2 ~ SOFIA

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Non riesco a capire quali siano le sue intenzioni, magari vuole strangolarmi a mani nude. Come posso saperlo? Mi sento la testa vuota, incapace di pensare a qualcosa di sensato, e il cuore pesante, che mi scuote dentro a ogni battito. Sulle spalle sento la responsabilità di essere per la prima volta veramente sola e lo sguardo di quello sconosciuto mi mette agitazione. Cosa può volere da me? Sono stremata. È tutto il giorno che vago senza meta e non ho la più pallida idea di cosa potrò fare, dove potrò andare. La notte è la cosa che più mi mette paura e ormai è vicina. Quasi mi aspetto di veder comparire Katrin all'improvviso con la sua ascia da boia in mano e al solo pensiero della sua apparizione un brivido mi attraversa facendomi accapponare la pelle.

Non sto affatto bene, anche se è quello che ho detto a quel giovane, e non credo che potrò sentirmi così tanto presto, ma lui cosa potrà mai fare per aiutarmi? E soprattutto perché mai dovrebbe volerlo fare? Tuttavia devo avere un aspetto stravolto ed essere una terribile bugiarda perché non mi ha creduto. In effetti, guardandomi meglio, sembro reduce di una feroce aggressione, pare che abbia appena incontrato un maniaco furioso che, balzandomi addosso, mi ha strappato tutti i vestiti. Non può certo immaginare che in realtà sono i segni delle forbiciate che James mi ha inflitto di sorpresa poco prima di essere inseguita da niente di meno che la figlia del re della Corte, pronta a farmi a fette.

Mi sento persa, ma vorrei sembrare forte e coraggiosa. Tuttavia temo che l'unica impressione che gli ho fatto sia quella di essere una pazza appena uscita da un manicomio a giudicare da come mi guarda ogni volta che apro bocca, a meno che la mia faccia non sia diventata tutt'a un tratto blu. Il mio primo giorno nel mondo fuori comincia davvero male. Avrei dovuto essere più previdente e leggermi qualcosa sulle abitudini degli uomini, ma chi si sarebbe mai immaginato di trovarsi nella mia condizione? Mi viene voglia di piangere, ma mi trattengo per non apparire ancora più patetica di quanto già non sembri. Desidero ardentemente che Hunter sia qui a dirmi cosa fare, cosa dire, ma questo non è possibile, non più perlomeno.

La paura mi spinge a ritenere che seguirlo a casa sua forse sia il male minore, in fondo quel tipo mi sembra abbastanza affidabile e confido che la mia sia una giusta intuizione, nonostante non sia così brava a giudicare le persone, dato che l'unico contatto che ho con loro è quando i pochi affezionati alla biblioteca mi tirano fuori dallo scaffale per rileggermi. Una volta mi era capitata una ragazza talmente maldestra da riuscire a farmi venire dieci lividi in una settimana per tutte le botte prese. Comunque non sono una dei preferiti, ma forse è meglio così dopo aver visto quante toppe ha dovuto cucire il mio amico Zac affinché i suoi abiti non sembrino degli scolapasta.

Osservo meglio l'aspetto del ragazzo che cammina davanti a me: non è particolarmente alto, magro, con i capelli castani spettinati e degli occhiali tondi dalla montatura rossa, che continua a tirare su con l'indice della mano sinistra. Indossa una maglietta verde acceso, un colore molto allegro, portata fuori dai pantaloni beige, dal cui orlo spuntano dei calzini a strisce gialle, arancio e blu. Ha una camminata divertente, con i piedi un po' all'infuori come una papera, e che nel complesso lo fa sembrare scombinato e stravagante, ma di certo non minaccioso. Posso fidarmi del mio istinto?

Lo guardo camminare a passo svelto e sicuro per le strade, con quella sua strana andatura, quasi le conosca come le sue tasche. Probabilmente è così, solo che a me pare una capacità formidabile dato che mi sento intrappolata in un grande labirinto, senza riuscire a scorgere la via d'uscita. I suoi capelli catturano i bagliori giallastri dei lampioni in piccole luci simili a pagliuzze dorate.

Io lo seguo cercando di non lasciare troppa distanza tra di noi, un po' camminando e un po' correndo. Non voglio assolutamente perderlo di vista, per poi ritrovarmi di nuovo sola in quelle vie buie e sconosciute. Mi sento un cucciolo che trotterella dietro alla sua mamma e lui, da brava mamma, ogni tanto si gira per vedere se ci sono ancora. A un certo punto rallenta il passo accorgendosi che non riesco a tenergli dietro, tuttavia preferisco stargli alle spalle, in modo da poterlo tenere d'occhio, essendo un estraneo di cui non conosco assolutamente le intenzioni. La mia mente corre come un treno, preoccupata per il mio avvenire, e mi risulta difficile fare attenzione a ciò che mi circonda per memorizzare dei punti di riferimento che mi permetteranno di riconoscere in futuro la strada che stiamo percorrendo.

Fuori da queste pagineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora