche costretti ad allontanarci. Sta anche iniziando a piovere, quindi meglio rientrare.

"Stammi bene Bridget Collins. Meriti il mondo"

"Anche tu Matthew Evans"

E con quelle parole diamo le spalle l'uno all'altro.

***

Entro in classe con i capelli bagnati dalla pioggia e la maglietta umida.

Katrine e Julie appena mi vedono mi abbracciano è proprio il tipo di abbraccio che mi serviva, perché mi fa capire che se mi vedono triste si rattristano assieme a me e la cosa mi fa comprendere che sono vere amiche perché ti restano affianco sempre, sia nel dolore, sia nella gioia. Non credo che le ringrazierò mai abbastanza. Il loro abbraccio era l'effetto collaterale che mi serviva, perché ogni azione ha il proprio effetto collaterale.

"Mi coprite con la prof.?" dico a bassa voce.

"Certo" risponde Julie ridacchiando.

Non ho voglia di essere in classe con tutte quelle persone che ti fissano. Solamente perché ti vedono con gli occhi lucidi di chi ha sperato troppo. Con il trucco sbavato di chi ha pianto troppo. Con l'aria stanca di chi non vuole accettare la realtà. E con la mente che sogna un mondo migliore, che purtroppo, mai vedrà prendere vita, perché a volte fa bene illudersi. Ti rende felice. Quando non hai niente a cui aggrapparti l'illusione e l'immaginazione sono lì pronte a farti compagnia ed è un bene che ci siano.

Esco fuori, salendo le scale antiincendio e avviandomi verso l'ultimo piano della scuola, dove ormai non ci andava più nessuno da anni. Sarei andata sul tetto se il tempo avesse permesso, ma sta cominciando a diluviare quindi credo che me ne starò qui.

Vado verso la vecchia stanza di informatica, ma mentre passo davanti alla vecchia aula di chimica trovo un ragazzo, lo stesso che mi ha preso il posto questa mattina sull'autobus.

Lo osservo, sta appuntando qualcosa su un foglio, con ancora il cappuccio e le auricolari nelle orecchie, l'aria distrutta e quegli occhi spenti che adesso mi fissano.

"Cosa ci fai qui?" chiede.

"Potrei chiederti la stessa cosa", rispondo inarcando un sopracciglio.

"Beh, non sono affari tuoi", ribatte.

"Vale la stessa cosa per te" dico.

Faccio un passo indietro per andarmene, ma lui mi ferma.

"Hai l'aria di chi gli è appena caduto il mondo addosso", constata.

"E cosa te ne importa?" rispondo con le lacrime agli occhi. Sono stata troppo dura, lo so, ma non riesco a parlare con uno sconosciuto dei miei attuali problemi.

"Bene, ciao", dice soltanto, rientrando e sbattendosi la porta alle spalle.

Entro nell'aula di informatica e metto una commedia romantica, giusto per ricordarmi che riderci su è sempre il mondo migliore per affrontare le situazioni. E intanto penso a quale effetto collaterale potrebbe aver ricevuto dalla vita quel ragazzo per essere così triste e scontroso.

Effetti collaterali Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora