8 ~ SOFIA

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Non appena lo vedo entrare dalla porta mi getto tra le sue braccia. Sono contentissima che Zac sia venuto a cercarmi, mi mancava la sua presenza rassicurante. È più un fratello per me che un amico. Ad Hunter non era mai piaciuto tanto, ma, siccome io tenevo molto a lui, aveva cercato di farselo andare bene. Per i suoi gusti era troppo sfacciato e arrogante, ma per me è solo un grande orso buono. Lo abbraccio al colmo della gioia. Posso sentire il suo cuore battere calmo contro il mio orecchio, posato sul suo petto ampio e forte. Sono ancora rintanata tra le sue braccia muscolose quando comincia a parlare in un soffio: «Stai bene, Scricciolo? Ero così preoccupato per te, sei sparita all'improvviso, da un giorno all'altro, senza dire niente.»

Mi distacco un po' da lui e alzo la testa per guardarlo negli occhi. Sono grigi, guizzanti, quasi ci fosse dell'argento fuso intrappolato nelle sue iridi e per me vogliono dire "casa".

«Sono stata meglio, ma potrei anche stare peggio, quindi non mi lamento. E non mi chiamare Scricciolo! Guarda che ho ben ventidue anni!»

Gli tiro un pugno scherzoso sulle costole, ma sono troppo felice di vederlo e non riesco a mettere il broncio per più di qualche secondo.

«Come siamo permalose, Scricciolo.» Sul suo viso compare quel suo solito sorriso accattivante e si avvolge una mia ciocca di capelli intorno al dito. «L'hanno sempre detto che ogni riccio è un capriccio.»

Sono passati solo due giorni dall'ultima volta che l'ho visto, ma mi sembra che siano molti di più e vedere che non è diverso dal solito mi tranquillizza.

«Sentivi troppo la mia mancanza o sei venuto per dirmi qualcosa?»

«Ovviamente la prima ipotesi, come facevo a sopravvivere senza la mia principessina Frufrù?» mi risponde con tono scherzoso, con il sorriso anche negli occhi.

«Ma smettila! Quante volte te lo devo dire che non sono affatto una principessa?!» dico fingendomi arrabbiata come al solito. «E se mai lo fossi stata, quale impietoso destino mi avrebbe affibbiato il nome Frufrù?»

«Io trovo che sia un nome così carino.»

«Certo, come no. Adesso mi dici il vero motivo.»

Il suo sorriso si spegne come la fiamma di una candela viene estinta da un alito di vento.

«Sono qui per tuo fratello.»

«Ah.» Una fitta al cuore mi costringe a sedermi sul divano e a raggomitolarmi per non rischiare di andare in mille pezzi. «Non l'hai saputo? Mio fratello... Hunter... non è più tra noi.»

Un singhiozzo mi sfugge dalle labbra. Senza che me ne accorgessi, le lacrime hanno cominciato a scendermi copiose sulle guance. Mi sento svuotata di tutte le mie energie. Sono passata dall'estrema gioia al pianto disperato in meno di due secondi e per questo mi sento un po' una squilibrata. Zac si siede vicino a me e con fare protettivo mi passa un braccio intorno alle spalle.

«Su, piccola, non piangere. So che non si può evitare di soffrire, ma devi essere forte perché tuo fratello ha sempre creduto in te e ora ha bisogno del tuo aiuto.»

Lo guardo in volto in cerca di una conferma di quello che ho inteso dalle sue parole: la mandibola squadrata e il naso un po' gobboso gli danno un'aria da duro, ma io vi scorgo anche la tenerezza e l'affetto che prova per me addolcirgli i lineamenti. Il cuore mi si ferma di un battito, incredulo e speranzoso: mi sono sbagliata e Hunter è ancora vivo?

«Prima che... accadesse quel che è accaduto, tuo fratello mi ha pregato di riferirti un messaggio: "Entra nel cuore di quando eravamo bambini".»

La mia speranza si sgonfia come un palloncino a cui non è stato fatto il nodo per chiuderlo, lasciando riversare fuori tutta l'aria che contiene. Che sciocca sono stata ad aver sperato che il mio amato fratello possa ancora abbracciarmi o parlarmi con la sua voce calda e profonda. Cerco di concentrarmi su quanto Zac mi ha appena detto: "Entra nel cuore di quando eravamo bambini".

