49 ~ ED

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Mi rialzo faticosamente: oggi Zorro è davvero infuriato con me, forse per come mi sono rivolto a lui ieri sera, non mi dà un attimo di tregua. Non che abbia cominciato a dare i numeri urlandomi contro, non è da lui andare al di sopra delle righe, ma è molto più spietato nei miei confronti durante l'allenamento. Non può di certo rovinare l'immagine che gli altri hanno di lui sbraitando senza ritegno, così se la prende con me in silenzio, a suon di randellate. Alla fine non se ne è andato come aveva minacciato di fare la scorsa notte: la mattina l'abbiamo trovato fuori, già pronto a sfiancarci con un allenamento durissimo, senza quasi lasciarci il tempo di fare colazione. Stamattina non si dimostra gentile nemmeno con Sofia, come se stesse punendo anche lei per qualcosa. Oggi anche per lei esercizi su esercizi senza un attimo di respiro, basta con il trattamento privilegiato e delicato per darle la possibilità di riprendersi. È davvero perfido e velenoso.

«In piedi, Quattrocchi! Abbiamo appena incominciato.»

La scusa è che, siccome sono l'attuale proprietario di Magistra, dovrò imparare più che bene a destreggiarmi con la spada, anche meglio degli altri, perciò esercizio doppio per me. In realtà è tutta una farsa per potermele dare di santa ragione senza che Sofia si possa lamentare dato che in apparenza è solo per il mio bene, per insegnarmi a difendermi.

È davvero furioso per le mie parole e per la scenetta a cui si è trovato di fronte ieri sera, senza volerlo. Come se fosse colpa mia! Io sono semplicemente svenuto, per ovvie ragioni, e quando mi sono svegliato lei mi ha abbracciato di sua spontanea, e lo sottolineo, spontanea, volontà. Che poi mi ha fatto molto piacere e che sarei rimasto volentieri tra le sue braccia per sempre non c'entra, e in ogni modo Zorro non può saperlo, a meno che non è diventato anche capace di leggere nel pensiero. Ora mi devo concentrare, non devo lasciarmi distrarre da niente se non voglio prenderle e ritrovarmi la sera con qualche osso incrinato. Rinsaldo la presa sul bastone che deve emulare una spada, pronto a ricevere il prossimo colpo.

«Non sarai già stanco? Ti vuoi per caso arrendere?»

«Figurati, non capisco cosa stai aspettando se hai ancora così tanto fiato da sprecare» rispondo con un coraggio che fingo di possedere. La verità è che me la sto facendo sotto, perché se volesse potrebbe eliminarmi in meno di un minuto considerata la sua preparazione da samurai. Non ci sarebbero nemmeno testimoni, dato che ha mandato tutti gli altri a correre nel frattempo che ci alleniamo nel combattimento.

Fulmineo riprende a menare fendenti come un indemoniato e io faccio del mio meglio per difendermi. Cado ancora molte volte e diventa sempre più difficile trovare la forza di rialzarsi, ma tutte le volte lo faccio perché non gli darò mai la soddisfazione di aver vinto. Quando vengo atterrato nuovamente per un colpo alle ginocchia però rimango sdraiato dove mi trovo per qualche secondo per riprendere fiato e perché ormai sembra che i muscoli non vogliano darmi retta. Non ce la faccio veramente più, sono sfinito.

«Be'? Hai finito così?» mi canzona.

Me lo sento, sta sorridendo, e la cosa mi irrita non poco, perciò mi rimetto in piedi con estrema fatica, anche se vorrei tanto andare in letargo per i prossimi sei mesi. Mi guarda con aria di sfida e sferra l'ennesimo attacco. Non mi capacito di come sia possibile, ma all'improvviso comincio a combattere benissimo, mettendolo in serie difficoltà. Forse è il desiderio di togliergli dalla faccia quel sorrisetto di superiorità, forse è perché voglio che finisca presto questo estenuante allenamento, che finirà solo quando uno dei due non sarà più il grado di rimettersi in piedi. Tuttavia mi ritrovo di nuovo al suolo, senza più energie e con una fitta al costato che mi rende il respiro affannoso. Nel mio campo visivo appare il suo volto come quello di un avvoltoio pronto a calare sulla carcassa. Anche lui ha il fiato corto e... mi porge una mano.

Devo avere le allucinazioni, non può essere vero. L'afferro incerto, temendo che sia uno scherzo, che voglia soltanto farmi una super presa ninja per distruggermi definitivamente, ma sento la forza racchiusa nel suo braccio che mi tira su. Quando sono di fronte a lui, per la prima volta in assoluto, fa una specie di sorriso che non è di scherno.

«Sei pronto» dice in un soffio.

Faccio per allontanarmi ma lui ancora non molla la presa sulla mia mano. Lo guardo negli occhi: non riesco a capire cosa stia succedendo, perciò rimango imbambolato a fissarlo.

«Grazie.»

«Che?» Devo aver sentito male, che sta succedendo?

«Grazie per aver salvato Sofia.»

Vedo quanto sforzo gli costi dire quelle parole, ma per la prima volta sento che è sincero. Mi sta davvero ringraziando e nella sua voce, nei suoi occhi, percepisco che ha avuto una paura matta di perderla e che non riesce a perdonarsi per aver quasi fallito, per aver quasi permesso che morisse.

«Non potevo permettere che le capitasse qualcosa.»

«Be', grazie lo stesso, ma sappi che non ti sopporto e che non lo ripeterò mai più, Quattrocchi. La battaglia si avvicina e pur di non vederla soffrire sarò pronto a pararti il culo, però tu vedi di non morire quando andremo a spaccare la faccia a quelli della Corte.»

Finalmente mi lascia andare in modo repentino e mi volta le spalle, poi si incammina verso non so dove. Questa è di certo la cosa più umana che gli abbia mai visto fare nei miei confronti. Deve amarla davvero tanto per dire una cosa del genere.

Presto sapremo l'esito di questa guerra e prego con tutto il cuore di poter vedere con i miei occhi cosa accadrà dopo. Incrocio le dita.

Fuori da queste pagineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora