67 - Verso gli Ater

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La testa le faceva male, sembrava di avere un martello fisso che sbatteva contro essa. Il corpo indolenzito non migliorava di certo la situazione, così come la confusione. Riuscì ad aprire gli occhi a stento, cosa l'aveva ridotta in quel modo? È peggio dei veleni degli Ater a momenti! pensò mettendosi a sedere a fatica. Quando si stropicciò gli occhi tornando a vedere chiaramente vide intorno a sé, disposte in cerchio, delle pietre mai viste e da esse partivano dei fasci di luce dorata fino alla fine della tenda sopra di lei in cui si trovava.

«Ce ne hai messo di tempo.»

La voce di Eira, annoiata, la obbligò a voltarsi, ritrovandosela davanti a sé con le braccia al seno e uno sguardo glaciale.

«Cosa mi hai fatto?» le ringhiò contro, vedendola alzare le spalle come indifferente.

«Solo addormentata. Le pietre e i cristalli hanno molto potere, se si sa come usarli.»

«Non mi interessa, tirami fuori di qui!»

Eira inarcò un sopracciglio.

«Non ci penso nemmeno.»

«Che cosa vuoi?»

«La verità.»

La chiara le mostrò la spada che aveva tenuto sempre con sé, sopra l'elsa vi era inciso lo stemma di Ater che era stato nascosto tutto il tempo. Calida rimase zitta fissandola con odio, lo stesso fece il capo di Nox fin quando non si stufò.

«Non sono molto paziente, perciò hai due opzioni. O parli di tua spontanea volontà o ci penso io, e non è molto piacevole la cosa ma tanto quella che ci rimette sei tu.»

Nonostante quell'avvertimento, Calida spostò lo sguardo come a non curarsene, obbligando così la chiara a sedersi a terra a gambe incrociate davanti a lei.

«Che vuoi fare? Ferirmi? Tanto dovrebbe riuscirti bene se stermini eserciti in poco. Sempre ammesso che tu sia davvero ci hai detto di essere.» le disse acida la rossa, bloccandosi poi di colpo e portandosi le mani alla testa dopo un improvviso dolore, come della fitte.

«Che stai facendo?» si lamentò a denti stretti, riuscendo a malapena vedere gli occhi di Eira cambiare e diventare dorati. Ma cosa... Come fanno a cambiare?

«Te l'ho detto, se non vuoi parlare vedrò di rimediare io. La Regina ti ha lanciato un incantesimo che non permette di leggerti normalmente come potrei fare con gli altri. Quindi mi basta sforzare questa barriera mentale anche se provoca dolore. O toccarti ma non ne ho la minima voglia»

Se Calida si contorceva dal dolore, Eira se ne stava tranquilla, la testa sorretta dalla mano destra il cui gomito sta poggiato alla gamba, gli occhi fissi sull'altra mentre con l'altra mano giocherellava con la collana, l'alessandrite che si era lievemente illuminata. Accadeva sempre se doveva leggere i ricordi altrui, immagazzinandoli in quella pietra a cui era legata.

«Leggere? Ma di che parli?»

«Ti conviene non sforzarti troppo rossa, se ti agiti e poni resistenza ti farò solo più male.»

«Come se tu non mi volessi morta!»

«Tranquilla che più avanti potremo fare i conti.»

Il dolore aumentava ed Eira vedeva il suo corpo tremare, il suo respiro irregolare, il sudore sulla pelle. Entrare nei ricordi di qualcuno che aveva una barriera come lei era come ferire la propria anima, strappare la propria essenza e violarla. I ricordi più importanti erano qualcosa di personale che era difficile leggere, specialmente i n quelle condizioni. Tre, due, uno...

«Va bene parlo ma smettila!» sbottò Calida arresa ed Eira sorrise appena soddisfatta e compiaciuta.

«Allora ce l'hai un cervello.»

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