«Ti ha detto altro?»

«No, solo questo.»

«Ho bisogno di tempo per pensarci. Nel frattempo aggiornami sulle ultime novità della biblioteca.»

«Si percepisce dall'aria tesa che sta per succedere qualcosa di importante, anche se non tutti sembrano accorgersene. Samu non ha ancora imparato a stare al suo posto e l'altro giorno ha rischiato di rompere il braccio a Katrin. Per fortuna alla fine non è successo nulla, sennò sai che putiferio si sarebbe alzato. Poi Maria ha visto...»

Il suono roco della sua voce mi culla e io mi perdo tra le sue parole. Ho finalmente modo di guardarlo meglio: ha preso un nuovo vestito, forse l'altro non avrebbe retto una toppa di più, e nero com'è sembra un corvo. Indossa un paio di jeans scuri, una maglia grigia e un gilet di pelle morbida, sul quale la luce rimane intrappolata in strisce nette e bianchissime come il sentiero tracciato da un lampo nel cielo nero. Tutto gli sta molto bene, sembra fatto apposta per lui, su misura.

Mi sventola una mano davanti agli occhi per risvegliarmi dalla mia trance.

«Ci sei, Scricciolo?»

«Sì, ci sono. Stavo osservando il tuo nuovo abito.»

«Bello, eh?» L'angolo destro della bocca si incurva verso l'alto a creare il suo affascinante sorriso storto.

«Un po' lugubre forse con quel mantello, però molto carino.»

Scoppia in una risata e rovescia la testa indietro. Mi accorgo solo allora che il suo braccio è ancora appoggiato alle mie spalle perché tutto il suo corpo è scosso dalle risa.

«Perché ridi?! Smettila!»

Dopo che ha finito, lo guardo incrociando le braccia al petto: «Adesso mi puoi dire che cosa ci trovi di tanto divertente?»

«Solo la tua faccia, Scricciolo, non esiste nient'altro di più divertente.»

Si alza e si toglie il mantello, poggia la spada al muro alle sue spalle, poi torna a sedersi e scalcia via gli stivali appoggiando i piedi sul basso tavolino dove mi ero sistemata per la notte.

«Allora, adesso tocca a te raccontarmi dove hai trovato un impedito del genere. Al mercato delle pulci?»

«Non è così male: è gentile anche se un po' impacciato, è buono, educato, altruista, generoso...»

«Sei sicura che abbiamo incontrato la stessa persona?»

«Dai, non essere così crudele con lui, in fondo non mi doveva niente, ma mi ha accolto lo stesso.»

«Che animo caritatevole» dice con voce carica di ironia.

«Be', sì, non sono di certo in molti quelli che sarebbero stati disposti a fare un gesto del genere, è stato estremamente gentile e...»

«E ti piace.»

L'ha detto serio con un bagliore negli occhi, come un guizzo di tristezza, e una smorfia di disgusto.

Sento la faccia scaldarsi e diventare rossa. «Non è vero, è solo che gli sono riconoscente per l'aiuto che mi ha offerto quando ne avevo bisogno. Tutto qua.»

«Capisco.»

Cade il silenzio.

"Non è vero, non mi piace, gli sono solo grata, nient'altro" ma non riesco a convincermi del tutto. Proprio questa notte l'ho sognato: lui era lontano in mezzo a un vuoto nero e denso e mi sorrideva, io cercavo di raggiungerlo, ma più correvo più lui si allontanava. Muoveva le labbra, come se mi stesse parlando, però la sua voce non è mai giunta alle mie orecchie e poi il buio lo ha inghiottito.

Dopodiché mi sono svegliata al bussare alla porta.

«Scusami, non so cosa mi sia preso. Lo so che non ti innamoreresti mai di un uomo che conosci appena solo perché si è dimostrato molto gentile con te.»

«Infatti.»

«Be', spero che sia abbastanza gentile da accogliermi nonostante non sia una fanciulla debole e indifesa.» Sulle sue labbra torna il suo solito sorriso storto.

«Ehi, guarda che non sono messa così male!»

Faccio un sorriso tirato perché mi è rimasto un peso sul petto che non riesco a mandare via.

Fuori da queste pagineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora