-Atto XX-

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"To Men of Good Will."

...

Dicembre 2004,

Quando Hermione e Malfoy fecero ritorno erano appena passate le cinque. Il sole si limitava ad un vago schizzo imbrunito e nascosto dietro spennellate troppo pesanti e grigie, e i fiocchi di neve parevano piume d'oca candide e placide mentre cadevano.

La riccia si girò e mandò un vago sguardo alla figura appena visibile della Simmons prima di vedersela scomparire dietro il portone legnoso. Erano stati molto, ed avevano passato un buon tempo.

I bambini inizialmente mostrarono una lecita diffidenza verso l'inaspettata seconda figura, poi quella diffidenza si trasformò in curiosità, la curiosità in affabilità, e infine in evidente tristezza quando venne l'ora di andare e dovettero salutarsi. Mostrarono proprio loro tutte le camere a Malfoy, Christine e Richard gli presero entrambe le mani e, mentre gli altri gli trotterellavano dietro, se lo portarono a fargli visitare la bella sala adibita all'istruzione, nell'ala ristoro, evitarono l'ambulatorio - posto che evidentemente i bambini non amavano visitare troppe volte - e lo portarono dietro il chiostro.

Con orgoglio e trepidazione indicavano di qua e di là, e Malfoy mostrò adeguata attenzione e cura. Senza uscire mai dalle sue vesti di uomo trattenuto e ombroso, si pose a loro con meno freddezza e impassibilità. Di tanto in tanto tirava quei blandi e piccoli sorrisi, si girava lentamente per prestare ascolto al bimbo che lo chiamava, e dedicava a quelle spiegazioni infantili, con rigida dolcezza, un interesse genuino.

Si trovava con loro, era a suo agio, come se fosse stato nel suo habitat. Hermione non conosceva ancora il suo passato. Non sapeva perché sul suo viso, nei suoi gesti, nelle sue parole e in tutto di lui trasparisse quella costante disillusione e ostilità verso il mondo. Ogni volta che lo guardava pareva appassire; eppure, in quei momenti, in quella cruda realtà, spiccò come un peccatore assolto e riscattato.

Quando incontrava quegli occhioni puri ed emozionati, speranzosi e pieni di luce nonostante il destino avverso, nei suoi occhi riprendeva vita qualcosa. E allora le sue iridi non erano più un cielo nebuloso, ma diamanti grezzi. Il suo viso non si contraeva di quella frustrazione radicata, ma solo per mirare limitati ma sinceri sorrisi, e i suoi nervi non erano più tesi e in allerta, ma rilassati.

Qualcosa in lui sbocciava, ed era bellissimo solo da guardare.

"Quell'uomo è speciale, Mione" le aveva detto Charlotte, mentre seguivano a passo più lento gli altri nel corridoio. Il fiore non era più nelle sue mani a quel punto.

"Sì, è diverso" aveva constatato Hermione mentre le spingeva la sedia.

L'aveva vista poi girarsi, e storcere il naso. "No. È speciale" aveva precisato. "Ha bisogno di qualcuno che lo capisca."

Poi si era girata nuovamente e aveva sospirato: "Ha bisogno di te, Mione." Hermione a quell'affermazione avrebbe riso internamente, ma la bambina si era voltata di nuovo verso di lei e il suo scherno si bloccò subito quando, con tono serio, aggiunse: "E tu di lui."

Lei si era semplicemente ammutolita. Forse perché non sapeva come rispondere a tanta serietà e sicurezza. O forse perché, in cuor suo, non sapeva rispondere a tanta verità.

Alla fine quelle parole le rimasero comunque, più che nella mente nel cuore. Malfoy le infondeva un'insieme di sensazioni che non aveva mai provato. Le spogliava l'anima, sapeva metterla in soggezione con un solo passo in più, l'accendeva della fiamma ardente della rabbia, e poi gliela spegneva con la comprensione che era acqua fresca per quel fuoco.

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