25 ~ ED

4 2 0
                                    

Non pensavo che l'avrei mai fatto, ma darli a lei mi sembra un'idea migliore che tenerli lì a far la muffa. Le servono degli abiti nuovi e si dà il caso che io ne abbia giusto alcuni da donna praticamente mai usati. Sofia e mia sorella non potranno avere misure poi tanto diverse, no? Vado in camera mia e sposto la sedia della scrivania vicino all'armadio per poter tirare giù il baule da sopra il mobile. Quando lo sposto si solleva una nuvola di polvere. Lo poggio a terra e armeggio con la chiusura per aprirlo.

Lo custodisco come una sacra reliquia, nessuno a parte me può anche solo pensare di avvicinarsi. Nei primi tempi dopo il funerale ero solito aprirlo e annusare i suoi abiti, poi però mi ero accorto che continuando così avrei lasciato uscire del suo interno tutto il profumo, il suo profumo, che racchiudeva. Perciò é da mesi che se ne sta lassù appollaiato e mi osserva con la sua bocca serrata quando sono sdraiato a letto.

«Cosa stai facendo?» mi chiede Sofia incuriosita.

«Adesso vedrai» le rispondo senza veramente dare una risposta alla sua domanda.

Finalmente la chiusura cede e il baule, dopo quasi un anno che non viene toccato da nessuno, si riapre svelando quello che custodisce. Ci sono vestiti, tanti vestiti.

Pantaloni, magliette, camicie, abitini, scarpe, borsette, cofanetti contenenti bracciali, collane e orecchini vengono finalmente fuori alla luce del giorno dopo tanto tempo. Comincio a tirar fuori alcuni vestiti che mi sembra possano andar bene e il suo odore mi investe di nuovo. Anna metteva sempre un profumo alla rosa, così ogni cosa che le apparteneva prendeva quell'essenza. Quasi mi aspetto di vederla apparire alle mie spalle come se fosse soltanto andata in vacanza e adesso fosse ritornata a casa. Quando mi giro però c'è soltanto Sofia che mi guarda incerta su cosa debba fare.

«Dove li hai presi tutti questi vestiti?» mi chiede con voce allarmata.

«Erano di mia sorella, quella di cui ti ho parlato la prima volta che sei venuta qui, a casa mia.» Le porgo alcuni capi che ho selezionato tra quelli contenuti nel baule. «Tieni, provati questi.»

«Sei sicuro che posso prenderli?» Mi guarda come in cerca della conferma.

«Certo. Qui dentro stanno solo a prendere polvere. I vestiti sono fatti per essere indossati.»

«Ma sono un ricordo di tua sorella» dice titubante.

«Sono soltanto oggetti, non sarà di certo la loro mancanza a farmi dimenticare tutti i bei ricordi che ho di lei.»

Finalmente si decide a prendere i vestiti che le porgo.

«Grazie.»

Se ci fossero Michi e Lex rimarrebbero scioccati. Ai loro occhi questa sembrerebbe la mia ennesima follia, oppure un segno di guarigione. Fino a pochi giorni fa per nulla al mondo avrei dato le cose di Anna a qualcuno dicendo che tanto erano solo oggetti. Riesco quasi a vederli scambiarsi uno sguardo perplesso e preoccupato. È da un po' che mi sono accorto che hanno sviluppato un loro linguaggio fatto solo di sguardo ed occhiate da cui io sono tagliato fuori. Immagino anche che parlino tra di loro in segreto, che parlino di me. Si capisce che tra di loro c'è un'intesa speciale.

«Dovrebbero andarti bene, forse solo leggermente lunghi. Su, provali.» Mi sto dirigendo verso la porta per permetterle di cambiarsi quando lei mi ferma.

«Puoi rimanere vicino alla porta? Così, se la lascio aperta, possiamo continuare nella lettura» dice porgendomi il lei-libro. Non riesco a capire quando l'abbia ritirato fuori dal suo nascondiglio senza che me ne accorgessi.

«Okay.»

Dopo aver preso il libro, mi siedo per terra e mi poggio allo stipite della porta con le spalle rivolte all'interno della stanza.

