6 ~ SOFIA

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Ed è così che mi ritrovo lì dove questa mattina è iniziata, in questo salotto che non immaginavo di rivedere tanto presto. Ed e io siamo seduti sul divano una a fianco all'altro con una tazza di tè caldo in mano. La mia prima tazza di tè. Vi avvolgo le dita intorno in cerca di un po' di calore: benché la serata non sia particolarmente fredda io mi sento le ossa gelare e tremare come se fosse pieno inverno. Preferirei che le circostanze fossero altre per questa mia prima esperienza, ma, dato che nella vita si devono prendere le cose come vengono, bevo il mio primo sorso di tè con il terrore che ancora mi attanaglia il cuore. Mi scivola caldo e rigenerante giù per la gola e basta a convincere il sangue, congelato nelle vene, a ritornare a scorrere.

Quando alzo lo sguardo noto che Ed mi sta guardando anziché bere dalla sua tazza. I suoi occhi incontrano i miei come questa mattina, azzurri come due bottoni di cielo, solo che questa volta li riabbassa subito.

Dato che lui è stato tanto gentile da ospitarmi di nuovo a casa sua senza esitazione, gli devo almeno delle spiegazioni. Anche perché sembra che il destino voglia che stiamo insieme ancora per un po'. Il problema è da dove cominciare.

«Ed, sei tanto gentile con me, anche se non ne conosco il motivo, e vorrei spiegarti tutto, solo che ho paura che rimarrai deluso perché non sono quella che pensavi.»

«Non c'è bisogno di dirmi niente se non ritieni che io lo debba sapere.»

«No, io voglio spiegarti tutto, davvero.» Lo voglio sul serio, non avere segreti, se solo non fossi terrorizzata dall'idea di perderlo. «Solo che o accetterai quello che ho da dirti rimanendo traumatizzato o mi farai rinchiudere in un ospedale psichiatrico perché penserai che sono completamente pazza.»

«Sciocchezze, non credo tu possa avere un segreto così inconfessabile.»

"Io non ne sarei tanto sicura al posto tuo".

«Cosa ti ha spinto ad ospitarmi a casa tua, una sconosciuta tra le tue mura domestiche?»

«Be', ecco, mi sembrava che non fossi pericolosa e che avessi bisogno di una mano così ho agito d'impulso.» Comincia a guardarsi i piedi in imbarazzo.

Ormai sono decisa a raccontargli tutto perché non ce la faccio a far finta di essere quello che non sono. Prima o poi lo scoprirebbe comunque, giusto? Probabilmente sto per fare la cosa più sbagliata che possa fare e me ne pentirò subito dopo aver finito di parlare. Ma non c'è nessuno a consigliarmi, a dirmi se la mia sia una mossa sensata, così proseguo per la mia strada, ancora titubante.

«Prometti di non dare in escandescenze?» gli chiedo guardandolo un po' preoccupata e dubbiosa.

«Prometto.»

Probabilmente non se ne rende neanche conto ma alza un sopracciglio chiedendosi cosa mai potrei nascondergli. Mi guardo intorno in cerca di qualche suggerimento per iniziare e vedo che mi sono poggiata sul tavolino, così mi viene un'idea. Prendo una pagina a caso e con essa mi faccio un taglio su un dito. Brucia più di quanto mi aspettassi e dalla ferita esce una sostanza nera e fluida. Non oso guardare Ed apertamente, perciò sbircio di sottecchi per vedere la sua reazione.

Pare sorpreso, come se non credesse a ciò che vede. Mi prende la mano e, dopo averla osservata intensamente con espressione corrucciata, solleva lo sguardo dal mio dito per guardarmi negli occhi, come per cercare una spiegazione per quel fatto che gli appare impossibile.

«Cosa... hai una malattia del sangue?»

Sorrido della sua inconsapevolezza. Mi batte forte il cuore, non ho mai dovuto o voluto raccontare a nessuno il nostro segreto fino ad ora. In effetti in questo modo non sto esponendo solo me al rischio, ma l'intera comunità. Prego che reagisca bene a questa informazione che sto per scaricargli addosso. Come previsto sto già iniziando a dubitare di aver preso una saggia decisione.

Fuori da queste pagineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora