XII

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Qualcosa mi colpisce dal lato destro e mi fa perdere la presa sulla spada. Mi sbilancio per la sorpresa cadendo a terra. Un corpo mi piomba addosso pesantemente e mi prende per i polsi, inchiodandomi le braccia al pavimento. Sono schiacciata sotto al suo peso. Apro gli occhi, che ho serrato di impulso prima dell'impatto con il suolo, e davanti a me, a pochi centimetri di distanza dal mio volto, due occhi neri mi guardano addolorati. Li ho guardati così tante volte, mi ci sono specchiata dentro, ma è stato così tanto tempo fa che quasi mi sono dimenticata come fosse facile perdersi al loro interno. Rimaniamo fermi così per un periodo che mi pare lunghissimo, dato che non ho intenzione di opporre nessuna resistenza e lui sembra non volersi muovere, ma rimanere qui a fissarmi. Ormai ho assolto il mio compito, non mi interessa se morirò in questo esatto momento per mano sua o tra un po' sotto il fendente di qualcun altro, forse persino il mio. Poi, quando sono giunta a credere che nessuno di noi due parlerà mai, rompe il silenzio.

«Perché?»

Dice solo questo, una semplice parola, la prima dopo tutti quegli anni di lontananza. Quanto mi manca il suono della sua voce. Ma davvero non capisce?

«Perché?» chiede più forte sbattendomi contro il duro terreno.

Dato che continuo a tacere prende a scuotermi, sperando in una mia reazione, ma io non voglio fare proprio nulla, voglio solo che la faccia finita presto perché sono davvero stanca di sentirmi dire che ho sbagliato. Mio padre è tutta una vita che non fa altro che ripetermelo. Un tempo Greg mi diceva quanto fossi bella, quanto mi amava, ma adesso la musica è cambiata e risuonano solo le accuse anche dalle sue labbra.

«Rispondi!» urla.

I suoi occhi sono colmi di lacrime che cominciano a scorrergli lungo le guance. È ferocemente bello, mi strazia il cuore vedere ciò che ho perduto per sempre, ciò che mi è stato negato, ciò per cui lui non ha affatto combattuto. E allora vengo pervasa da un'amara tristezza, quell'asprezza che da anni mi rimane in bocca quando penso a lui. Non so bene che cosa mi stia chiedendo: perché hai ucciso quelle due mocciose? Perché ci è capitato in sorte questo destino? Perché sei così diversa da come ti ricordavo? Perché sei così crudele?

Gli rispondo con l'unica cosa che vorrei sapere da lui prima di porre fine alla mia miserabile vita, il tarlo che mi ha tormentato da quando non l'ho più visto. Voglio delle spiegazioni, voglio sapere come ha potuto mentirmi e farmi credere di amarmi quando in verità non gli importava niente di me.

«Perché?»

«Come?»

Sembra perplesso, quasi credesse di aver sentito male. Smette di percuotermi selvaggiamente, spiazzato dalle mie parole, sicuramente molto diverse dalla risposta che si aspettava.

«Perché mi hai abbandonata, bastardo?»

Lascio esplodere ancora una volta la mia rabbia repressa. Grido come non mi sono permessa di fare fino ad allora e approfitto del fatto che ha abbassato la guardia per tirargli una ginocchiata nell'inguine. Lascia andare i miei polsi immediatamente. Di nuovo libera rotolo via da sotto il suo corpo per alzarmi e tirargli un calcio nelle costole. Si piega in due per il dolore. Un altro calcio. Fargli del male mi fa sentire in colpa e contemporaneamente mi fa provare una grande soddisfazione. Finalmente pagherà per le sue azioni.

«Alzati! Difenditi! O non ti importa nemmeno della tua vita?!» sbraito senza più contenere la furia che mi è cresciuta dentro negli anni. Si tira in piedi e io mi preparo a colpire.

Tirargli pugni in faccia, in pancia, sulle spalle, mi fa sentire sentire davvero meglio, realizzata. Poi finalmente reagisce e cominciamo a combattere sul serio. In questo momento decido che l'unica regola che mi darò è 'nessuna pietà'. Ci colpiamo a lungo, la mente libera dai pensieri, dandocele di santa ragione, finché non mi dà una spinta più forte delle altre che mi sbilancia indietro.

Fuori da queste pagineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora