-Atto XXVII-

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"Innuendo"

...

Gennaio 2005,

Una boccetta luccicante se ne stava tra le dita di Hermione, e rifletteva i placidi raggi della luna che ormai permeava sovrana oltre la finestra di quella stanza.

Gli occhi nocciola della strega non accennavano a muoversi dal liquido paglierino che giaceva all'interno, lo continuava a guardare, come se non riusciva a fare altro.

Era da un po' che si trovava nella camera da letto di Dorcas assieme ad Andromeda; il susseguirsi degli eventi, dal suo rientro con Draco, sino a quel momento, l'avevano scombussolata.

Era avvenuto tutto così fulmineamente, come le scie dei paesaggi che svettano oltre le finestrelle di un tram a tutta velocità, che non aveva avuto neanche il tempo di digerire la situazione. La sua mente era in stasi, incapace di elaborare.

Serrò la fiala tra le dita, e si costrinse a seguire il percorso lentamente, lasciò al suo cervello di fabbricare, e di ricostruire il tutto per tornare alla deriva.

Tutto, appunto, era iniziato dal loro rientro. Dorcas e Andromeda li avevano aspettati nel salotto, tutte ritte e soddisfatte, con l'adrenalina che pompava nei loro petti.

Era stato subito chiaro ad entrambi che avessero architettato in loro assenza un'idea, un'idea impossibile, un pazzo e imprecisato piano che solo un medesimo matto avrebbe potuto assecondare.

Raggiungere Palazzo Shacklebolt, e incontrare il Ministro di persona.

In realtà l'iniziativa parve indefinita anche per le altre due, che avevano saputo dare solo brevi e poco specifiche spiegazioni. Parvero più che altro impazienti, come chi per una vita se ne sta chiuso in casa, e, di punto in bianco, stanco di quella stessa reclusione, decide di farsi il giro del mondo in un solo giorno.

Niente era stato studiato, non s'erano messi a tavolino per spianarsi una strada retta, sicura, tutto lasciato al caso, al solo grande desiderio di rivincita. L'unica cosa che parve sicura era stata cambiare i connotati dei due, più vicini a quell'istituzione, e quindi più facilmente riconoscibili, il resto non venne approfondito.

Ma quel tipo di cose non funzionavano così, Hermione lo sapeva bene. Con quel tipo di cose bisognava andarci con i piedi di piombo, bisognava agire d'astuzia, intelligenza. Avevano bisogno del loro tempo per finalizzarsi, non vi dovevano essere imperfezioni o passi falsi.

Di certo non potevano basarsi sulla sola rabbia e agitazione date dalle parole di Draco, che erano ancora fresche, e che compromettevano solo di più quel piano già instabile.

Tutto sarebbe crollato ancor prima di provarci.

Ma non si era avuto il tempo neanche di emettere un singolo suono, provare a farle rinsavire.

Andromeda, che era divenuta una furia ardente, l'aveva presa per le spalle, e, con un accenno da parte di Dorcas di appartarsi al piano di sopra, l'aveva trascinata su per le scale con un'energia quasi feroce.

Quell'ultima, che aveva chiaramente riscontrato un'innaturale rigetto nei suoi confronti, aveva scelto di rimanere in salotto, e occuparsi di Draco assieme a Teddy.

Quando rimase da sola con Andromeda, e svoltò assieme a lei i vari angoli della casa, provò più volte a chiamarla, a chiederle di fermarsi, ma la sua voce pareva un sussurro appena udibile contro l'irrequietezza dell'altra.

Andromeda pareva spiritata, catturata in una sorta di trance fatta di rancore e stordimento, che si trasformò in paletti sui suoi occhi, e tappi nelle sue orecchie.

Revelio | DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora