Non capisco perché si dice "non mi sento bene" quando si sta male. Io sto malissimo, non soltanto male, eppure mi sento bene, anche fin troppo: sento ogni singolo muscolo dolorante, ogni tendine, persino ogni osso, talmente bene da darmi la sensazione di avere il dolore direttamente nel cervello. Mi dolgono parti che non sapevo nemmeno di possedere fino a ieri. Penso che sia la prima volta che mi rendo veramente conto anche dei confini estremi del mio corpo.
Per scendere le scale, Zac mi deve portare in braccio perché le mie membra non vogliono saperne di rispondere ai miei comandi, si rifiutano di compiere il benché minimo movimento e quei piccoli gesti che mi permettono di fare sono una fonte di fitte così lancinanti che non ho la forza di volontà necessaria per obbligarle a dover addirittura camminare. Mettersi a sedere mi ha causato conati di vomito e giramenti di testa, stare in piedi è impensabile nelle mie condizioni. È già un miracolo che sia viva tanto me la sono vista brutta. Perciò mi aggrappo come meglio posso alla maglia del mio amico e mi lascio trasportare come una neonata, rinfrancata dal tepore del suo corpo che mi fa da balsamo lenitivo.
Gemo. Nello scendere in piazza Zac mi ha involontariamente fatto fare un piccolo sobbalzo e, nonostante sia come una stilettata per me, avrei voluto non farmi sfuggire neppure un lamento per ripagarlo della sua gentilezza, del suo amore, ma non sono stata capace di trattenermi.
«Ti ho fatto male, Scricciolo? Scusa, sto cercando di fare più piano possibile» mi dice con sguardo preoccupato, come se avesse appena commesso un errore imperdonabile.
«Non ti preoccupare per me, me la cavo.»
«Mi hai fatto prendere proprio un bello spavento, lo sai?»
«Mi dispiace, non era mia intenzione. Credevo che sarei riuscita a prendere la spada, non avevo immaginato che ci avessero già pensato loro.» Gli occhi mi si riempiono di lacrime per la sofferenza ma anche per l'umiliazione della sconfitta, della mia stupidità. Lui sarebbe di sicuro stato in grado di fare di meglio.
«Sei impazzita? Mi stai chiedendo perdono perché mi sono spaventato vedendoti quasi polverizzata dalla spada?» Un angolo della bocca gli si curva verso l'alto.
«Credo di sì.»
«Non dire sciocchezze. La pensavamo tutti come te, come potevamo sapere?»
«Non lo so, mi sembra di fare sempre la cosa sbagliata.»
«Scricciolo, non hai nessuna colpa. Mi spiace solo di non averti protetto meglio. Se fossi stato più capace ora non saresti in queste condizioni» dice stringendo i denti, arrabbiato con sé stesso.
«Cosa? Non so cosa sia successo dopo che sono stata sbalzata via, ma credo che, se sono ancora qui, lo devo solo a te. Come sempre. Finirò mai di ringraziarti?»
«Shhhh, non dire niente. Adesso pensa a riposarti.»
Per arrivare al nostro nuovo nascondiglio abbiamo bisogno di almeno due auto, così ci dividiamo in due gruppi: io, Zac e Ed su quella di quest'ultimo e gli altri su quella di Lex, perché prima, dopo una breve discussione, i due amici si sono trovati d'accordo nel dire che Michi alla guida è un pericolo ambulante e che è meglio tenerla lontana dal volante. Lei non è per niente d'accordo con loro, soprattutto perché Lex ha preso una storta e gli fa male una caviglia. I due però ritengono che sia comunque meglio un ferito alla guida che Michi illesa. Inutile dire che non l'ha presa bene.
Ed si mette al volante e io e Zac nei sedili dietro in modo che possa semi-sdraiarmi poggiando la testa sulle sue gambe, per farmi stare un po' più comoda. In realtà penso che nessuna posizione andrebbe bene perché non esiste un punto che non mi faccia male, però apprezzo lo sforzo. Il viaggio é lungo e silenzioso, il tempo scandito dalle carezze di Zac sui miei capelli, non so se per tranquillizzare me oppure se stesso. Lo trovo un gesto molto intimo e penso che dovrei sentirmi in imbarazzo, invece lo trovo consolante. Se non ci fossero tutte quelle buche nell'asfalto a far sobbalzare continuamente l'auto, penso che mi potrei addormentare.
Né Zac né Ed dicono praticamente nulla, ma per lo meno non si insultano. Ognuno di loro è totalmente immerso nei propri pensieri e le uniche parole che si rivolgono riguardano le indicazioni stradali, che solo Zac sa.
Poi, finalmente, la tortura sballottante finisce. Siamo arrivati.
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Fuori da queste pagine
FantasyEd è un giovane come tanti, che divide il suo tempo tra il lavoro in libreria, gli amici e la famiglia. Ci sono giorni però in cui non riesce a darsi pace: non può accettare la recente morte dell'amata sorella, di cui si sente responsabile. Una sera...