Amy è stata svegliata, ma è ancora chiusa nella cassa con tutti i tubi in gola. Con le mani li strappa via e la bocca forma un tondo perfetto da cui entra tutta l'acqua. Sta urlando, con gli occhi spalancati, solo che nessuno riesce a sentirla. C'erano volte in cui speravo e temevo che Anna non fosse davvero morta, che fosse stato commesso un errore e che si sarebbe svegliata trovandosi chiusa in una bara sotto terra. Avrebbe urlato, ma l'ossigeno sarebbe finito presto e sarebbe morta comunque. Non riuscivo a dormire la notte, tenuto sveglio da questo pensiero. Per un certo periodo avevo anche permesso all'idea di andare a dissotterrarla di notte nel cimitero di bisbigliarmi all'orecchio come il canto di una sirena. Per fortuna alla fine avevo lasciato perdere e avevo capito che era solo una sciocca ed insensata speranza. I medici l'avevano dichiarata morta e non potevano essersi sbagliati. Ero io che non potevo accettarlo.

Senza volerlo comincio a far scorrere le dita sulla cicatrice sulla mano destra, come se quel gesto potesse calmarmi ed impedire al passato di risucchiarmi nel suo vortice.

«Mi vanno bene tutti» dice Sofia con la sua esile vocina.

«Fantastico. Allora posso rimettere il baule via.»

Quando mi avvicino per chiuderlo e riporlo di nuovo sopra l'armadio, vedo spuntare dalle sue fauci un lembo di tessuto azzurro. Lo tiro per vedere a quale abito appartenga e mi ritrovo tra le mani il vestitino che avevo regalato ad Anna per il suo compleanno. È di una bella tonalità di azzurro: del colore del cielo quando il temporale si sta avvicinando, a metà tra il turchese e il grigio. Dello stesso colore degli occhi di mia sorella. Quando l'avevo visto esposto in vetrina avevo capito subito che sarebbe stato perfetto per lei e così era stato. Lo adorava. Non appena aveva scartato il pacchetto era corsa in camera ad indossarlo. Quella era stata l'unica volta che l'aveva messo perché poi non ne aveva più avuto occasione e dopo pochi giorni c'era stato l'incidente.

«Ti va di provare anche questo?»

«Va bene, ma ti avviso che non è il mio genere.»

Torno alla mia postazione vicino allo stipite.

Harley sta lavorando sulla sua tela e ogni tanto sposta lo sguardo verso Amy, seduta ferma davanti alla finestra, in posa. La luce brilla sul suo viso e accende i suoi capelli di fuoco, gli occhi luccicano. Il quadro si sta riempiendo di toni rossi e aranciati, che virano fino ad un giallo dorato, gli stessi colori che usava per dipingere le carpe koi. È bellissima ed Elder è rimasto incantato a guardarla.

"Bella, eh?" sono le parole che gli rivolge Harvey.

«Ed.»

Sollevo lo sguardo dal libro e rimango incantato. L'abito le calza a pennello: il corpetto blu scuro le fascia perfettamente il busto, le spalline sottili le lasciano le spalle scoperte e la gonna le fluttua intorno alle gambe mentre si gira per farla ruotare. "Bella, eh?" sento dire una vocina nella mia testa.

«Come mi sta?» chiede Sofia come se non vedesse già da sé che è meravigliosa.

Mi schiarisco la voce. «Sei bellissima... bellissima.»

Smette di girare. I suoi occhi si allacciano ai miei. Mi alzo, poso il libro sul comodino e mi avvicino a lei, il tutto senza lasciare il suo sguardo neanche per un secondo. Quando sono talmente vicino da sentire il suo respiro sulla mia pelle, le scosto una ciocca di capelli dorati da davanti al viso.

Proprio in quel momento qualcuno bussa alla porta di ingresso.

Mi allontano per andare ad aprire, maledicendo quella spiacevole interruzione.

Zorro mi appare davanti come la più sgradevole apparizione. Mi faccio da parte per farlo entrare, ma intanto, dentro di me, mi domando: "Cosa sarebbe accaduto se non fosse arrivato Zorro proprio in quel momento?"

Fuori da queste pagineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora