Questa mattina mi sono svegliata con le occhiaie più grandi che io abbia mai avuto. Ma non mi importa.
Esco dalla camera, coi capelli ancora scompigliati, e vado a prepararmi un cappuccino caldo.
Guardo l'orario. Mancano quaranta minuti prima della lezione con Rudy.
Alla fine, Maria è riuscita a farmi vedere con lui, ma non so se gli farò sentire la canzone, anche se la lezione doveva essere esclusivamente per quella.
Torno in camera a prepararmi, ancora impastata di sonno, stropicciandomi gli occhi.
Prendo i vestiti e, in pochi minuti, sono pronta per uscire.
Gli altri cantanti sono ancora a dormire, mentre i ballerini sono già usciti per la lezione di classico con Montesso.
Rimango per un po' al freddo, sui divanetti, poi, con la caviglia ancora leggermente dolorante, esco dal cancelletto, andando verso la saletta.
Quando apro la porta dell'aula 3, Rudy è già lì davanti.«Ciao Bea»
«Buongiorno» saluto io, facendomi apparire sul volto il sorriso migliore che riesca a trovare.
«Maria mi ha chiamato e mi ha detto che avevi qualcosa di importante da farmi sentire. Giusto?» chiede, curioso, anche se sa già di cosa si tratta.
«Emh...si, avevo scritto un inedito, ma...» il mio volto si scurisce.
«Ma...?»
Odio quando i professori fanno così. Capisco che, essendo loro allievi, debbano sapere di noi, ma abbiamo bisogno anche dei nostri spazi.
«Ma...ho...lasciato il quaderno in casetta» dico, cercando una scusa valida.
«Beh, dai» si guarda l'orologio al polso «abbiamo tempo. Puoi andarlo a prendere, io ti aspetto qui»
La mia strategia non ha funzionato.
«Ok» abbasso lo sguardo ed esco dall'aula.
Mi chiudo la porta alle spalle e, sbuffando, vado verso la casetta.
Quando arrivo, non c'è nessuno, sono tutti a lezione.
Prendo il più velocemente possibile il quaderno dal cassetto e torno da Rudy che, paziente, sta aspettando me e la mia caviglia non proprio in forma.«Eccomi» dico, aprendo la porta, anche se sarei rimasta volentieri fuori.
«Bene, sentiamolo» sorride Rudy, appoggiandosi alla scrivania davanti a lui.
Mi faccio spazio fra l'attrezzatura della stanza e appoggio il quaderno sul leggio, aprendolo alla pagina giusta.
Prendo in mano il microfono e comincio a cantare a cappella, visto che la base è salvata solo sul mio laptop.
Le prime strofe mi riescono bene, ma, quando arrivo al ritornello, mi ritornano alla mente i momenti di cui ho scritto.
La voce si fa più debole e tremolante. Gli occhi impazziscono, non sapendo da che parte guardate, cercando di nascondere a Rudy le lacrime che salgono.
Chiudo le palpebre, provando a calmarmi, ma le immagini mi passano velocemente davanti, facendomi rivivere quel giorno.
Finché la voce non si abbassa a tal punto da trasformarsi in singhiozzi.
Con ancora il microfono in mano, mi copro il viso, appoggiandomi alla sedia dietro di me.
Rudy è ancora lì davanti a fissarmi.
«S-sc-scusa» provo a dire, continuando a piangere.
«Non devi scusarti» mi spiega Rudy, comprensivo «Ora calmati»
Faccio qualche respiro profondo, finché il battito e non torna normale.
Apro gli occhi e Rudy mi fa segno di prendere i fazzoletti.
Sorrido appena e ne prendo uno.
Rimaniamo qualche secondo in silenzio, poi capisco che vuole che parli io.
«Io...l'ho scritta l'altro giorno, dopo...aver sentito...qualcosa che non avrei dovuto ascoltare» le frasi mi escono a metà.
«Quando l'ho finita...mi è piaciuta» continuo, accennando un piccolo sorriso «Così ho composto la base...e...ho chiesto a Maria di fartelo sentire, prima che me ne potessi pentire»
«Ed è successo proprio quello che non avresti voluto, vero?» mi chiede Rudy, ma sa già la risposta. La sua era più un'affermazione.
Annuisco con la testa ancora bassa.
«Sai...» ricomincia Rudy, incrociando le braccia «Noi...vediamo tutto quello che succede in casetta. Lo sapevi?» cerca il mio sguardo, che si rialza a quelle parole.
«No, ceh...si, ma non pensavo vedesse proprio tutto»
Realizzo solo in quel momento quello che vuole dire.
«Tu...quindi, sai quello che...»
Non riesco a finire la frase che lui annuisce, silenzioso.
«Se non riesci, non importa che me lo spieghi. Ho già visto tutto dalle telecamere»
Il ricordo riaffiora nella mia mente e mi piego in avanti con i gomiti sulle ginocchia.
«Non volevi farmela sentire, vero?» rimango in silenzio «Ti ha fatto male»
Annuisco nuovamente, le lacrime minacciano di uscire un'altra volta «Per due volte» sussurro, quasi mangiandomi le parole.
«Se hai bisogno di sfogarti, ti lascio qualche minuto...» dice Rudy, ma non gli faccio finire la frase.
«No no. Devo...lasciarmi scivolare tutto questo addosso. Sono stata una stupida a pensare...quello. Ormai, non sento più niente» alzo il viso e fisso Rudy negli occhi. La mia voce è ferma e sicura di quello che sta dicendo.
«Beh...se sei sicura...ok. Non sono, di certo, io a dirti quello che devi fare»
Gli sorrido. Per la prima volta veramente.
«Grazie, Rudy» mi alzo dalla sedia. È ora di tornare in casetta.
«Ci vediamo domani per la lezione» mi saluta lui.
«Certo. Ciao»
«Ciao»
Esco dall'aula, felice. Finalmente mi sono liberata del peso che portavo da giorni.
Vado dritto, verso il portone rosso, ma, quando mi manca ancora qualche metro all'uscita, la porta si apre.
Lo stomaco si chiude, ma non provo niente. Trattengo solo il respiro.
Christian mi passa affianco, senza salutarmi. Meglio così, non avrei saputo cosa dirgli.
L'unica cosa strana che noto, prima che possa entrare in aula per la lezione, sono le mani fasciate.Spazio autrice
Non sto più a dirvi "scusate se ci ho messo tanto pk sono piena di impegni" perché sarei solo ripetitiva.
Questa volta voglio solo ringraziare tutte le persone che, anche se sono stata assente e lunga coi tempi, hanno continuato a leggere questa storia e a lasciare voti e commenti.
Grazie davvero <333
(non ho riletto il capitolo quindi potrebbero esserci errori)
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TᴜʀʙᴏJR /𝐶ℎ𝑟𝑖𝑠𝑡𝑖𝑎𝑛 𝑆𝑡𝑒𝑓𝑎𝑛𝑒𝑙𝑙𝑖/ ᵃᵐⁱᶜⁱ21/22
FanfictionI suoi occhi erano belli come il cielo. I capelli, riccioli scombinati, come nuvole setose, e le mani delicate come l'aria. La sua bocca era la pioggia, umida e intensa, che picchiettava sulla pelle facendo salire i brividi. La sua pelle era come la...